" IL FASCINO SOTTILE DEI RICORDI " DI FRANCESCO EREDDIA
DELLE COSE DI SICILIA
Uomini e fatti senza tempo
E´ a partire dall´ultimo ventennio del Novecento che in Sicilia e un po´ ovunque nel mondo c´è come una frenesia collettiva: ripeschiamo oggetti e oggettini "della nonna", antiche foto, vecchie cartoline e tutto quello che può restituirci il sapore del passato. C´è come un´inquietante, ma tuttavia sempre più diffusa, istintiva, affascinante e irrinunciabile spinta a voltarsi indietro e a tuffarsi nel passato .
Le mostre di antiche foto – i luoghi della memoria – o di vecchi manifesti, i mercatini delle pulci, i musei etnografici, piccoli o grandi, simboli di una civiltà contadina ormai definitivamente scomparsa. Sono oggi queste le forme attraverso le quali si concretizza, a livello individuale e collettivo, il recupero memoriale. E poi c´è il ritorno della moda anni Settanta, il vintage, etc. etc.
Ciascuno di noi si porta dentro un cumulo di memorie, di ricordi, di odori, sapori, colori. «Il giardino in cui siamo vissuti da bambini – sono parole di Marcel Proust - non c´è bisogno di viaggiare per rivederlo, basta, per ritrovarlo, scendere al fondo di noi stessi».
Ogni anno riviviamo la festa – ci riferiamo soprattutto al Natale – attraverso il filtro del ricordo dell´infanzia e della memoria: ricordo toccante, memoria struggente, mito rivitalizzante che ogni anno ci è concesso di rivivere e che puntualmente, ogni anno ritorna. In questo consiste la memoria individuale.
« Un oggetto qualunque – scriveva il Leopardi -, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica affatto a vederla, perché il presente, qual ch´egli sia, non può essere poetico ». Tutta la poesia del grande recanatese era fondata sull´idea che tutto ciò che è lontano nello spazio e nel tempo, ciò che si connette all´infanzia, è fonte non solo di poesia ma anche di piacere, di quel piacere sottile dell´anima a cui l´uomo non può rinunciare. Il ricordo – la "rimembranza", come la definiva il Leopardi – è parte essenziale della vita dell´uomo, perché l´uomo ha bisogno non solo di vivere consapevolmente il presente e di progettare il suo futuro, ma anche di proiettarsi nel passato. « Noi nuotiamo nel passato come i pesci nell´acqua – sono parole dello storico Eric Hobsbawm -: non possiamo sfuggirgli ».
Ma questa memoria individuale sempre più si intreccia con quella collettiva, con la memoria sociale, con la memoria storica. Qualsiasi ricordo della nostra infanzia – un´infanzia fatta di poche e povere cose - è quasi il piccolo grafico di una fase della società, il fotogramma ideale di un momento della civiltà contadina siciliana. Difatti, « la memoria – dice lo studioso Jean Pierre Vernant – rappresenta una difficile invenzione, la progressiva conquista, cioè, da parte dell´uomo, del suo passato individuale, così come la storia costituisce per il gruppo sociale la conquista del suo passato collettivo ».
D´altra parte, proprio il Vernant assieme ad altri studiosi, predilige la "microstoria", che privilegia appunto i piccoli avvenimenti delle più piccole comunità, e ricostruisce, in stretta collaborazione con l´etnografia, la storia delle feste, dei rituali, degli atteggiamenti mentali, delle tradizioni popolari. "Etnostoria" è il nome di questo modo nuovo di fare storia.
Se la memoria collettiva è « ciò che resta del passato nel vissuto dei gruppi » (Pierre Nora), la memoria individuale è ciò che resta del passato nel "vissuto" di un individuo o di un piccolo nucleo sociale: i due "vissuti" sono strettamente collegati. E come per l´individuo esistono i fenomeni della "rimozione" e della "censura", cioè quelli che psicologi e psicanalisti chiamano « i silenzi della memoria » - meccanismi inconsci con cui l´uomo ´dimentica´ le cose sgradevoli del suo vissuto -, così esiste il pericolo degli oblii, dei ´silenzi´ della storia, che sono vere e proprie manipolazioni –operate dai detentori del potere – della memoria collettiva.
Se così stanno le cose, il recupero memoriale da cui sono partite le nostre riflessioni – un recupero capillare, meticoloso e quasi ossessivo promosso spesso e gestito dai responsabili di iniziative pubbliche – è indice, al contrario, di una ´loquacità´ memoriale che bene esprime il profondo malessere di una società malata e in crisi che si volta indietro verso il rassicurante passato (rassicurante in quanto certo e ormai definito e definitivo), piuttosto che proiettarsi verso un futuro nebuloso, incerto e inquietante.
La società siciliana, che pure non ha conosciuto direttamente l´effetto stravolgente dell´industrializzazione – demolitrice dei principi e dei valori del passato -, in questi ultimi decenni ha tuttavia importato, assimilato e fatto propri i modelli di vita delle civiltà più tecnologiche.
Soffriamo, noi siciliani, quasi di una perdita di identità, di un violento sradicamento culturale, senza avere avuto i vantaggi (benessere diffuso, occupazione, sviluppo, ecc.) della cosiddetta civiltà industriale. Cerchiamo, smarriti, il senso del nostro inquieto presente. Rimpiangiamo, delusi, momenti di una vita individuale e collettiva, quella "di una volta", più improntata alla solidarietà e al rispetto di vincoli atavici.
FRANCESCO EREDDIA
Uomini e fatti senza tempo
E´ a partire dall´ultimo ventennio del Novecento che in Sicilia e un po´ ovunque nel mondo c´è come una frenesia collettiva: ripeschiamo oggetti e oggettini "della nonna", antiche foto, vecchie cartoline e tutto quello che può restituirci il sapore del passato. C´è come un´inquietante, ma tuttavia sempre più diffusa, istintiva, affascinante e irrinunciabile spinta a voltarsi indietro e a tuffarsi nel passato .
Le mostre di antiche foto – i luoghi della memoria – o di vecchi manifesti, i mercatini delle pulci, i musei etnografici, piccoli o grandi, simboli di una civiltà contadina ormai definitivamente scomparsa. Sono oggi queste le forme attraverso le quali si concretizza, a livello individuale e collettivo, il recupero memoriale. E poi c´è il ritorno della moda anni Settanta, il vintage, etc. etc.
Ciascuno di noi si porta dentro un cumulo di memorie, di ricordi, di odori, sapori, colori. «Il giardino in cui siamo vissuti da bambini – sono parole di Marcel Proust - non c´è bisogno di viaggiare per rivederlo, basta, per ritrovarlo, scendere al fondo di noi stessi».
Ogni anno riviviamo la festa – ci riferiamo soprattutto al Natale – attraverso il filtro del ricordo dell´infanzia e della memoria: ricordo toccante, memoria struggente, mito rivitalizzante che ogni anno ci è concesso di rivivere e che puntualmente, ogni anno ritorna. In questo consiste la memoria individuale.
« Un oggetto qualunque – scriveva il Leopardi -, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bella che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetica affatto a vederla, perché il presente, qual ch´egli sia, non può essere poetico ». Tutta la poesia del grande recanatese era fondata sull´idea che tutto ciò che è lontano nello spazio e nel tempo, ciò che si connette all´infanzia, è fonte non solo di poesia ma anche di piacere, di quel piacere sottile dell´anima a cui l´uomo non può rinunciare. Il ricordo – la "rimembranza", come la definiva il Leopardi – è parte essenziale della vita dell´uomo, perché l´uomo ha bisogno non solo di vivere consapevolmente il presente e di progettare il suo futuro, ma anche di proiettarsi nel passato. « Noi nuotiamo nel passato come i pesci nell´acqua – sono parole dello storico Eric Hobsbawm -: non possiamo sfuggirgli ».
Ma questa memoria individuale sempre più si intreccia con quella collettiva, con la memoria sociale, con la memoria storica. Qualsiasi ricordo della nostra infanzia – un´infanzia fatta di poche e povere cose - è quasi il piccolo grafico di una fase della società, il fotogramma ideale di un momento della civiltà contadina siciliana. Difatti, « la memoria – dice lo studioso Jean Pierre Vernant – rappresenta una difficile invenzione, la progressiva conquista, cioè, da parte dell´uomo, del suo passato individuale, così come la storia costituisce per il gruppo sociale la conquista del suo passato collettivo ».
D´altra parte, proprio il Vernant assieme ad altri studiosi, predilige la "microstoria", che privilegia appunto i piccoli avvenimenti delle più piccole comunità, e ricostruisce, in stretta collaborazione con l´etnografia, la storia delle feste, dei rituali, degli atteggiamenti mentali, delle tradizioni popolari. "Etnostoria" è il nome di questo modo nuovo di fare storia.
Se la memoria collettiva è « ciò che resta del passato nel vissuto dei gruppi » (Pierre Nora), la memoria individuale è ciò che resta del passato nel "vissuto" di un individuo o di un piccolo nucleo sociale: i due "vissuti" sono strettamente collegati. E come per l´individuo esistono i fenomeni della "rimozione" e della "censura", cioè quelli che psicologi e psicanalisti chiamano « i silenzi della memoria » - meccanismi inconsci con cui l´uomo ´dimentica´ le cose sgradevoli del suo vissuto -, così esiste il pericolo degli oblii, dei ´silenzi´ della storia, che sono vere e proprie manipolazioni –operate dai detentori del potere – della memoria collettiva.
Se così stanno le cose, il recupero memoriale da cui sono partite le nostre riflessioni – un recupero capillare, meticoloso e quasi ossessivo promosso spesso e gestito dai responsabili di iniziative pubbliche – è indice, al contrario, di una ´loquacità´ memoriale che bene esprime il profondo malessere di una società malata e in crisi che si volta indietro verso il rassicurante passato (rassicurante in quanto certo e ormai definito e definitivo), piuttosto che proiettarsi verso un futuro nebuloso, incerto e inquietante.
La società siciliana, che pure non ha conosciuto direttamente l´effetto stravolgente dell´industrializzazione – demolitrice dei principi e dei valori del passato -, in questi ultimi decenni ha tuttavia importato, assimilato e fatto propri i modelli di vita delle civiltà più tecnologiche.
Soffriamo, noi siciliani, quasi di una perdita di identità, di un violento sradicamento culturale, senza avere avuto i vantaggi (benessere diffuso, occupazione, sviluppo, ecc.) della cosiddetta civiltà industriale. Cerchiamo, smarriti, il senso del nostro inquieto presente. Rimpiangiamo, delusi, momenti di una vita individuale e collettiva, quella "di una volta", più improntata alla solidarietà e al rispetto di vincoli atavici.
FRANCESCO EREDDIA