211 PARTIGIANI SICILIANI CADUTI NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Ecco i partigiani di Sicilia
Una studiosa ha censito i protagonisti isolani della Resistenza. L´elenco dei nomi e il racconto di drammi ed
eroismi online su La Repubblica Palermo.it (25 aprile 2008)
di Carmela Zangara
«Mio padre - ci
dice il figlio
Giuseppe - voleva
rimanere fedele
al giuramento
fatto al re. Il re
era rappresentato
da Badoglio
che aveva emanato
il proclama
di resa.
Perciò "sbandò".
Quale che sia la
motivazione,
2600 sono i
partigiani siciliani
riconosciuti dall´
Istoreto, Istituto di Storia della Resistenza di
Torino, senza contare coloro che prestarono
servizio nelle province di Novara, Vercelli e
Biella, le cui formazioni dipendevano direttamente
dal Comando di Milano e circa 70
caduti nelle altre regioni. Sono stati 211 i
caduti che io ho censito, la lista è pubblicata
sul sito Ismli, rete di Istituti di Storia del
Movimento di Liberazione in Italia "Ferruccio
Parri", da parte dell´Issico, Istituto di storia
contemporanea Università di Catania, di cui è
presidente Rosario Mangiameli.
Duecentoundici uomini che diedero la vita
per questo nostro presente, uomini le cui
storie private non erano ancora in massima
parte storia di tutti. Perché il silenzio caduto
sulla loro morte è lo stesso silenzio che pesa
ancora su questa pagina di storia. Una storia
che si muove tutta sul crinale del passaggio
dallo sbandamento alla libera adesione alla
Resistenza, che va dalle tante storie di imboscamento
alla cattura, dal rastrellamento alla
fucilazione.
Qualcuno riesce a farla franca. «Mi ospitava
una famiglia del luogo - ci racconta il licatese
Amoroso - in cambio aiutavo nel lavoro dei
campi. Un giorno vennero i tedeschi. Io
dormivo nel fienile, sulla paglia. Per fortuna
fui avvisato e mi nascosi dentro una trave di
legno che faceva da pilastro, vuota all´
interno. Ebbene arrivarono e misero sottosopra la cascina. Mi passarono accanto,
avrebbero potuto sentire il mio respiro se
soltanto avessi respirato». Altri subiscono
violenza: «Calogero era stato trucidato -
continua - lo avevano legato e torturato,
cavandogli gli occhi e strappandogli le unghie
da vivo... le sevizie erano state tante che,
mentre lo torturavano, passò da lì un ufficiale
tedesco il quale si impressionò talmente da
dare l´ordine di smettere. Gli spararono per
porre fine alla inumana tortura».
Nel giugno del 1944 a Fondotoce (Verbania)
43 prigionieri, tra cui il siciliano Giovanni La
Ciacera, vennero fatti sfilare per le strade del
centro, con un cartello su cui era scritto:
«Sono questi i Liberatori o banditi?», prima di
essere, a tre a tre, avviati alla fucilazione in un
canale. A Mondovì la vigilia di Natale del 1944
tre siciliani furono fucilati, mentre in una casa
di Prea bruciavano vivi due isolani intrappolati
nelle fiamme appiccate all´abitazione. A
Carignano la morte di due siciliani avviene per
impiccagione. «Sono le 10,30. Viene condotto
il primo, il secondo, poi il terzo. Cammina a
passi svelti ed andatura militare. Declina le
sue generalità: Dezardo Liberale fu Giovanbattista
e fu Ventre Nunzia, tenente colonnello,
nato a Catania il 2 novembre 1893,
residente a Sanfrè presso il notaio Milano, via
Nazionale. Prima di morire grida: "Viva
l´Italia". Ed ecco il quinto. L´andatura ed il
viso tradiscono uno stato di eccitazione
nervosa. Declina le sue generalità: "Mancuso
Piero fu Luigi e di Amelia Ciotti, nato a
Palermo il 14 luglio 1920, chimico, residente a
Milano, via Vincenzo Monti 21". Chiede una
sigaretta e i soldati tedeschi gliene mettono
una in bocca e gliela accendono. Tutti gli altri
che avevano tirato fuori il loro pacchetto per
accontentarlo, lo rimettono in tasca. Al
comandante tedesco chiede di avere un
bitter. Il tedesco risponde: "Mi spiace non
avere bitter per potere accontentare."
Quando è sul patibolo grida: " Viva l´Italia"».
Tra i luoghi di intensa lotta c´è Forno
Canavese: alle 17 i diciotto superstiti al fuoco
furono fatti sfilare davanti alla smarrita
popolazione e portati nelle cantine del
palazzo municipale dove furono picchiati etorturati. L´esecuzione avvenne l´indomani
pomeriggio quando gli operai furono fatti
uscire dalle fabbriche per assistere alla
fucilazione dei prigionieri. Le vittime designate
furono incolonnati lungo il cortile della
casa del fascio con la schiena rivolta al
plotone e colpiti alle spalle. A sera i loro corpi
furono caricati su un carro e portati al
cimitero dove furono seppelliti in una fossa
comune su due strati in senso opposto l´uno
sull´altro. Una lapide e un piccolo monumento
ricorda i nomi delle vittime tra cui
Nicolò Marino palermitano, e Mario Toro di
Palagonia.
E c´è il dolore dei sopravvissuti, un dolore che
ha attraversato il tempo ed è giunto a noi con
queste parole: «Avrei voluto che mio marito
tornasse a casa anche con una gamba o un
braccio, invalido o malato ma tornasse - ci
dice con voce strozzata la moglie di Salvatore
Privitera - Mi ha lasciato un figlio di un anno
meno 8 giorni, un figlio che non ha
conosciuto suo padre. Era sepolto nella nuda
terra con una croce sopra e una medaglia su
cui era scritto il nome: Privitera Salvatore. Lo
abbiamo riportato nella sua terra. Adesso
riposa nel cimitero di Reitano. Lui era piccolo
di statura, un metro e sessanta circa. Ed era la
vita mia. Io ero ancora giovane sposa.
Soltanto due anni meno qualche mese siamo
stati insieme. Il tempo di concepire mio figlio.
Adesso mio figlio ha 64 anni». E in un paese
vicino Genova cadde sul campo Raimondo
Saverino, il partigiano "Severino", un simbolo.
Stasera viene commemorato a Licata suo
paese d´origine.
Un capitolo a parte è quello delle donne nella
Resistenza. Ricordiamo la catanese Graziella
Giuffrida. Trovata in possesso di una pistola,
venne arrestata e condotta alla sede di
Comando di Fegino (Genova) dove fu torturata
e violentata, prima di essere uccisa e
buttata in una delle fosse di via Rocca de´
Corvi. In questa località il 28 aprile del 1945
furono ritrovati i corpi di altre vittime. Alcune
furono deferite al Tribunale Speciale:
Alessandra Marrale, Giuseppina Cosolito di
Caltagirone, Amalia Gregorio nata a Santa
Teresa Riva, Emilia Ermellino di Messina.
Storie ripescate e storie ancora rimaste
intrappolate dentro una fossa comune, in
qualche registro di Stato civile, nei racconti di
sopravvissuti, storie difficili perché la
Resistenza fu una pagina complessa e non
riconducibile ad un unico piano di lettura.
Molte le anime, tante le ombre che ancora
l´avvolgono, moltissime le reticenze che la
inquinano, spesso connotata come storia di
parte. Ma tale non fu, perché fu soprattutto
guerra per qualcosa che si chiama libertà. Furono Cuneo e Torino le province con il
maggior numero di vittime siciliane, cento
partigiani siciliani caduti in ciascuna delle due
province. Cinque i siciliani fucilati alle fosse
Ardeatine. E poi c´erano i partigiani convinti,
quelli che aderirono da subito alla Resistenza,
quelli di spicco. Ricordiamo Pablo, nome in
codice di Crollallanza, Aliotta che diede il
nome a una divisione, Lupo Di Fina anche lui
sacrificato e a lui intitolata la Diffida.
Più di quaranta i partigiani che ebbero riconoscimento
per il loro valore: 10 le medaglie
d´oro al valore militare, 20 le medaglie
d´argento, dieci le medaglie di bronzo, due le
croci di guerra. Rilevante il sacrificio delle
famiglia di Emma Di Dio che immolò due figli
alla Resistenza: Antonio ed Alfredo, entrambi
nati a Palermo il cui padre funzionario della
questura si era trasferito a Cremona dove i
due giovani studiavano. Entrambi decorati
con medaglie d´oro e d´argento e considerati
cremonesi di adozione.
Non serve stigmatizzare la violenza, né
rinfocolare la faziosità, non è questo lo spirito
della ricerca da me condotta. A noi che non
vivemmo quei giorni la memoria serve per
non dimenticare il costo della libertà, il
sacrificio di chi rispose al suo richiamo con la
vita. Da parte nostra con questa ricerca fatta
in modo capillare, attingendo alla banca dati,
spulciando il dato comune per comune, nominativo
per nominativo, consultando tutti i
fogli di riconoscimento, cercando presso gli
Istituti di Storia della Resistenza delle varie
province del Nord, presso le sedi Anpi,
attingendo alle fonti bibliografiche e anagrafiche,
vorremmo far luce su un frammento
di verità dimenticata, riportando a galla
simbolicamente tutti quei caduti ancora non
codificati che morirono due volte, la prima
perché fucilati, trucidati, impiccati o
martoriati; la seconda perché dimenticati.
A questi 211 siciliani e a coloro che caddero
per la libertà va il nostro grazie.
Sant´Antonin (poexia ai partigen) - Edoardo Firpo su:
https://www.youtube.com/watch?v=1wv3lW
N1l3w
Una studiosa ha censito i protagonisti isolani della Resistenza. L´elenco dei nomi e il racconto di drammi ed
eroismi online su La Repubblica Palermo.it (25 aprile 2008)
di Carmela Zangara
«Mio padre - ci
dice il figlio
Giuseppe - voleva
rimanere fedele
al giuramento
fatto al re. Il re
era rappresentato
da Badoglio
che aveva emanato
il proclama
di resa.
Perciò "sbandò".
Quale che sia la
motivazione,
2600 sono i
partigiani siciliani
riconosciuti dall´
Istoreto, Istituto di Storia della Resistenza di
Torino, senza contare coloro che prestarono
servizio nelle province di Novara, Vercelli e
Biella, le cui formazioni dipendevano direttamente
dal Comando di Milano e circa 70
caduti nelle altre regioni. Sono stati 211 i
caduti che io ho censito, la lista è pubblicata
sul sito Ismli, rete di Istituti di Storia del
Movimento di Liberazione in Italia "Ferruccio
Parri", da parte dell´Issico, Istituto di storia
contemporanea Università di Catania, di cui è
presidente Rosario Mangiameli.
Duecentoundici uomini che diedero la vita
per questo nostro presente, uomini le cui
storie private non erano ancora in massima
parte storia di tutti. Perché il silenzio caduto
sulla loro morte è lo stesso silenzio che pesa
ancora su questa pagina di storia. Una storia
che si muove tutta sul crinale del passaggio
dallo sbandamento alla libera adesione alla
Resistenza, che va dalle tante storie di imboscamento
alla cattura, dal rastrellamento alla
fucilazione.
Qualcuno riesce a farla franca. «Mi ospitava
una famiglia del luogo - ci racconta il licatese
Amoroso - in cambio aiutavo nel lavoro dei
campi. Un giorno vennero i tedeschi. Io
dormivo nel fienile, sulla paglia. Per fortuna
fui avvisato e mi nascosi dentro una trave di
legno che faceva da pilastro, vuota all´
interno. Ebbene arrivarono e misero sottosopra la cascina. Mi passarono accanto,
avrebbero potuto sentire il mio respiro se
soltanto avessi respirato». Altri subiscono
violenza: «Calogero era stato trucidato -
continua - lo avevano legato e torturato,
cavandogli gli occhi e strappandogli le unghie
da vivo... le sevizie erano state tante che,
mentre lo torturavano, passò da lì un ufficiale
tedesco il quale si impressionò talmente da
dare l´ordine di smettere. Gli spararono per
porre fine alla inumana tortura».
Nel giugno del 1944 a Fondotoce (Verbania)
43 prigionieri, tra cui il siciliano Giovanni La
Ciacera, vennero fatti sfilare per le strade del
centro, con un cartello su cui era scritto:
«Sono questi i Liberatori o banditi?», prima di
essere, a tre a tre, avviati alla fucilazione in un
canale. A Mondovì la vigilia di Natale del 1944
tre siciliani furono fucilati, mentre in una casa
di Prea bruciavano vivi due isolani intrappolati
nelle fiamme appiccate all´abitazione. A
Carignano la morte di due siciliani avviene per
impiccagione. «Sono le 10,30. Viene condotto
il primo, il secondo, poi il terzo. Cammina a
passi svelti ed andatura militare. Declina le
sue generalità: Dezardo Liberale fu Giovanbattista
e fu Ventre Nunzia, tenente colonnello,
nato a Catania il 2 novembre 1893,
residente a Sanfrè presso il notaio Milano, via
Nazionale. Prima di morire grida: "Viva
l´Italia". Ed ecco il quinto. L´andatura ed il
viso tradiscono uno stato di eccitazione
nervosa. Declina le sue generalità: "Mancuso
Piero fu Luigi e di Amelia Ciotti, nato a
Palermo il 14 luglio 1920, chimico, residente a
Milano, via Vincenzo Monti 21". Chiede una
sigaretta e i soldati tedeschi gliene mettono
una in bocca e gliela accendono. Tutti gli altri
che avevano tirato fuori il loro pacchetto per
accontentarlo, lo rimettono in tasca. Al
comandante tedesco chiede di avere un
bitter. Il tedesco risponde: "Mi spiace non
avere bitter per potere accontentare."
Quando è sul patibolo grida: " Viva l´Italia"».
Tra i luoghi di intensa lotta c´è Forno
Canavese: alle 17 i diciotto superstiti al fuoco
furono fatti sfilare davanti alla smarrita
popolazione e portati nelle cantine del
palazzo municipale dove furono picchiati etorturati. L´esecuzione avvenne l´indomani
pomeriggio quando gli operai furono fatti
uscire dalle fabbriche per assistere alla
fucilazione dei prigionieri. Le vittime designate
furono incolonnati lungo il cortile della
casa del fascio con la schiena rivolta al
plotone e colpiti alle spalle. A sera i loro corpi
furono caricati su un carro e portati al
cimitero dove furono seppelliti in una fossa
comune su due strati in senso opposto l´uno
sull´altro. Una lapide e un piccolo monumento
ricorda i nomi delle vittime tra cui
Nicolò Marino palermitano, e Mario Toro di
Palagonia.
E c´è il dolore dei sopravvissuti, un dolore che
ha attraversato il tempo ed è giunto a noi con
queste parole: «Avrei voluto che mio marito
tornasse a casa anche con una gamba o un
braccio, invalido o malato ma tornasse - ci
dice con voce strozzata la moglie di Salvatore
Privitera - Mi ha lasciato un figlio di un anno
meno 8 giorni, un figlio che non ha
conosciuto suo padre. Era sepolto nella nuda
terra con una croce sopra e una medaglia su
cui era scritto il nome: Privitera Salvatore. Lo
abbiamo riportato nella sua terra. Adesso
riposa nel cimitero di Reitano. Lui era piccolo
di statura, un metro e sessanta circa. Ed era la
vita mia. Io ero ancora giovane sposa.
Soltanto due anni meno qualche mese siamo
stati insieme. Il tempo di concepire mio figlio.
Adesso mio figlio ha 64 anni». E in un paese
vicino Genova cadde sul campo Raimondo
Saverino, il partigiano "Severino", un simbolo.
Stasera viene commemorato a Licata suo
paese d´origine.
Un capitolo a parte è quello delle donne nella
Resistenza. Ricordiamo la catanese Graziella
Giuffrida. Trovata in possesso di una pistola,
venne arrestata e condotta alla sede di
Comando di Fegino (Genova) dove fu torturata
e violentata, prima di essere uccisa e
buttata in una delle fosse di via Rocca de´
Corvi. In questa località il 28 aprile del 1945
furono ritrovati i corpi di altre vittime. Alcune
furono deferite al Tribunale Speciale:
Alessandra Marrale, Giuseppina Cosolito di
Caltagirone, Amalia Gregorio nata a Santa
Teresa Riva, Emilia Ermellino di Messina.
Storie ripescate e storie ancora rimaste
intrappolate dentro una fossa comune, in
qualche registro di Stato civile, nei racconti di
sopravvissuti, storie difficili perché la
Resistenza fu una pagina complessa e non
riconducibile ad un unico piano di lettura.
Molte le anime, tante le ombre che ancora
l´avvolgono, moltissime le reticenze che la
inquinano, spesso connotata come storia di
parte. Ma tale non fu, perché fu soprattutto
guerra per qualcosa che si chiama libertà. Furono Cuneo e Torino le province con il
maggior numero di vittime siciliane, cento
partigiani siciliani caduti in ciascuna delle due
province. Cinque i siciliani fucilati alle fosse
Ardeatine. E poi c´erano i partigiani convinti,
quelli che aderirono da subito alla Resistenza,
quelli di spicco. Ricordiamo Pablo, nome in
codice di Crollallanza, Aliotta che diede il
nome a una divisione, Lupo Di Fina anche lui
sacrificato e a lui intitolata la Diffida.
Più di quaranta i partigiani che ebbero riconoscimento
per il loro valore: 10 le medaglie
d´oro al valore militare, 20 le medaglie
d´argento, dieci le medaglie di bronzo, due le
croci di guerra. Rilevante il sacrificio delle
famiglia di Emma Di Dio che immolò due figli
alla Resistenza: Antonio ed Alfredo, entrambi
nati a Palermo il cui padre funzionario della
questura si era trasferito a Cremona dove i
due giovani studiavano. Entrambi decorati
con medaglie d´oro e d´argento e considerati
cremonesi di adozione.
Non serve stigmatizzare la violenza, né
rinfocolare la faziosità, non è questo lo spirito
della ricerca da me condotta. A noi che non
vivemmo quei giorni la memoria serve per
non dimenticare il costo della libertà, il
sacrificio di chi rispose al suo richiamo con la
vita. Da parte nostra con questa ricerca fatta
in modo capillare, attingendo alla banca dati,
spulciando il dato comune per comune, nominativo
per nominativo, consultando tutti i
fogli di riconoscimento, cercando presso gli
Istituti di Storia della Resistenza delle varie
province del Nord, presso le sedi Anpi,
attingendo alle fonti bibliografiche e anagrafiche,
vorremmo far luce su un frammento
di verità dimenticata, riportando a galla
simbolicamente tutti quei caduti ancora non
codificati che morirono due volte, la prima
perché fucilati, trucidati, impiccati o
martoriati; la seconda perché dimenticati.
A questi 211 siciliani e a coloro che caddero
per la libertà va il nostro grazie.
Sant´Antonin (poexia ai partigen) - Edoardo Firpo su:
https://www.youtube.com/watch?v=1wv3lW
N1l3w