" DALLA «A» di AZZARA alla «Z» di ZISA: GLI EBREI DELLA CONTEA DI MODICA " DEL PROF. FRANCESCO EREDDIA

Le comunità ebraiche più consistenti di numero si trovavano a Modica, Scicli e Ragusa, dove sono stati individuati i quartieri in cui risiedevano, ma c´erano anche più piccoli nuclei a Chiaramonte e Monterosso e gruppi isolati sparsi un po´ ovunque nelle campagne. Parte di loro erano dediti all´agricoltura, alla pastorizia e alla pesca, altri erano artigiani (sarti, calzolai, maniscalchi, carpentieri, murifabbri, fornai, macellai, orefici, argentieri), altri ancora commercianti. Il loro numero ammontava a un totale di circa duemila, mentre in tutta l´isola erano tra i venti e i trentamila.
A Ragusa c´era più di un quartiere ebraico: il Cartellone, come a Modica, un altro presso le chiese di San Basilio e San Nicola e quello detto dei Cosentini, sul costone sovrastante la città.
Si tenga presente, anzitutto, che quando si parla di Ragusa si intende, dall´età più antica al tremendo terremoto dell´11 gennaio 1693, quella che oggi è Ragusa Ibla, cioè la parte inferiore della città. Ragusa superiore sorse nella fase di ricostruzione del dopo terremoto. In quei momenti vennero avanzate diverse proposte sul sito da scegliere, ma alla fine prevalse l´opinione di alcuni notabili residenti nel quartiere dei "Cosentini" (ebrei immigrati da Cosenza), e così la nuova città sorse sulla sommità del costone. Che quel quartiere fosse abitato ab antiquo da ebrei (convertitisi dopo l´editto di espulsione del 1492) appare testimoniato da un´anonima canzone satirica, scritta dopo il terremoto da quanti sostenevano una ricostruzione della città fatta altrove e che si concludeva così :« Verrà ´n journu ca st´Ebrei vattiati / si farannu lu Papa a muoru so´ ».
La sinagoga si trovava dove più tardi venne costruita la chiesa della SS. Annunziata. Lì c´era, già nel Trecento, una vera e propria scuola di medicina. Infatti, già a partire dall´età di Federico II « scienza e pratica medica – come ha affermato lo storico Henri Bresc - sono ampiamente attestate tra gli ebrei siciliani. [...] A partire dal 1360 [si affermò] la pratica di registrare regolarmente nei registri della Cancelleria o in quelli del Protonotaro le licenze di esercizio della medicina, della chirurgia o di entrambe le arti sotto il controllo del protomedico regio". Da queste registrazioni risultano i nomi di più di 170 medici o chirurghi ebrei fra il 1360 e la metà del Quattrocento. Fra quelli "licenziati ad esercitare la fisica medicina in tutto il regno" cinque sono appunto di Ragusa e uno di Modica: maestro Musuliuni de Ragusia (5 maggio 1366), m.o Macalufo di Ragusa (3 febbraio 1384), m.o Raysio de Ragusia (2 novembre 1405), m.o Joseph de Sacca di Ragusa (28 aprile 1419), m.o Moyses de Ysac de Ragusia (28 gennaio 1420) e, infine, m.o Gabriele de la Bonavogla di Modica (29 novembre 1452).
Tre giudecche erano anche a Scicli, dove "il numero degli Ebrei par che sia stato molto considerabile: giacché fu loro permesso d´avere due Sinagoghe. [...] Gli Ebrei di questa città erano assai ricchi: possedevano degli stabili, e delle masserizie in abbondanza. Avevano più molini, che solevano gabellare a condizione che non macinassero il sabato". L´affermazione è di G. Di Giovanni, autore nel 1748 della prima opera sugli ebrei siciliani. È doveroso precisare che essa è imbevuta di profondo antisemitismo: non a caso, peraltro, l´autore era « Inquisitor Fiscale della Suprema Inquisizione di Sicilia ».
C´era, dunque, a Scicli una consistente comunità di ebrei benestanti, che praticavano anche un intenso commercio con Malta. Sparsi in alcune contrade che nei toponimi recano tracce della loro presenza ("Strada Giudeca", "Pozzo del Giudeo", "Celso del Giudeo"), erano anche concentrati nel quartiere "Siènia".
Un altro quartiere "Siènia" era presente anche a Pozzallo, alle spalle della Torre Cabrera: lì gli ebrei dovevano avere un ruolo commerciale importante, perché dal "caricatore" di Pozzallo, come da quello di Cammarana/Scoglitti, si "estraevano fuori regno", cioè si esportavano all´estero, le dodicimila salme di frumento franche di dazio che spettavano ai conti di Modica. Infine, una "Siènia" – e faccio ammenda per non averlo citato nel mio articolo precedente sul quartiere "Siènia" di Vittoria – era presente anche a Comiso: oggi è un quartiere molto urbanizzato, con la presenza di una scuola intitolata appunto «Siènia». Il quartiere ebraico si trovava invece più in basso, alle spalle del Castello Aragonese.
Per quanto riguarda l´onomastica, e più in particolare gli antroponimi, cioè i nomi di persona, relativamente alle comunità giudaiche è necessario fare un piccolo discorso a parte.
Gli ebrei siciliani, come quelli italiani in genere, cominciarono ad assumere il sistema onomastico basato sul nome e cognome solo a partire dal Trecento, là dove il processo di assunzione del casato, cioè del cognome, ha avuto inizio in Italia alquanto prima, subito dopo il Mille, e si è completato nel Quattrocento. Se nel Duecento, infatti, i nomi di persona degli ebrei di Sicilia erano in prevalenza arabi o forme della tradizione biblica arabizzate, nel Trecento si profila una marcata tendenza alla latinizzazione che diventa nel Quattrocento prevalente.
Gli ebrei, che usavano tradizionalmente un sistema basato sul nome personale seguito da quello del padre, congiunti da un «ben» ("figlio di"), giunti in Sicilia cominciarono anzitutto a mantenere questa tradizione, latinizzando ovviamente i nomi ebraici. Così ci spieghiamo i Di Giacomo, D´Angelo, Di Vita, Di Benedetto, Di Pace, ecc. Ovvero il «ben-» (anche trasformato foneticamente in «bon-») è rimasto unito al nome ebraico reso nel corrispondente significato latino, dando luogo a cognomi di sapore augurale quali Benante, Benartuni (o Bertuni), Benassai, Bentivegna, Benvissuto o Bonvissuto, Benenati, Benestante, Bennici o Bonnici, Benvenuto, Bonaccorso, Bonafidi, Bonaiuto, Bonanno, Bonaventura, Bonaviri, Bonavita, Bonavoglia, Bongiorno, Bondì, Bonfiglio, Bongiovanni, Bonomo, Bonsignore, Boncoraggio o Boncoraglio, Bonincontro. Ovvero ancora, il nome ebraico è stato semplicemente adattato foneticamente: ´Ben-Isaac´ in Busacca (ma potrebbe derivare da ´Abû´, la cosiddetta kunya d´onore, e ´Ishâq´), ´Mosheh´ in Muxa/Muscia, ´El´Azar´ in Lazzaro, ´Azriel´ o ´Azariah´ in Azzarello e Azzara, ´Mazal´ in Mazza, ´Chaim´ in Ciancio, ´Chabib´ in Cabibbo, ´Cohen´ in Cuynu/Cuyno, ´Lia´ in De Lia/D´Elia, Lia, Lio, Liuzzo (dimin.), ´Benjamin´ in Binna/Bino/Bini, ´Maymon´ in Maimone. Ma anche, senza particolari adattamenti, David, Raffaele, Sansone. Oppure, veniva latinizzato il significato fondamentale del nome ebraico: ´Jechel´ ("Dio vive") in Vitale, ´Hayym´ ("vita") in Vita/ Di Vita, ´Isaa´c ("gioia") in Gaudio/ Gaudioso, ´Benassay´ ("orefice") in Lorefice, ´Cohen´ ("sacerdote") in Parrino/ Lo Presti, ´Jona´ ("colomba") in Palumbo, ´Jaffe´ ("bello") in Lo Bello, ´Chananiàh´ ("Dio di grazia") in Di Grazia, ´Obadiah´ ("Servo di Dio") in Di Dio, ´Jehudàh´ ("Forza di Dio") in Leone; ´Shalom´ ("Pace") in Pace/Di Pace, ´Jehoshua´ ("Dio salvi") in Salvo/Di Salvo, ´Chabib´ ("Amato da Dio") in Amato/Amoroso, ´Pesach´ ("Pasqua") in Pasqua o Pasqualino.
A questi vanno aggiunti i nomi geografici, cioè quelli derivati dalla città di residenza o provenienza: Cusintinu, (de) Catania, (de) Modica, (de) Xacca, Gerbo, Greco, (de) Messina, Nifusi (da Nefoussi nella regione della Tripolitania), (de) Salerno, Rubeo/Russu, Romano, (de) Termini, (de) Siragusa, Calabresi, Spagnolu/Spagna, Catalano, Malti/Maltisi.
E, infine, quelli derivati dal nome della madre. Le donne giudaiche o avevano nomi che consistevano nella trasformazione un po´ libera di nomi biblici (ad es., Ricca da Rivqàh, "Rebecca"), o portavano un nome poetico che esprimeva una particolare dote o virtù femminile: di qui Azîza ("Amata" o "Preziosa") rimasto nella forma latinizzata ´Assisa´ o ´Zisa´, Allegra (di qui il cognome ´Allegria´), Bella (da cui ´Bella/La Bella/Di Bella´), Gentile (di qui il cognome ´Gentile´), Fiore (da cui ´Fiore/Fiorello/Fiorilla´), Grazia (´Di Grazia´), Rosa (´Di Rosa/La Rosa´), Palma (´Palma/Di Palma´), Perla (´Perna/La Perna´).
FRANCESCO EREDDIA
A Ragusa c´era più di un quartiere ebraico: il Cartellone, come a Modica, un altro presso le chiese di San Basilio e San Nicola e quello detto dei Cosentini, sul costone sovrastante la città.
Si tenga presente, anzitutto, che quando si parla di Ragusa si intende, dall´età più antica al tremendo terremoto dell´11 gennaio 1693, quella che oggi è Ragusa Ibla, cioè la parte inferiore della città. Ragusa superiore sorse nella fase di ricostruzione del dopo terremoto. In quei momenti vennero avanzate diverse proposte sul sito da scegliere, ma alla fine prevalse l´opinione di alcuni notabili residenti nel quartiere dei "Cosentini" (ebrei immigrati da Cosenza), e così la nuova città sorse sulla sommità del costone. Che quel quartiere fosse abitato ab antiquo da ebrei (convertitisi dopo l´editto di espulsione del 1492) appare testimoniato da un´anonima canzone satirica, scritta dopo il terremoto da quanti sostenevano una ricostruzione della città fatta altrove e che si concludeva così :« Verrà ´n journu ca st´Ebrei vattiati / si farannu lu Papa a muoru so´ ».
La sinagoga si trovava dove più tardi venne costruita la chiesa della SS. Annunziata. Lì c´era, già nel Trecento, una vera e propria scuola di medicina. Infatti, già a partire dall´età di Federico II « scienza e pratica medica – come ha affermato lo storico Henri Bresc - sono ampiamente attestate tra gli ebrei siciliani. [...] A partire dal 1360 [si affermò] la pratica di registrare regolarmente nei registri della Cancelleria o in quelli del Protonotaro le licenze di esercizio della medicina, della chirurgia o di entrambe le arti sotto il controllo del protomedico regio". Da queste registrazioni risultano i nomi di più di 170 medici o chirurghi ebrei fra il 1360 e la metà del Quattrocento. Fra quelli "licenziati ad esercitare la fisica medicina in tutto il regno" cinque sono appunto di Ragusa e uno di Modica: maestro Musuliuni de Ragusia (5 maggio 1366), m.o Macalufo di Ragusa (3 febbraio 1384), m.o Raysio de Ragusia (2 novembre 1405), m.o Joseph de Sacca di Ragusa (28 aprile 1419), m.o Moyses de Ysac de Ragusia (28 gennaio 1420) e, infine, m.o Gabriele de la Bonavogla di Modica (29 novembre 1452).
Tre giudecche erano anche a Scicli, dove "il numero degli Ebrei par che sia stato molto considerabile: giacché fu loro permesso d´avere due Sinagoghe. [...] Gli Ebrei di questa città erano assai ricchi: possedevano degli stabili, e delle masserizie in abbondanza. Avevano più molini, che solevano gabellare a condizione che non macinassero il sabato". L´affermazione è di G. Di Giovanni, autore nel 1748 della prima opera sugli ebrei siciliani. È doveroso precisare che essa è imbevuta di profondo antisemitismo: non a caso, peraltro, l´autore era « Inquisitor Fiscale della Suprema Inquisizione di Sicilia ».
C´era, dunque, a Scicli una consistente comunità di ebrei benestanti, che praticavano anche un intenso commercio con Malta. Sparsi in alcune contrade che nei toponimi recano tracce della loro presenza ("Strada Giudeca", "Pozzo del Giudeo", "Celso del Giudeo"), erano anche concentrati nel quartiere "Siènia".
Un altro quartiere "Siènia" era presente anche a Pozzallo, alle spalle della Torre Cabrera: lì gli ebrei dovevano avere un ruolo commerciale importante, perché dal "caricatore" di Pozzallo, come da quello di Cammarana/Scoglitti, si "estraevano fuori regno", cioè si esportavano all´estero, le dodicimila salme di frumento franche di dazio che spettavano ai conti di Modica. Infine, una "Siènia" – e faccio ammenda per non averlo citato nel mio articolo precedente sul quartiere "Siènia" di Vittoria – era presente anche a Comiso: oggi è un quartiere molto urbanizzato, con la presenza di una scuola intitolata appunto «Siènia». Il quartiere ebraico si trovava invece più in basso, alle spalle del Castello Aragonese.
Per quanto riguarda l´onomastica, e più in particolare gli antroponimi, cioè i nomi di persona, relativamente alle comunità giudaiche è necessario fare un piccolo discorso a parte.
Gli ebrei siciliani, come quelli italiani in genere, cominciarono ad assumere il sistema onomastico basato sul nome e cognome solo a partire dal Trecento, là dove il processo di assunzione del casato, cioè del cognome, ha avuto inizio in Italia alquanto prima, subito dopo il Mille, e si è completato nel Quattrocento. Se nel Duecento, infatti, i nomi di persona degli ebrei di Sicilia erano in prevalenza arabi o forme della tradizione biblica arabizzate, nel Trecento si profila una marcata tendenza alla latinizzazione che diventa nel Quattrocento prevalente.
Gli ebrei, che usavano tradizionalmente un sistema basato sul nome personale seguito da quello del padre, congiunti da un «ben» ("figlio di"), giunti in Sicilia cominciarono anzitutto a mantenere questa tradizione, latinizzando ovviamente i nomi ebraici. Così ci spieghiamo i Di Giacomo, D´Angelo, Di Vita, Di Benedetto, Di Pace, ecc. Ovvero il «ben-» (anche trasformato foneticamente in «bon-») è rimasto unito al nome ebraico reso nel corrispondente significato latino, dando luogo a cognomi di sapore augurale quali Benante, Benartuni (o Bertuni), Benassai, Bentivegna, Benvissuto o Bonvissuto, Benenati, Benestante, Bennici o Bonnici, Benvenuto, Bonaccorso, Bonafidi, Bonaiuto, Bonanno, Bonaventura, Bonaviri, Bonavita, Bonavoglia, Bongiorno, Bondì, Bonfiglio, Bongiovanni, Bonomo, Bonsignore, Boncoraggio o Boncoraglio, Bonincontro. Ovvero ancora, il nome ebraico è stato semplicemente adattato foneticamente: ´Ben-Isaac´ in Busacca (ma potrebbe derivare da ´Abû´, la cosiddetta kunya d´onore, e ´Ishâq´), ´Mosheh´ in Muxa/Muscia, ´El´Azar´ in Lazzaro, ´Azriel´ o ´Azariah´ in Azzarello e Azzara, ´Mazal´ in Mazza, ´Chaim´ in Ciancio, ´Chabib´ in Cabibbo, ´Cohen´ in Cuynu/Cuyno, ´Lia´ in De Lia/D´Elia, Lia, Lio, Liuzzo (dimin.), ´Benjamin´ in Binna/Bino/Bini, ´Maymon´ in Maimone. Ma anche, senza particolari adattamenti, David, Raffaele, Sansone. Oppure, veniva latinizzato il significato fondamentale del nome ebraico: ´Jechel´ ("Dio vive") in Vitale, ´Hayym´ ("vita") in Vita/ Di Vita, ´Isaa´c ("gioia") in Gaudio/ Gaudioso, ´Benassay´ ("orefice") in Lorefice, ´Cohen´ ("sacerdote") in Parrino/ Lo Presti, ´Jona´ ("colomba") in Palumbo, ´Jaffe´ ("bello") in Lo Bello, ´Chananiàh´ ("Dio di grazia") in Di Grazia, ´Obadiah´ ("Servo di Dio") in Di Dio, ´Jehudàh´ ("Forza di Dio") in Leone; ´Shalom´ ("Pace") in Pace/Di Pace, ´Jehoshua´ ("Dio salvi") in Salvo/Di Salvo, ´Chabib´ ("Amato da Dio") in Amato/Amoroso, ´Pesach´ ("Pasqua") in Pasqua o Pasqualino.
A questi vanno aggiunti i nomi geografici, cioè quelli derivati dalla città di residenza o provenienza: Cusintinu, (de) Catania, (de) Modica, (de) Xacca, Gerbo, Greco, (de) Messina, Nifusi (da Nefoussi nella regione della Tripolitania), (de) Salerno, Rubeo/Russu, Romano, (de) Termini, (de) Siragusa, Calabresi, Spagnolu/Spagna, Catalano, Malti/Maltisi.
E, infine, quelli derivati dal nome della madre. Le donne giudaiche o avevano nomi che consistevano nella trasformazione un po´ libera di nomi biblici (ad es., Ricca da Rivqàh, "Rebecca"), o portavano un nome poetico che esprimeva una particolare dote o virtù femminile: di qui Azîza ("Amata" o "Preziosa") rimasto nella forma latinizzata ´Assisa´ o ´Zisa´, Allegra (di qui il cognome ´Allegria´), Bella (da cui ´Bella/La Bella/Di Bella´), Gentile (di qui il cognome ´Gentile´), Fiore (da cui ´Fiore/Fiorello/Fiorilla´), Grazia (´Di Grazia´), Rosa (´Di Rosa/La Rosa´), Palma (´Palma/Di Palma´), Perla (´Perna/La Perna´).
FRANCESCO EREDDIA