" DONNA VITTORIA E SCIPIONE CELESTRE CONTRO GLI ILLECITI AMMINISTRATIVI " del prof. Francesco Ereddia
Nelle nostre riflessioni della scorsa settimana, relative al luogo da scegliere per la rifondazione dell´antica Camarina, abbiamo evidenziato dei contrasti nel quinquennio 1600-1605 fra il governatore della contea Paolo La Restia e il Conservatore del Patrimonio comitale Scipione Celestre.
Si ha l´impressione che quelle schermaglie nascondessero conflitti ben più gravi relativi alla gestione politica (Paolo La Restia) ed economica (Scipione Celestre) della contea. Conflitti che avevano avuto inizio nell´anno 1600 con l´improvvisa morte a Valladolid del conte di Modica Ludovico III e il subentro della vedova Vittoria Colonna in qualità di tutrice del legittimo erede, ancora in minore età, Juan Alfonso Enriquez Cabrera. Come è ben noto, dal 1484 (dopo le nozze celebrate a Modica fra Anna Cabrera e Federico Henriquez) i conti di Modica si trasferirono per sempre in Spagna, precisamente a Medina de Rioseco nel distretto di Valladolid.
Probabilmente la presenza di una donna a capo della contea aveva fatto pensare agli amministratori locali ad una gestione diciamo più ´disinvolta´ del territorio comitale da parte loro. Ma non avevano fatto i conti con il conservatore patrimoniale Scipione Celestre, già uomo di cieca fiducia del defunto conte: fiducia altrettanto ciecamente confermatagli dalla vedova contessa Vittoria.
Infatti, il 19 marzo 1605 la contessa Vittoria Colonna - di concerto con don G.Battista Celestre (congiunto di Scipione Celestre), marchese di S. Croce e Presidente del Tribunale palermitano del Real Patrimonio (nonché fondatore del casale di Santa Croce) - emanava da Valladolid alcune "Istruzioni" in lingua castigliana per mettere ordine nell´amministrazione della contea e limitare ed eliminare eventuali abusi d´ufficio da parte dei funzionari della stessa.
Qualche mese dopo, il 18 luglio, in applicazione di queste "Istruzioni", si riuniva a Modica il Consiglio patrimoniale, che le ratificava ufficialmente:
"Congregati in Cause Patrimoniali li Signori Paulo la Ristia, barone di Bocampello et della Nixexa, Gubernatore Generale, Fortunio Arrighetti, Procuratore generale dell´Eccellentia dell´Almirante Conte di Modica Signor Nostro, Don Giuseppe Grimaldo et Andrea Valseca, Mastri Rationali e Contatori, e Scipione Celestre Conservatore del Patrimonio di detto Contato di Modica) (d´ordine delli quali si è registrata la patente precedente dell´Eccellentia della Duchessa Contessa de Modica Signora Nostra, et havendo discurso d´uno in uno tutti l´ordini che in quella si contengono, si fu per loro determinato et concluso di comuni parere per essecutione di detti ordinacioni".
Come si vede, troviamo riuniti in questo Consiglio di amministrazione tutti i personaggi che più contavano nella gestione degli affari economici comitali. Da Paolo La Restia, che aveva sostituito il predecessore nella carica di Governatore della contea, a Fortunio Arrighetti, Procuratore Generale del Patrimonio comitale, dai "contatori" e "maestri razionali" Giuseppe Grimaldi ed Andrea Valseca al Conservatore del Patrimonio Scipione Celestre.
Tre ci sembrano i punti più importanti del documento, che è un vero e proprio verbale di seduta.
Il primo riguarda gli "arbitri" della Contea:
"Che il numero di tutti l´arbitri nel Contato non ecceda per l´avvenire et si reduca d´oggi inanzi a trenta. Cioè, in Modica, Ragusa e Sicle a otto per ogne città e terra, in Chiaramonte a quattro e Monterosso dui, che in tutto sono trenta, perché cossì parsi conveniente per essere le città et terre grande, et per li negocij, prezzi et venditioni di particulari esservenj bisogno di buon numero d´arbitri. Et il Signor Fortunio si piglia carrico d´avvisar e consultare con la Duchessa Signora Nostra che cossì conviene come è detto farse. Et nell´avvenire si determina che li provvisioni d´arbitri li sottoscriva lo Conservatore giuntamente con li Contatori ".
Tali arbitri erano dei tecnici della Corte del Patrimonio comitale, che avevano il delicato compito di misurare le terre concesse in enfiteusi o in gabella, per valutarne il valore sia per la vendita che per il censo e per operare una stima della presumibile rendita, del numero e della produttività degli alberi, e così via. E´ naturale che dalla precisione (e onestà) delle loro misurazioni e stime dipendevano molte importanti entrate del patrimonio. C´erano state ´usurpazioni´ nelle terre concesse in enfiteusi, cioè tanti concessionari avevano incamerato molta più terra di quella realmente concessa, e alcuni ´usurpatori´ eccellenti rispondevano ai nomi di Andrea Valseca, Giuseppe Grimaldi e Paolo La Restia.
Non ci meraviglia, dunque, che Vittoria Colonna, opportunamente consigliata da Fortunio Arrighetti e da Scipione Celestre, avesse voluto ridurre il numero di tali arbitri, sia per tagliare le spese che per poterli meglio controllare. Infatti, nelle sue "Istruzioni" imponeva che "cada tierra non haya mas de quatro o seis arbitros, y que las provisionas de ellos las haya de firmar tambien el Conservador como los contadores". Però, come risulta dal verbale della seduta del Consiglio di Amministrazione, nel numero degli arbitri da nominare si andò al di là dei "quattro o sei per ciascuna città" ordinato dalla Contessa, perché per la vastità delle città e delle terre ("per essere le città et terre grande") si ritenne opportuno averne un numero elevato ("parsi conveniente...esservenj bisogno di buon numero d´arbitri"). Si lasciò a Fortunio Arrighetti il compito di darle le spiegazioni del caso ("Il Signor Fortunio si piglia carrico d´avvisar e consultare con la Duchessa signora Nostra che cossì conviene come è detto farse"). Che le nomine di quelli ("que las provisionas de ellos") venissero fatte e controfirmate dal Conservatore in una con i "contatori" ("las haya de firmar tambien el Conservador como los Condadores"), viene invece accettato dall´intero Consiglio (non sappiamo dopo quali e quante più o meno accese discussioni), il quale "determina che li provvisioni d´arbitri li sottoscriva lo Conservatore giuntamente con li Contatori".
Non c´è alcun dubbio che donna Vittoria aveva la massima fiducia nel Procuratore patrimoniale Fortunio Arrighetti e soprattutto nel Conservatore del Patrimonio Scipione Celestre, e che ben poco si fidava degli arbitri in generale e, soprattutto, del fatto che a nominarli fossero solo i "contatori" Andrea Valseca e Giuseppe Grimaldi. E questa scarsa o nulla fiducia dipendeva certamente dalle preoccupate e giustificate informazioni che le dava il Celestre.
La seconda questione riguardava l´affidabilità del governatore nel trattare i risvolti finanziari del suo ufficio. Non ci è dato sapere se tale flebile fiducia derivasse alla contessa dall´amara esperienza avuta con il predecessore del La Restia - Alessandro Cigala, arrendatario e governatore insieme - o se anche in questo caso non avesse più o meno fondati motivi di perplessità basati sulle informazioni che le provenivano dal Celestre. Che cioè Paolo La Restia era anche lui fra gli "usurpatori eccellenti" di terre comitali.
Tali contrasti appaiono più evidenti nel terzo punto di quel verbale che ci resta da esaminare:
"Che il Conservatore goda tutto quello che gode quello del Regno, et che intervenga nelle cose toccanti all´officio suo".
La lapidaria decisione messa a verbale non dice praticamente nulla. Infatti (traduciamo questo terzo punto in un italiano più chiaro e comprensibile), che "il Conservatore del Patrimonio abbia le prerogative che ha il Conservatore del Tribunale del Real Patrimonio ed entri nel merito delle pratiche che riguardano il suo ufficio" era nient´altro che ripetere in maniera secca e acritica quanto previsto dalle norme vigenti nel Regno e nella contea di Modica in particolare. Se si trattasse dell´applicazione di una precisa "istruzione" data da Vittoria Colonna, suonerebbe perlomeno strana, in quanto in manifesta contraddizione con quella sua volontà di estendere le prerogative del Conservatore che abbiamo visto sopra.
In realtà, la contessa aveva ordinato cosa assai diversa: "El dicho tenga las mismas preheminencias en el mi Contado que tiene el del Reyno [...] y los condadores no puedan haçer nada sin allarse el dicho Conservador presente y que todos los actos que se hiçieren sin su asistencia sean de ninguna fuerça y vigor". Fermo restando per Vittoria Colonna che il detto ("el dicho") Conservatore dovesse godere nella contea di Modica delle stesse prerogative di cui godeva quello del Regno di Sicilia, la contessa precisava in maniera inequivocabile che i "contatori" non potessero prendere alcuna iniziativa ("los condadores no puedan haçer nada") senza avere accanto il detto Conservatore ("sin allarse el dicho Conservador presente"), ed inoltre, cosa assai più vincolante e grave (che suonava come un atto d´accusa contro quegli amministratori), che tutti gli atti amministrativi da loro stipulati in assenza del Conservatore ("que todos los actos que se hiçieren sin sua asistencia") fossero da considerare privi di alcuna efficacia ("sean de ninguna fuerça y vigor").
Questo ci dà la misura di quanto diffidasse la contessa dei suoi "contatori" e "arbitri" e fors´anche dello stesso governatore, e di come per lei punto di riferimento esclusivo e garanzia di una gestione oculata e onesta degli affari della contea fosse solo Scipione Celestre.
FRANCESCO EREDDIA
Si ha l´impressione che quelle schermaglie nascondessero conflitti ben più gravi relativi alla gestione politica (Paolo La Restia) ed economica (Scipione Celestre) della contea. Conflitti che avevano avuto inizio nell´anno 1600 con l´improvvisa morte a Valladolid del conte di Modica Ludovico III e il subentro della vedova Vittoria Colonna in qualità di tutrice del legittimo erede, ancora in minore età, Juan Alfonso Enriquez Cabrera. Come è ben noto, dal 1484 (dopo le nozze celebrate a Modica fra Anna Cabrera e Federico Henriquez) i conti di Modica si trasferirono per sempre in Spagna, precisamente a Medina de Rioseco nel distretto di Valladolid.
Probabilmente la presenza di una donna a capo della contea aveva fatto pensare agli amministratori locali ad una gestione diciamo più ´disinvolta´ del territorio comitale da parte loro. Ma non avevano fatto i conti con il conservatore patrimoniale Scipione Celestre, già uomo di cieca fiducia del defunto conte: fiducia altrettanto ciecamente confermatagli dalla vedova contessa Vittoria.
Infatti, il 19 marzo 1605 la contessa Vittoria Colonna - di concerto con don G.Battista Celestre (congiunto di Scipione Celestre), marchese di S. Croce e Presidente del Tribunale palermitano del Real Patrimonio (nonché fondatore del casale di Santa Croce) - emanava da Valladolid alcune "Istruzioni" in lingua castigliana per mettere ordine nell´amministrazione della contea e limitare ed eliminare eventuali abusi d´ufficio da parte dei funzionari della stessa.
Qualche mese dopo, il 18 luglio, in applicazione di queste "Istruzioni", si riuniva a Modica il Consiglio patrimoniale, che le ratificava ufficialmente:
"Congregati in Cause Patrimoniali li Signori Paulo la Ristia, barone di Bocampello et della Nixexa, Gubernatore Generale, Fortunio Arrighetti, Procuratore generale dell´Eccellentia dell´Almirante Conte di Modica Signor Nostro, Don Giuseppe Grimaldo et Andrea Valseca, Mastri Rationali e Contatori, e Scipione Celestre Conservatore del Patrimonio di detto Contato di Modica) (d´ordine delli quali si è registrata la patente precedente dell´Eccellentia della Duchessa Contessa de Modica Signora Nostra, et havendo discurso d´uno in uno tutti l´ordini che in quella si contengono, si fu per loro determinato et concluso di comuni parere per essecutione di detti ordinacioni".
Come si vede, troviamo riuniti in questo Consiglio di amministrazione tutti i personaggi che più contavano nella gestione degli affari economici comitali. Da Paolo La Restia, che aveva sostituito il predecessore nella carica di Governatore della contea, a Fortunio Arrighetti, Procuratore Generale del Patrimonio comitale, dai "contatori" e "maestri razionali" Giuseppe Grimaldi ed Andrea Valseca al Conservatore del Patrimonio Scipione Celestre.
Tre ci sembrano i punti più importanti del documento, che è un vero e proprio verbale di seduta.
Il primo riguarda gli "arbitri" della Contea:
"Che il numero di tutti l´arbitri nel Contato non ecceda per l´avvenire et si reduca d´oggi inanzi a trenta. Cioè, in Modica, Ragusa e Sicle a otto per ogne città e terra, in Chiaramonte a quattro e Monterosso dui, che in tutto sono trenta, perché cossì parsi conveniente per essere le città et terre grande, et per li negocij, prezzi et venditioni di particulari esservenj bisogno di buon numero d´arbitri. Et il Signor Fortunio si piglia carrico d´avvisar e consultare con la Duchessa Signora Nostra che cossì conviene come è detto farse. Et nell´avvenire si determina che li provvisioni d´arbitri li sottoscriva lo Conservatore giuntamente con li Contatori ".
Tali arbitri erano dei tecnici della Corte del Patrimonio comitale, che avevano il delicato compito di misurare le terre concesse in enfiteusi o in gabella, per valutarne il valore sia per la vendita che per il censo e per operare una stima della presumibile rendita, del numero e della produttività degli alberi, e così via. E´ naturale che dalla precisione (e onestà) delle loro misurazioni e stime dipendevano molte importanti entrate del patrimonio. C´erano state ´usurpazioni´ nelle terre concesse in enfiteusi, cioè tanti concessionari avevano incamerato molta più terra di quella realmente concessa, e alcuni ´usurpatori´ eccellenti rispondevano ai nomi di Andrea Valseca, Giuseppe Grimaldi e Paolo La Restia.
Non ci meraviglia, dunque, che Vittoria Colonna, opportunamente consigliata da Fortunio Arrighetti e da Scipione Celestre, avesse voluto ridurre il numero di tali arbitri, sia per tagliare le spese che per poterli meglio controllare. Infatti, nelle sue "Istruzioni" imponeva che "cada tierra non haya mas de quatro o seis arbitros, y que las provisionas de ellos las haya de firmar tambien el Conservador como los contadores". Però, come risulta dal verbale della seduta del Consiglio di Amministrazione, nel numero degli arbitri da nominare si andò al di là dei "quattro o sei per ciascuna città" ordinato dalla Contessa, perché per la vastità delle città e delle terre ("per essere le città et terre grande") si ritenne opportuno averne un numero elevato ("parsi conveniente...esservenj bisogno di buon numero d´arbitri"). Si lasciò a Fortunio Arrighetti il compito di darle le spiegazioni del caso ("Il Signor Fortunio si piglia carrico d´avvisar e consultare con la Duchessa signora Nostra che cossì conviene come è detto farse"). Che le nomine di quelli ("que las provisionas de ellos") venissero fatte e controfirmate dal Conservatore in una con i "contatori" ("las haya de firmar tambien el Conservador como los Condadores"), viene invece accettato dall´intero Consiglio (non sappiamo dopo quali e quante più o meno accese discussioni), il quale "determina che li provvisioni d´arbitri li sottoscriva lo Conservatore giuntamente con li Contatori".
Non c´è alcun dubbio che donna Vittoria aveva la massima fiducia nel Procuratore patrimoniale Fortunio Arrighetti e soprattutto nel Conservatore del Patrimonio Scipione Celestre, e che ben poco si fidava degli arbitri in generale e, soprattutto, del fatto che a nominarli fossero solo i "contatori" Andrea Valseca e Giuseppe Grimaldi. E questa scarsa o nulla fiducia dipendeva certamente dalle preoccupate e giustificate informazioni che le dava il Celestre.
La seconda questione riguardava l´affidabilità del governatore nel trattare i risvolti finanziari del suo ufficio. Non ci è dato sapere se tale flebile fiducia derivasse alla contessa dall´amara esperienza avuta con il predecessore del La Restia - Alessandro Cigala, arrendatario e governatore insieme - o se anche in questo caso non avesse più o meno fondati motivi di perplessità basati sulle informazioni che le provenivano dal Celestre. Che cioè Paolo La Restia era anche lui fra gli "usurpatori eccellenti" di terre comitali.
Tali contrasti appaiono più evidenti nel terzo punto di quel verbale che ci resta da esaminare:
"Che il Conservatore goda tutto quello che gode quello del Regno, et che intervenga nelle cose toccanti all´officio suo".
La lapidaria decisione messa a verbale non dice praticamente nulla. Infatti (traduciamo questo terzo punto in un italiano più chiaro e comprensibile), che "il Conservatore del Patrimonio abbia le prerogative che ha il Conservatore del Tribunale del Real Patrimonio ed entri nel merito delle pratiche che riguardano il suo ufficio" era nient´altro che ripetere in maniera secca e acritica quanto previsto dalle norme vigenti nel Regno e nella contea di Modica in particolare. Se si trattasse dell´applicazione di una precisa "istruzione" data da Vittoria Colonna, suonerebbe perlomeno strana, in quanto in manifesta contraddizione con quella sua volontà di estendere le prerogative del Conservatore che abbiamo visto sopra.
In realtà, la contessa aveva ordinato cosa assai diversa: "El dicho tenga las mismas preheminencias en el mi Contado que tiene el del Reyno [...] y los condadores no puedan haçer nada sin allarse el dicho Conservador presente y que todos los actos que se hiçieren sin su asistencia sean de ninguna fuerça y vigor". Fermo restando per Vittoria Colonna che il detto ("el dicho") Conservatore dovesse godere nella contea di Modica delle stesse prerogative di cui godeva quello del Regno di Sicilia, la contessa precisava in maniera inequivocabile che i "contatori" non potessero prendere alcuna iniziativa ("los condadores no puedan haçer nada") senza avere accanto il detto Conservatore ("sin allarse el dicho Conservador presente"), ed inoltre, cosa assai più vincolante e grave (che suonava come un atto d´accusa contro quegli amministratori), che tutti gli atti amministrativi da loro stipulati in assenza del Conservatore ("que todos los actos que se hiçieren sin sua asistencia") fossero da considerare privi di alcuna efficacia ("sean de ninguna fuerça y vigor").
Questo ci dà la misura di quanto diffidasse la contessa dei suoi "contatori" e "arbitri" e fors´anche dello stesso governatore, e di come per lei punto di riferimento esclusivo e garanzia di una gestione oculata e onesta degli affari della contea fosse solo Scipione Celestre.
FRANCESCO EREDDIA