COMISO - LA PITTURA DI ENZO FEDERICI A " SHIKKERIA FASHION ART HOUSE " DAL 7 AL 15 APRILE




DA EINSTEIN A ENZO FEDERICI: LO SPAZIO E IL TEMPO DALLA FISICA ALL´ARTE PITTORICA.
Al navigante che veleggia da Oriente, solcando le acque azzurre dello Ionio che la sacerdotessa argiva Io attraversò a nuoto, in lontananza appare per prima, nell´orizzonte misto di spuma di mare, " a muntagna ", l´Etna: solo dopo si intravede la sinuosità delle coste e del golfo di Catania, fino alla distinta percezione del resto, di case, di paesi, di piante e di uomini.
Ed è proprio " a muntagna ", dalle cui " segrete caverne sgorgano – a detta del Pindaro della " Pitica " - fonti purissime d´orrido fuoco ", a rappresentare l´archetipo junghiano, l´immagine innata, che caratterizza larga parte della produzione pittorica di Enzo Federici, artista catanese, con studi presso l´Istituto europeo del Design di Milano e l´Accademia delle Belle Arti di Catania, dove insegna " Pittura ".
E´ come se Federici avesse veleggiato da Oriente e avesse ricevuto l´imprinting da parte della " muntagna ", il " Mongibello " degli antichi, riproducendolo sotto varie forme e con colori diversi in tele, in cui le estese campiture cromatiche contornano il vulcano, simbolo totemico per l´umanità isolana.
Alle spalle dell´arte di Enzo Federici non è difficile scorgere, in filigrana- per usare una intuizione di Franco Gallo – le mille sfumature degli azzurri presenti nelle marine di Piero Guccione o nei cieli di Enzo Indaco, docente di " Pittura " prima e successivamente direttore della stessa Accademia, dove insegna il nostro Federici.
A volte è possibile riscontrare in Guccione una pennellata pastosa, piena, frutto di colore condensato: è un effetto, questo, che tecnicamente riesce benissimo a Enzo Federici grazie a un particolare espediente. L´artista catanese fa largo uso del silicone che, mescolato al colore, rende densissima la pennellata, la trasforma quasi in un gusto pieno, dopo un rapido intervento sulla tela di lino, quella che maggiormente si presta a trattenere il materiale, da utilizzare velocemente a causa dei limitatissimi tempi di fissaggio.
La pennellata si spande, turgida e greve, sul lino e permette al colore di acquistare quella pienezza che solo in alcune opere di pochi altri autori è dato osservare.
Che dire, poi, della declinazione, a livello pittorico, di alcuni assiomi e di determinati modelli fisico-matematici: il simbolismo di bici e di orologi ( proprio del surrealismo metafisico di Dalì o De Chirico ) riprende in Enzo Federici le note categorie spazio-temporali di Einstein, categorie destinate a coincidere nell´infinito/finito del padre della relatività.
Simboli come l´orologio ( il tempo ) o la bici ( lo spazio ) si alternano in numerose tele di Federici e trovano il loro sbocco naturale e compiuto nella casa, altro simbolo tanto caro al ragusano Sandro Bracchitta, altro docente di Accademia.
Di fronte all´eterno divenire eracliteo, al " panta rei " che avvolge uomini, cose, tempo e spazio, la casa rimane lì a indicare il porto sicuro per alleviare le nostre ansie e i nostri tormenti e le nostre paure, rappresentate dal vulcano in eruzione: è lo scoglio cui si attacca l´ostrica verghiana; è il rifugio in cui il nostro " altrove ", sia fisico che mentale, trova quiete e permette a Enzo Federici di illuminare il buio della vita, di spezzare la " kakistocrazia " dominante, il governo dei peggiori, e offrire alla fine una soluzione di speranza allo spettatore.
Girolamo Piparo
Al navigante che veleggia da Oriente, solcando le acque azzurre dello Ionio che la sacerdotessa argiva Io attraversò a nuoto, in lontananza appare per prima, nell´orizzonte misto di spuma di mare, " a muntagna ", l´Etna: solo dopo si intravede la sinuosità delle coste e del golfo di Catania, fino alla distinta percezione del resto, di case, di paesi, di piante e di uomini.
Ed è proprio " a muntagna ", dalle cui " segrete caverne sgorgano – a detta del Pindaro della " Pitica " - fonti purissime d´orrido fuoco ", a rappresentare l´archetipo junghiano, l´immagine innata, che caratterizza larga parte della produzione pittorica di Enzo Federici, artista catanese, con studi presso l´Istituto europeo del Design di Milano e l´Accademia delle Belle Arti di Catania, dove insegna " Pittura ".
E´ come se Federici avesse veleggiato da Oriente e avesse ricevuto l´imprinting da parte della " muntagna ", il " Mongibello " degli antichi, riproducendolo sotto varie forme e con colori diversi in tele, in cui le estese campiture cromatiche contornano il vulcano, simbolo totemico per l´umanità isolana.
Alle spalle dell´arte di Enzo Federici non è difficile scorgere, in filigrana- per usare una intuizione di Franco Gallo – le mille sfumature degli azzurri presenti nelle marine di Piero Guccione o nei cieli di Enzo Indaco, docente di " Pittura " prima e successivamente direttore della stessa Accademia, dove insegna il nostro Federici.
A volte è possibile riscontrare in Guccione una pennellata pastosa, piena, frutto di colore condensato: è un effetto, questo, che tecnicamente riesce benissimo a Enzo Federici grazie a un particolare espediente. L´artista catanese fa largo uso del silicone che, mescolato al colore, rende densissima la pennellata, la trasforma quasi in un gusto pieno, dopo un rapido intervento sulla tela di lino, quella che maggiormente si presta a trattenere il materiale, da utilizzare velocemente a causa dei limitatissimi tempi di fissaggio.
La pennellata si spande, turgida e greve, sul lino e permette al colore di acquistare quella pienezza che solo in alcune opere di pochi altri autori è dato osservare.
Che dire, poi, della declinazione, a livello pittorico, di alcuni assiomi e di determinati modelli fisico-matematici: il simbolismo di bici e di orologi ( proprio del surrealismo metafisico di Dalì o De Chirico ) riprende in Enzo Federici le note categorie spazio-temporali di Einstein, categorie destinate a coincidere nell´infinito/finito del padre della relatività.
Simboli come l´orologio ( il tempo ) o la bici ( lo spazio ) si alternano in numerose tele di Federici e trovano il loro sbocco naturale e compiuto nella casa, altro simbolo tanto caro al ragusano Sandro Bracchitta, altro docente di Accademia.
Di fronte all´eterno divenire eracliteo, al " panta rei " che avvolge uomini, cose, tempo e spazio, la casa rimane lì a indicare il porto sicuro per alleviare le nostre ansie e i nostri tormenti e le nostre paure, rappresentate dal vulcano in eruzione: è lo scoglio cui si attacca l´ostrica verghiana; è il rifugio in cui il nostro " altrove ", sia fisico che mentale, trova quiete e permette a Enzo Federici di illuminare il buio della vita, di spezzare la " kakistocrazia " dominante, il governo dei peggiori, e offrire alla fine una soluzione di speranza allo spettatore.
Girolamo Piparo