IL COMMENTO - "4 NOVEMBRE A VITTORIA: LA DIGNITA´ DELLA UMANA PIETAS E´ STATA OSCURATA DALLA INDIFFERENZA " DI FRANCESCO AIELLO
Ho appreso il rispetto per i caduti dai racconti di mio nonno, che l´aveva vissuta, e di alcuni amici che ci raccontavano degli orrori della guerra.
Ragazzi mandati al fronte, lontani dalle loro case, per lunghi anni. Molti di loro non sono più tornati. E ci narravano tante storie di umanità ferita, tristi storie di assalti sanguinosi, per gli Italiani soprattutto, durante la prima guerra mondiale.
A noi nipoti, poi, la lettura di Ungaretti, poeta della trincea, della solitudine e del dolore, ci conduceva alla universale consapevolezza della disumanità della guerra.
In questa nostra città, periferia d´Italia e del Mezzogiorno, fu realizzato un Campo di Concentramento che accolse migliaia di prigionieri Austro-Ungarici. Fu allocato, si puo´ dire, all´interno del perimetro urbano e le passate generazioni lo vissero compiutamente sotto diversi profili. Nei racconti di un tempo, anche dei combattenti italiani, lo si indicava come luogo di dolore e di asilo per tanti giovani, nemici al fronte, ma poveri uomini nella detenzione. Sapemmo piu´ tardi, almeno la mia generazione, che il Campo era organizzato con la sua economia, la sua moneta, e tutto un sistema di relazioni e di scambi con la popolazione locale.
Quando, finita la guerra, in gran parte lasciarono liberi il Campo, fu sottoscritta una lettera di ringraziamenti al Comandante per l´umanità dimostrata verso di loro, prigionieri in terra straniera.
Ma molti di loro non ce la fecero a tornare a casa, come invece accadde a molti dei nostri, a mio Nonno Achille, per esempio, che fu tratto in prigionia al fronte e trasferito nelle campagne ungheresi a prestare la sua manodopera bracciantile. Parecchi morirono a Vittoria e furono sepolti nel nostro Cimitero.
Ancora giovanotto e Consigliere comunale a 23 anni, ebbi un colloquio, non ricordo in quale circostanza, col Cavaliere La Grua, padre dell´On. Saverio La Grua, che mi parlo´ della necessità di prestare attenzione al decoro della Cappella Ungherese costruita al Cimitero, per onorare la memoria di quei giovani, deceduti a Vittoria lontani dalla loro terra. Strano quel discorso per me giovanissimo, ma già attivo militante del Pci, e comunque abbastanza eretico già in quegli anni. Fatto è che quel colloquio mi indusse a una lettura di quelle antiche storie in controluce rispetto alla concretissima vicenda di mio nonno che era stato fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici ma che era ritornato a casa.
Così immaginai cosa potesse essere stata la storia di quei giovani, venuti a morire a migliaia di chilometri dai loro paesi e dalle loro famiglie, pur essi braccianti e operai, pur essi giovani.
Alcuni anni dopo divenni Sindaco, era il 1978, e mi ritorno´ la memoria di quell´incontro. Fu poi Maria Amorelli a sviluppare e materializzare l´idea del Museo Italo-Ungherese, uno dei piu´ importanti d´Europa. In Ungheria vi era ancora un regime del Socialismo reale, e a noi comunque non fu difficile stabilire delle relazioni amichevoli con le Autorità Ungheresi.
Le capacità di Maria Amorelli ben presto ci portarono a definire un progetto di Restauro di uno dei Capannoni ancora salvabili dal degrado in cui versava il Campo e a concretizzare in collaborazione il progetto di Istituzione del Museo con l´intervento ufficiale delle Autorità italiane e Ungheresi. Più tardi, nella fase di massimo splendore del Museo, Vittoria ebbe l´onore di ricevere non solo Autorit´ militari di primo livello, come il Generale Botz, ma anche il Presidente della Repubblica Ungherese Arpod Gonz, che era stato a suo tempo incarcerato in Ungheria durante il regime precedente. Ma quel lavoro di costruzione della rete della memoria solidale, andava avanti, nonostante cambiassero le bandiere e i regimi. Le nostre visite erano frequenti e così quelle dei nostri amici Ungheresi, dei rappresentanti delle Istituzioni e della cultura. Siglammo successivamente un gemellaggio con la Città di Mathezalka, verde città della pianura ungherese, in Transilvania, E i nostri amici furono verso di noi prodighi di doni e di pezzi museali grandiosi, che ora sono stati abbandonati al vandalismo, nella polvere e nell´oblio. Il Museo stesso fu realizzato con il contributo partecipativo della Repubblica d´Ungheria e una Commissione di studiosi vittoriesi e ungheresi ci accompagno´ sempre nella strutturazione dello stesso. Per Vittoria fu Giancarlo Francione a curare, con competenza e scrupolo, la definizione del progetto culturale e delle iniziative correlate.
Quasi ogni anno, le Autorità Ungheresi hanno partecipato alle onoranze funebri nel nostro Cimitero, con visita al Museo gemellato, e poi alla Cappella Ungherese.
Ora non più.
Oggi 4 Novembre sono passato di fronte al Museo. Lo squallore che vi regna è opprimente e insopportabile. Le bandiere stracciate e ridotte a cenci testimoniano il lugubre messaggio dell´indifferenza e della ferocia, a danno dei buoni sentimenti e della dignità dei caduti nella Grande Guerra del 1915-1918.
Museo chiuso, depredato, scassato, vandalizzato. Ma soprattutto murato dalla indifferenza di una Amministrazione comunale tanto retorica nei pronunciamenti quanto cinica e becera nei comportamenti.
E dire che a questo progetto mi condusse una persona .....che non era della mia parte...
Che dire di piu´ ?
Onore e gloria a quegli uomini, a quei giovani, che vissero quegli eventi mantenendo nelle alterne vicende il senso della umanità e il valore della fratellanza.
Rispetto verso coloro che comunque hanno riconosciuto e hanno onorato il sacrificio compiuto da quelle generazioni che hanno servito e combattuto, anche nelle guerre sbagliate, spesso sotto le costrizioni delle caste militari, ma col cuore generoso della fratellanza umana e nello stesso tempo con la semplicità di chi ha fatto il suo dovere.
Viva l´Italia.
Francesco Aiello
4 Novembre 2016
Ragazzi mandati al fronte, lontani dalle loro case, per lunghi anni. Molti di loro non sono più tornati. E ci narravano tante storie di umanità ferita, tristi storie di assalti sanguinosi, per gli Italiani soprattutto, durante la prima guerra mondiale.
A noi nipoti, poi, la lettura di Ungaretti, poeta della trincea, della solitudine e del dolore, ci conduceva alla universale consapevolezza della disumanità della guerra.
In questa nostra città, periferia d´Italia e del Mezzogiorno, fu realizzato un Campo di Concentramento che accolse migliaia di prigionieri Austro-Ungarici. Fu allocato, si puo´ dire, all´interno del perimetro urbano e le passate generazioni lo vissero compiutamente sotto diversi profili. Nei racconti di un tempo, anche dei combattenti italiani, lo si indicava come luogo di dolore e di asilo per tanti giovani, nemici al fronte, ma poveri uomini nella detenzione. Sapemmo piu´ tardi, almeno la mia generazione, che il Campo era organizzato con la sua economia, la sua moneta, e tutto un sistema di relazioni e di scambi con la popolazione locale.
Quando, finita la guerra, in gran parte lasciarono liberi il Campo, fu sottoscritta una lettera di ringraziamenti al Comandante per l´umanità dimostrata verso di loro, prigionieri in terra straniera.
Ma molti di loro non ce la fecero a tornare a casa, come invece accadde a molti dei nostri, a mio Nonno Achille, per esempio, che fu tratto in prigionia al fronte e trasferito nelle campagne ungheresi a prestare la sua manodopera bracciantile. Parecchi morirono a Vittoria e furono sepolti nel nostro Cimitero.
Ancora giovanotto e Consigliere comunale a 23 anni, ebbi un colloquio, non ricordo in quale circostanza, col Cavaliere La Grua, padre dell´On. Saverio La Grua, che mi parlo´ della necessità di prestare attenzione al decoro della Cappella Ungherese costruita al Cimitero, per onorare la memoria di quei giovani, deceduti a Vittoria lontani dalla loro terra. Strano quel discorso per me giovanissimo, ma già attivo militante del Pci, e comunque abbastanza eretico già in quegli anni. Fatto è che quel colloquio mi indusse a una lettura di quelle antiche storie in controluce rispetto alla concretissima vicenda di mio nonno che era stato fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici ma che era ritornato a casa.
Così immaginai cosa potesse essere stata la storia di quei giovani, venuti a morire a migliaia di chilometri dai loro paesi e dalle loro famiglie, pur essi braccianti e operai, pur essi giovani.
Alcuni anni dopo divenni Sindaco, era il 1978, e mi ritorno´ la memoria di quell´incontro. Fu poi Maria Amorelli a sviluppare e materializzare l´idea del Museo Italo-Ungherese, uno dei piu´ importanti d´Europa. In Ungheria vi era ancora un regime del Socialismo reale, e a noi comunque non fu difficile stabilire delle relazioni amichevoli con le Autorità Ungheresi.
Le capacità di Maria Amorelli ben presto ci portarono a definire un progetto di Restauro di uno dei Capannoni ancora salvabili dal degrado in cui versava il Campo e a concretizzare in collaborazione il progetto di Istituzione del Museo con l´intervento ufficiale delle Autorità italiane e Ungheresi. Più tardi, nella fase di massimo splendore del Museo, Vittoria ebbe l´onore di ricevere non solo Autorit´ militari di primo livello, come il Generale Botz, ma anche il Presidente della Repubblica Ungherese Arpod Gonz, che era stato a suo tempo incarcerato in Ungheria durante il regime precedente. Ma quel lavoro di costruzione della rete della memoria solidale, andava avanti, nonostante cambiassero le bandiere e i regimi. Le nostre visite erano frequenti e così quelle dei nostri amici Ungheresi, dei rappresentanti delle Istituzioni e della cultura. Siglammo successivamente un gemellaggio con la Città di Mathezalka, verde città della pianura ungherese, in Transilvania, E i nostri amici furono verso di noi prodighi di doni e di pezzi museali grandiosi, che ora sono stati abbandonati al vandalismo, nella polvere e nell´oblio. Il Museo stesso fu realizzato con il contributo partecipativo della Repubblica d´Ungheria e una Commissione di studiosi vittoriesi e ungheresi ci accompagno´ sempre nella strutturazione dello stesso. Per Vittoria fu Giancarlo Francione a curare, con competenza e scrupolo, la definizione del progetto culturale e delle iniziative correlate.
Quasi ogni anno, le Autorità Ungheresi hanno partecipato alle onoranze funebri nel nostro Cimitero, con visita al Museo gemellato, e poi alla Cappella Ungherese.
Ora non più.
Oggi 4 Novembre sono passato di fronte al Museo. Lo squallore che vi regna è opprimente e insopportabile. Le bandiere stracciate e ridotte a cenci testimoniano il lugubre messaggio dell´indifferenza e della ferocia, a danno dei buoni sentimenti e della dignità dei caduti nella Grande Guerra del 1915-1918.
Museo chiuso, depredato, scassato, vandalizzato. Ma soprattutto murato dalla indifferenza di una Amministrazione comunale tanto retorica nei pronunciamenti quanto cinica e becera nei comportamenti.
E dire che a questo progetto mi condusse una persona .....che non era della mia parte...
Che dire di piu´ ?
Onore e gloria a quegli uomini, a quei giovani, che vissero quegli eventi mantenendo nelle alterne vicende il senso della umanità e il valore della fratellanza.
Rispetto verso coloro che comunque hanno riconosciuto e hanno onorato il sacrificio compiuto da quelle generazioni che hanno servito e combattuto, anche nelle guerre sbagliate, spesso sotto le costrizioni delle caste militari, ma col cuore generoso della fratellanza umana e nello stesso tempo con la semplicità di chi ha fatto il suo dovere.
Viva l´Italia.
Francesco Aiello
4 Novembre 2016