" A PROPOSITO DELLA NASCITA DI VITTORIA: FEUDATARI RAGUSANI VS CONTADINI COMISANI " del prof. Francesco Ereddia.
"Da poi che Vostra Signoria mi trattò sopra il particolari della habitatione si pretendi fare per ordine della Sign.ra Duchessa in Bosco Chano, considerato io tutti li paesi, non si potrà fare in altro loco che a Grutti Alte, sopra li jardini di Cammarana, loco eminenti in lo centro di Bosco Piano, vicino di lo Comiso quattro miglia, et lontano dal mare da sei oy setti miglia curto, e propinquo di l´aqua di xomari, molini, paraturi et jardini.
"In lo quali loco chi ey anticaglia e dicono che in tempo fu casali. Et si alcuni altri veni per situarlo, passiando tutti quelli lochi, non si firmirà ad altra parti per li tanti comodità. E´ loco tanto comodo per fare detta habitatione: non si haviranno di pagare altro che quattro vignali di Comisani.
"E con tal fine baxio a Vostra Signoria le mani, cum pregare Nostro Signore la felicità como desidera.
" Di Ragusa. A dì 30 di marzo 1604.
Paulo La Restia".
Nel 1599 riceveva la nomina a "locotenente di governatore" (cioè, vicegovernatore) della contea di Modica Paolo La Restia, ricco uomo d´affari ragusano, il quale era stato nominato governatore per la prima volta nel ´98. Precisiamo che questa lettera del La Restia a Scipione Celestre Conservatore del Patrimonio della contea veniva inviata da Ragusa, in quanto da qualche tempo a Modica c´era la sede di tutte le istituzioni amministrative e della giustizia, mentre Ragusa aveva chiesto e ottenuto di essere sede del governatorato. Evidentemente la nobiltà e l´alta borghesia di Ragusa ambivano ad avere un ruolo e un peso politico che controbilanciasse e riducesse la supremazia delle classi dirigenti modicane, che proprio nel Celestre avevano il loro massimo esponente.
Nel marzo 1604 - qualche mese dopo la lettera con la quale la contessa Vittoria Colonna accettava la proposta del Celestre di fondare una nuova città (novembre 1603) -, il vicegovernatore Paolo La Restia rispondeva ad una lettera ufficiale a lui indirizzata dello stesso Scipione Celestre. Infatti, il La Restia esordisce dicendo "Da poi che Vostra Signoria mi trattò", cioè "dal momento che voi mi avete comunicato per iscritto". Possiamo congetturare che il Conservatore del Patrimonio, ricevuto il benestare della contessa circa la possibilità di "haçer casillas en Bosquellano" (fondare un centro abitato a Boscopiano) , si fosse mosso rapidamente coinvolgendo il suo referente politico, il La Restia appunto. D´altra parte, attraverso la lettera di quest´ultimo possiamo ricostruire per grandi linee il contenuto di questa proposta ufficiale del Celestre.
La lettera riguarda la questione specifica ("il particolari") di un centro abitato ("habitatione") che il Celestre sostiene di voler realizzare ("che si pretendi fare") a Boscopiano. Fin dalle primissime battute e senza tanti preamboli il La Restia sembra rispondere in maniera immediata, diretta ed esplicita a una diversa indicazione datagli dal Celestre, e comunque proseguire un discorso già avviato fra loro due da qualche tempo. Dice, infatti, che, in considerazione della sua capillare conoscenza di tutte le contrade di quella parte di Boscopiano ("considerato io tutti li paesi") - conoscenza che, aggiungiamo noi, gli derivava dagli immensi investimenti agrari che proprio lì faceva da qualche decennio -, secondo lui il centro abitato non si poteva edificare in nessun altro luogo che a "Grutti Alte".
La contrada è caratterizzata da una vasta rete di almeno una trentina di aggrottati e gallerie sotterranee che, in direzione nord/est-sud/ovest (dalla zona della Fontana della Pace a quella Emaia), attraversano tutto quello che è oggi il centro storico della città fino alla periferia meridionale, occupando tutto il costone roccioso che si affaccia sulla valle dell´Ippari. Si tratta indubbiamente della parte più impervia e rocciosa, e pertanto più improduttiva dal punto di vista agricolo, dell´intero territorio vittoriese. Mentre il fondovalle - che il Fazello aveva descritto quasi estasiato, là dove, parlando dell´Ippari, aveva detto che "alle sue rive il terreno è fertilissimo e produce in abbondanza messi e alberi da frutto d´ogni genere, specialmente cedri, aranci e meli di vario tipo, anche punici" - da tempo immemorabile appariva quale il La Restia nella sua relazione al Celestre lo descriveva: "sopra li jardini di Cammarana, loco eminenti in lo centro di Boscopiano [...] propinquo di l´aqua di xomari, molini, paraturi et jardini".
Dunque, oltre alle aziende che garantivano una produzione agricola varia e abbondante grazie al fiume principale e ai tanti ruscelli e torrenti ("xomari"), si trovavano nella contrada Grotte Alte piccole attività industriali, date dalla presenza di un numero imprecisato di mulini, adibiti all´industria molitoria, e di gualchiere ("paraturi") per la lavorazione dei panni. D´altro canto, dice il La Restia, secondo una tradizione inveterata là un tempo c´era stato un casale ("dicono che in tempo fu casali"). Con questo il vicegovernatore sembra voler replicare al Conservatore del Patrimonio che, se il suo progetto aveva come punto qualificante la rifondazione di un antico abitato (Camarina), edificando il nuovo centro abitato a Grotte Alte si raggiungeva il medesimo obiettivo di rifondazione.
Scipione Celestre, noi opiniamo, pensando ad una "reedificazione" di Camarina pensava di realizzarla più o meno nel sito antico: la risposta di La Restia, lo abbiamo già detto, era una vera e propria replica a una proposta in altro senso del Celestre. Ma il fatto è che per costruire o ricostruire lì un centro abitato - a parte il problema del "lacus Camarinensis" e delle sue esalazioni malariche -, bisognava procedere all´esproprio dei terreni interessati. E noi sappiamo che il feudo "Cammarana", con il promontorio, la torre e i resti della gloriosa colonia greca, apparteneva da qualche tempo ai Giampiccolo di Ragusa. Degli altri feudi vicini, "Berdia", "S. Lorenzo", "Piombo", "Niscescia", "Passo Marinaro," "Passo di Cammarana", "Passolato", "Pantano", "Mari Rossi", "Fossone" e "Angilla" erano infeudati a Paolo La Restia, per citare solo quelli della zona che ci interessa; "Randello" e "S. Giovanni" o "Scoglitti" ai Grimaldi; "Valseca" ai Valseca.
Quindi, il vicegovernatore e i "mastri rationali e contatori" (funzionari e dirigenti della ragioneria e contabilità comitale) erano titolari di tutta la fascia costiera ipparina, per non parlare di altri esponenti dell´aristocrazia e dell´alta borghesia ragusana, quali i La Rocca (titolari del "Castelluzzo") e Giunta ("Torrevecchia" e "S. Silvestro"). I quali tutti pensiamo che non facessero proprio salti di gioia all´idea ventilata di vedere espropriati i loro feudi con i relativi titoli baronali.
Il concetto di esproprio lo troviamo adombrato proprio nella relazione di Paolo La Restia, là dove dice che, realizzando invece il nuovo centro abitato a Grutti Alti, "non si haviranno di pagare altro che quattro vignali di Comisani". Il termine "vignale" indicava un terreno chiuso coltivato e il "quattro" è indicativo di un numero basso e pressoché insignificante: ma è chiaro che il La Restia tendeva a minimizzare per ovvi motivi, cioè per salvaguardare gli interessi propri e degli altri feudatari ragusani interessati.
Affermiamo questo perché disponiamo di un documento assai interessante, una "Contumacia incusata a molti personi delo Comiso possessori di diversi tumini di terri in questo Stato, ad instantia della Sig.ra Donna Vittoria Duchessa e Contessa di Modica, tutrici di Joanni Alfonso suo figlio, Conti in questo Stato, pretendenti le revocationi di detti terri". Si trattava di un processo civile intentato, senza consultare la parte ("contumacia"), da Donna Vittoria Colonna in nome e per conto del figlio minore Giovanni Alfonso contro "molti personi delo Comiso" che avevano avuto in concessione enfiteutica - non sappiamo da quanto tempo, ma certamente da molto - degli appezzamenti di terra a Boscopiano. Non erano grandi concessionari, dal momento che l´azione legale parla di "tumini", cioè di semplici tumoli assegnati a ciascuno, e non di salme: contro questi piccoli contadini si chiedeva la revoca delle concessioni rilasciate ("le revocationi di detti terri"). E quei terreni dovevano trovarsi nella parte di Boscopiano più contigua a Vittoria, perché, sin da quando erano iniziate le concessioni enfiteutiche a Boscopiano (e cioè, all´incirca dal 1450), ai Comisani erano sempre andate le partite ubicate in quello che sarebbe diventato territorio di Vittoria.
Ci sono due particolari d´un certo interesse in questi espropri.
Il primo è dato dal numero dei concessionari colpiti dalla revoca, che sono una sessantina: altro che i "quattro vignali di Comisani" di cui parlava il La Restia! Il lungo elenco si conclude con una annotazione, non firmata (dà un po´ da pensare questa assenza di firma), in cui si dice: "Si ha da vedere si sono tutti vivi et, si ni sono morti, informarvi delli loro figli o heredi universali [et] avisarne delli loro nomi e cognomi. Et essendo detti heredi minori, informarsi delli loro tutori e tutrici et de´ loro nomi e cognomi. E se vi fossero persone di essi nominati absenti del Regno, anco ni lo avisarete et ogni cosa destintamente". Forse di quest´azione legale Vittoria Colonna non sapeva niente. Certo doveva esserne all´oscuro il più alto responsabile del Patrimonio comitale, il Conservatore Scipione Celestre, perché non esiste nessun verbale relativo a una seduta della Corte patrimoniale su questo affare così importante.
Per norma, infatti, le "cause patrimoniali" venivano discusse alla presenza del governatore o vicegovernatore (Paolo La Restia), del Procuratore Generale del Patrimonio comitale (Fortunio Arrighetti), del Conservatore del Patrimonio (Scipione Celestre) e dei "Mastri Rationali e Contatori" (Giuseppe Grimaldi e Andrea Valseca). Di ogni "causa patrimoniale" veniva redatto regolare verbale, che era poi trascritto nel libro della Cancelleria. Di questo atto così importante, invece, nessuna traccia. I funzionari a cui si rivolgeva l´anonimo estensore della nota sopra citata (informarvi... avisarete) potrebbero essere proprio i "mastri rationali" e gli "arbitri" (dirigenti dell´ufficio tecnico della contea) della Corte patrimoniale.
Il secondo particolare, relativamente a questi espropri a danno dei Comisani, è offerto dalla data: 8 ottobre 1603. Cioè, la causa di esproprio viene intentata in fretta e furia qualche settimana prima della lettera di risposta da parte di Vittoria Colonna a Scipione Celestre sul suo progetto delle "casillas a Bosquellano" (che è del 25 novembre 1603), e pochi mesi prima della relazione di Paolo La Restia sul medesimo progetto (che è del 30 marzo 1604).
Dobbiamo dedurre che il vicegovernatore, di concerto con i "mastri rationali et contatori" e con gli "arbitri", trapelata la notizia del progetto della riedificazione di Camarina e paventando degli espropri in quelle prestigiose contrade a danno di quei feudatari (che erano, poi, soprattutto gli stessi La Restia, Grimaldi e Valseca, unitamente a qualche altro grosso rappresentante della classe dirigente ragusana), si sia attivato immediatamente per presentare l´alternativa di "Grutti Alti" come la più "comoda" (nel senso latino di "adatta, conveniente, opportuna") sotto ogni profilo.
Soprattutto, pensiamo noi, sotto il profilo della massima disponibilità (dopo gli espropri ai Comisani) di quelle contrade e, in modo particolare, della salvaguardia degli interessi di quelli che "contavano".
FRANCESCO EREDDIA
"In lo quali loco chi ey anticaglia e dicono che in tempo fu casali. Et si alcuni altri veni per situarlo, passiando tutti quelli lochi, non si firmirà ad altra parti per li tanti comodità. E´ loco tanto comodo per fare detta habitatione: non si haviranno di pagare altro che quattro vignali di Comisani.
"E con tal fine baxio a Vostra Signoria le mani, cum pregare Nostro Signore la felicità como desidera.
" Di Ragusa. A dì 30 di marzo 1604.
Paulo La Restia".
Nel 1599 riceveva la nomina a "locotenente di governatore" (cioè, vicegovernatore) della contea di Modica Paolo La Restia, ricco uomo d´affari ragusano, il quale era stato nominato governatore per la prima volta nel ´98. Precisiamo che questa lettera del La Restia a Scipione Celestre Conservatore del Patrimonio della contea veniva inviata da Ragusa, in quanto da qualche tempo a Modica c´era la sede di tutte le istituzioni amministrative e della giustizia, mentre Ragusa aveva chiesto e ottenuto di essere sede del governatorato. Evidentemente la nobiltà e l´alta borghesia di Ragusa ambivano ad avere un ruolo e un peso politico che controbilanciasse e riducesse la supremazia delle classi dirigenti modicane, che proprio nel Celestre avevano il loro massimo esponente.
Nel marzo 1604 - qualche mese dopo la lettera con la quale la contessa Vittoria Colonna accettava la proposta del Celestre di fondare una nuova città (novembre 1603) -, il vicegovernatore Paolo La Restia rispondeva ad una lettera ufficiale a lui indirizzata dello stesso Scipione Celestre. Infatti, il La Restia esordisce dicendo "Da poi che Vostra Signoria mi trattò", cioè "dal momento che voi mi avete comunicato per iscritto". Possiamo congetturare che il Conservatore del Patrimonio, ricevuto il benestare della contessa circa la possibilità di "haçer casillas en Bosquellano" (fondare un centro abitato a Boscopiano) , si fosse mosso rapidamente coinvolgendo il suo referente politico, il La Restia appunto. D´altra parte, attraverso la lettera di quest´ultimo possiamo ricostruire per grandi linee il contenuto di questa proposta ufficiale del Celestre.
La lettera riguarda la questione specifica ("il particolari") di un centro abitato ("habitatione") che il Celestre sostiene di voler realizzare ("che si pretendi fare") a Boscopiano. Fin dalle primissime battute e senza tanti preamboli il La Restia sembra rispondere in maniera immediata, diretta ed esplicita a una diversa indicazione datagli dal Celestre, e comunque proseguire un discorso già avviato fra loro due da qualche tempo. Dice, infatti, che, in considerazione della sua capillare conoscenza di tutte le contrade di quella parte di Boscopiano ("considerato io tutti li paesi") - conoscenza che, aggiungiamo noi, gli derivava dagli immensi investimenti agrari che proprio lì faceva da qualche decennio -, secondo lui il centro abitato non si poteva edificare in nessun altro luogo che a "Grutti Alte".
La contrada è caratterizzata da una vasta rete di almeno una trentina di aggrottati e gallerie sotterranee che, in direzione nord/est-sud/ovest (dalla zona della Fontana della Pace a quella Emaia), attraversano tutto quello che è oggi il centro storico della città fino alla periferia meridionale, occupando tutto il costone roccioso che si affaccia sulla valle dell´Ippari. Si tratta indubbiamente della parte più impervia e rocciosa, e pertanto più improduttiva dal punto di vista agricolo, dell´intero territorio vittoriese. Mentre il fondovalle - che il Fazello aveva descritto quasi estasiato, là dove, parlando dell´Ippari, aveva detto che "alle sue rive il terreno è fertilissimo e produce in abbondanza messi e alberi da frutto d´ogni genere, specialmente cedri, aranci e meli di vario tipo, anche punici" - da tempo immemorabile appariva quale il La Restia nella sua relazione al Celestre lo descriveva: "sopra li jardini di Cammarana, loco eminenti in lo centro di Boscopiano [...] propinquo di l´aqua di xomari, molini, paraturi et jardini".
Dunque, oltre alle aziende che garantivano una produzione agricola varia e abbondante grazie al fiume principale e ai tanti ruscelli e torrenti ("xomari"), si trovavano nella contrada Grotte Alte piccole attività industriali, date dalla presenza di un numero imprecisato di mulini, adibiti all´industria molitoria, e di gualchiere ("paraturi") per la lavorazione dei panni. D´altro canto, dice il La Restia, secondo una tradizione inveterata là un tempo c´era stato un casale ("dicono che in tempo fu casali"). Con questo il vicegovernatore sembra voler replicare al Conservatore del Patrimonio che, se il suo progetto aveva come punto qualificante la rifondazione di un antico abitato (Camarina), edificando il nuovo centro abitato a Grotte Alte si raggiungeva il medesimo obiettivo di rifondazione.
Scipione Celestre, noi opiniamo, pensando ad una "reedificazione" di Camarina pensava di realizzarla più o meno nel sito antico: la risposta di La Restia, lo abbiamo già detto, era una vera e propria replica a una proposta in altro senso del Celestre. Ma il fatto è che per costruire o ricostruire lì un centro abitato - a parte il problema del "lacus Camarinensis" e delle sue esalazioni malariche -, bisognava procedere all´esproprio dei terreni interessati. E noi sappiamo che il feudo "Cammarana", con il promontorio, la torre e i resti della gloriosa colonia greca, apparteneva da qualche tempo ai Giampiccolo di Ragusa. Degli altri feudi vicini, "Berdia", "S. Lorenzo", "Piombo", "Niscescia", "Passo Marinaro," "Passo di Cammarana", "Passolato", "Pantano", "Mari Rossi", "Fossone" e "Angilla" erano infeudati a Paolo La Restia, per citare solo quelli della zona che ci interessa; "Randello" e "S. Giovanni" o "Scoglitti" ai Grimaldi; "Valseca" ai Valseca.
Quindi, il vicegovernatore e i "mastri rationali e contatori" (funzionari e dirigenti della ragioneria e contabilità comitale) erano titolari di tutta la fascia costiera ipparina, per non parlare di altri esponenti dell´aristocrazia e dell´alta borghesia ragusana, quali i La Rocca (titolari del "Castelluzzo") e Giunta ("Torrevecchia" e "S. Silvestro"). I quali tutti pensiamo che non facessero proprio salti di gioia all´idea ventilata di vedere espropriati i loro feudi con i relativi titoli baronali.
Il concetto di esproprio lo troviamo adombrato proprio nella relazione di Paolo La Restia, là dove dice che, realizzando invece il nuovo centro abitato a Grutti Alti, "non si haviranno di pagare altro che quattro vignali di Comisani". Il termine "vignale" indicava un terreno chiuso coltivato e il "quattro" è indicativo di un numero basso e pressoché insignificante: ma è chiaro che il La Restia tendeva a minimizzare per ovvi motivi, cioè per salvaguardare gli interessi propri e degli altri feudatari ragusani interessati.
Affermiamo questo perché disponiamo di un documento assai interessante, una "Contumacia incusata a molti personi delo Comiso possessori di diversi tumini di terri in questo Stato, ad instantia della Sig.ra Donna Vittoria Duchessa e Contessa di Modica, tutrici di Joanni Alfonso suo figlio, Conti in questo Stato, pretendenti le revocationi di detti terri". Si trattava di un processo civile intentato, senza consultare la parte ("contumacia"), da Donna Vittoria Colonna in nome e per conto del figlio minore Giovanni Alfonso contro "molti personi delo Comiso" che avevano avuto in concessione enfiteutica - non sappiamo da quanto tempo, ma certamente da molto - degli appezzamenti di terra a Boscopiano. Non erano grandi concessionari, dal momento che l´azione legale parla di "tumini", cioè di semplici tumoli assegnati a ciascuno, e non di salme: contro questi piccoli contadini si chiedeva la revoca delle concessioni rilasciate ("le revocationi di detti terri"). E quei terreni dovevano trovarsi nella parte di Boscopiano più contigua a Vittoria, perché, sin da quando erano iniziate le concessioni enfiteutiche a Boscopiano (e cioè, all´incirca dal 1450), ai Comisani erano sempre andate le partite ubicate in quello che sarebbe diventato territorio di Vittoria.
Ci sono due particolari d´un certo interesse in questi espropri.
Il primo è dato dal numero dei concessionari colpiti dalla revoca, che sono una sessantina: altro che i "quattro vignali di Comisani" di cui parlava il La Restia! Il lungo elenco si conclude con una annotazione, non firmata (dà un po´ da pensare questa assenza di firma), in cui si dice: "Si ha da vedere si sono tutti vivi et, si ni sono morti, informarvi delli loro figli o heredi universali [et] avisarne delli loro nomi e cognomi. Et essendo detti heredi minori, informarsi delli loro tutori e tutrici et de´ loro nomi e cognomi. E se vi fossero persone di essi nominati absenti del Regno, anco ni lo avisarete et ogni cosa destintamente". Forse di quest´azione legale Vittoria Colonna non sapeva niente. Certo doveva esserne all´oscuro il più alto responsabile del Patrimonio comitale, il Conservatore Scipione Celestre, perché non esiste nessun verbale relativo a una seduta della Corte patrimoniale su questo affare così importante.
Per norma, infatti, le "cause patrimoniali" venivano discusse alla presenza del governatore o vicegovernatore (Paolo La Restia), del Procuratore Generale del Patrimonio comitale (Fortunio Arrighetti), del Conservatore del Patrimonio (Scipione Celestre) e dei "Mastri Rationali e Contatori" (Giuseppe Grimaldi e Andrea Valseca). Di ogni "causa patrimoniale" veniva redatto regolare verbale, che era poi trascritto nel libro della Cancelleria. Di questo atto così importante, invece, nessuna traccia. I funzionari a cui si rivolgeva l´anonimo estensore della nota sopra citata (informarvi... avisarete) potrebbero essere proprio i "mastri rationali" e gli "arbitri" (dirigenti dell´ufficio tecnico della contea) della Corte patrimoniale.
Il secondo particolare, relativamente a questi espropri a danno dei Comisani, è offerto dalla data: 8 ottobre 1603. Cioè, la causa di esproprio viene intentata in fretta e furia qualche settimana prima della lettera di risposta da parte di Vittoria Colonna a Scipione Celestre sul suo progetto delle "casillas a Bosquellano" (che è del 25 novembre 1603), e pochi mesi prima della relazione di Paolo La Restia sul medesimo progetto (che è del 30 marzo 1604).
Dobbiamo dedurre che il vicegovernatore, di concerto con i "mastri rationali et contatori" e con gli "arbitri", trapelata la notizia del progetto della riedificazione di Camarina e paventando degli espropri in quelle prestigiose contrade a danno di quei feudatari (che erano, poi, soprattutto gli stessi La Restia, Grimaldi e Valseca, unitamente a qualche altro grosso rappresentante della classe dirigente ragusana), si sia attivato immediatamente per presentare l´alternativa di "Grutti Alti" come la più "comoda" (nel senso latino di "adatta, conveniente, opportuna") sotto ogni profilo.
Soprattutto, pensiamo noi, sotto il profilo della massima disponibilità (dopo gli espropri ai Comisani) di quelle contrade e, in modo particolare, della salvaguardia degli interessi di quelli che "contavano".
FRANCESCO EREDDIA