COMISO – " SE L´AEROPORTO CHIUDE, NON SARA´ FACILE RIAPRIRLO: TOCCA AGLI IMPRENDITORI IBLEI FARSI AVANTI E RILEVARE LE QUOTE DI INTERSAC IN LIQUIDAZIONE": CON QUESTE PAROLE IL DOTT. GIANNI SCAPELLATO, ARTEFICE DEL PRIMO PIANO INDUSTRIALE PER L´AEROPORTO COMISANO, INTERVIENE SUL FUTURO DELLO SCALO CASMENEO.
Comisano, classe 1956, trapiantato a Gallarate, docente di " Logistica del trasporto aereo commerciale " presso gli Istituti aeronautici ( autore di un apposito libro di testo) e di " Aerdrome design and operation " ( disciplina ICAO, International Civil Aviation Organisation ) a Lugano presso la facoltà di Ingegneria gestionale dell´Università della Svizzera Italiana, il dott. Gianni Scapellato è stato da noi interpellato sul recente avviso, con cui Soaco ( la Società di gestione dell´aeroporto comisano ) chiede di conoscere l´eventuale disponibilità di qualcuno ad assumere la responsabilità della gestione del nostro aeroporto.
Si tratta - a detta del dott. Scapellato, che ha diretto gli aeroporti di Rimini e di Milano Malpensa - di una scelta al limite della disperazione, che prefigura la malaugurata chiusura dello scalo casmeneo.
Sono stati compiuti degli errori tragici, nel corso degli anni, nonostante l´aeroporto sia miracolosamente ancora in funzione.
In primo luogo ci si è colpevolmente allontanati, stravolgendolo, dal piano industriale originario, che prevedeva l´implementazione dei voli di linea, accanto ai voli " low cost " e a un buon 40% affidato al cargo.
Ebbene, ci si è quasi totalmente affidati ai voli " low cost " ( che poi tanto " low cost " non sono ), ignorando a tutt´oggi il settore cargo.
L´ultimo amministratore delegato di Soaco, il dott. Giorgio Cappello, ha cercato di attuare delle correzioni e degli aggiustamenti, ma con grandissime difficoltà, specie in mancanza di opportune risorse finanziarie.
Ogni mese occorre affrontare spese per stipendi, per l´energia elettrica, pr i canoni di concessione, per gli esorbitanti affitti alla SAC per le attrezzature: gli unici introiti sono stati quelli regionali, ben poca cosa rispetto a tutte le necessità dell´aeroporto.
Ora si aspetta con ansia l´ntervento governativo sulla continuità territoriale, che dovrebbe portare nelle casse di Soaco una bella boccata d´ossigeno: ovviamente la " continuità territoriale " da sola non basta. Serve il trasporto cargo, così come serve una opportuna rete di ricettività alberghiera per ospitare i turisti in arrivo. L´aeroporto serve il territorio, non viceversa: il turista arriva non per fermarsi in aeroporto, ma per raggiungre un territorio ben strutturato.
A questo punto un discorso a parte va fatto per i voli " low cost ", che devono avere un carattere di periodicità: che senso ha inaugurare voli per Dublino o per Kaunas, per poi sospenderli l´anno successivo e disperdere quel patrimonio di orientamento turistico, che si era venuto a creare. Distretti turistici ed enti locali devono levare alta la loro voce nell´interesse del territorio, senza piegarsi ai diktat e alle necessità capricciose di Ryanair.
Altro punto dolente è rappresentato dai cosiddetti voli " sociali ", vale a dire quei voli pagati dallo Stato italiano su deroga dell´UE. Ebbene, com´è stato possibile che i voli sociali per Pantelleria e per Lampedusa siano stati dirottati su Catania, anzichè essere legati all´aeroporto di Comiso?
Ora, se mettiamo insieme la mancanza di voli sociali, la mancanza di voli di linea, la mancanza del trasporto cargo, la non periodicità dei voli " low cost ", arriviamo alla situazione gravissima in cui versa oggi Soaco, con la paventata chiusura dell´aeroporto di Comiso.
Che suggerire?
Invece di lamentarsi, la classe imprenditoriale iblea, visto che Intersac è in liquidazione già da febbraio, si deve fare avanti e acquisire le quote di Intersac, mantenendo il controllo dell´aeroporto in mani iblee.
Sarebbe un primo passo verso la ricapitalizzazione e verso il rilancio dello scalo comisano.
Girolamo Piparo
Si tratta - a detta del dott. Scapellato, che ha diretto gli aeroporti di Rimini e di Milano Malpensa - di una scelta al limite della disperazione, che prefigura la malaugurata chiusura dello scalo casmeneo.
Sono stati compiuti degli errori tragici, nel corso degli anni, nonostante l´aeroporto sia miracolosamente ancora in funzione.
In primo luogo ci si è colpevolmente allontanati, stravolgendolo, dal piano industriale originario, che prevedeva l´implementazione dei voli di linea, accanto ai voli " low cost " e a un buon 40% affidato al cargo.
Ebbene, ci si è quasi totalmente affidati ai voli " low cost " ( che poi tanto " low cost " non sono ), ignorando a tutt´oggi il settore cargo.
L´ultimo amministratore delegato di Soaco, il dott. Giorgio Cappello, ha cercato di attuare delle correzioni e degli aggiustamenti, ma con grandissime difficoltà, specie in mancanza di opportune risorse finanziarie.
Ogni mese occorre affrontare spese per stipendi, per l´energia elettrica, pr i canoni di concessione, per gli esorbitanti affitti alla SAC per le attrezzature: gli unici introiti sono stati quelli regionali, ben poca cosa rispetto a tutte le necessità dell´aeroporto.
Ora si aspetta con ansia l´ntervento governativo sulla continuità territoriale, che dovrebbe portare nelle casse di Soaco una bella boccata d´ossigeno: ovviamente la " continuità territoriale " da sola non basta. Serve il trasporto cargo, così come serve una opportuna rete di ricettività alberghiera per ospitare i turisti in arrivo. L´aeroporto serve il territorio, non viceversa: il turista arriva non per fermarsi in aeroporto, ma per raggiungre un territorio ben strutturato.
A questo punto un discorso a parte va fatto per i voli " low cost ", che devono avere un carattere di periodicità: che senso ha inaugurare voli per Dublino o per Kaunas, per poi sospenderli l´anno successivo e disperdere quel patrimonio di orientamento turistico, che si era venuto a creare. Distretti turistici ed enti locali devono levare alta la loro voce nell´interesse del territorio, senza piegarsi ai diktat e alle necessità capricciose di Ryanair.
Altro punto dolente è rappresentato dai cosiddetti voli " sociali ", vale a dire quei voli pagati dallo Stato italiano su deroga dell´UE. Ebbene, com´è stato possibile che i voli sociali per Pantelleria e per Lampedusa siano stati dirottati su Catania, anzichè essere legati all´aeroporto di Comiso?
Ora, se mettiamo insieme la mancanza di voli sociali, la mancanza di voli di linea, la mancanza del trasporto cargo, la non periodicità dei voli " low cost ", arriviamo alla situazione gravissima in cui versa oggi Soaco, con la paventata chiusura dell´aeroporto di Comiso.
Che suggerire?
Invece di lamentarsi, la classe imprenditoriale iblea, visto che Intersac è in liquidazione già da febbraio, si deve fare avanti e acquisire le quote di Intersac, mantenendo il controllo dell´aeroporto in mani iblee.
Sarebbe un primo passo verso la ricapitalizzazione e verso il rilancio dello scalo comisano.
Girolamo Piparo