" JIHĀD E JIZYA NELLA SICILIA ISLAMICA: FRA GUERRA SANTA E TOLLERANZA RELIGIOSA " DEL PROF. FRANCESCO EREDDIA.

" Ma poiché da noi, proprio come dal popolo d´Israele, si peccò contro Dio, e bevemmo il calice della collera divina, che un tempo Israele bevve, siamo stati conquistati, dopo aver sopportato penosamente una lunga fame cibandoci di erbe, dopo aver messo in bocca, spinti dal bisogno, tutte le cose più immonde. Ché anzi, dopo esserci cibati di cuoio e pelli di buoi e di tutte le altre cose che si pensava potessero recare un qualche ristoro a noi consunti dalla fame, eravamo arrivati persino a cibarci dei figli (atto sacrilego, che dovrebbe esser passato sotto silenzio!), né avevamo provato ripugnanza a mangiare carne umana (spettacolo orribile!) ".
Il 21 maggio dell´anno 878 Siracusa veniva conquistata, saccheggiata, smantellata e data alle fiamme: così tramontava in Sicilia il dominio bizantino. Il terribile racconto degli ultimi giorni di Siracusa, nonché delle efferate stragi seguite all´espugnazione, lo dobbiamo al monaco bizantino Teodosio: il testo era stato redatto in greco e custodito in un codice del monastero di San Salvatore a Messina.
Ma già cinquant´anni prima – nell´827, data con la quale si fa iniziare la dominazione araba in Sicilia, che si protrasse fino al 1061 - la città era stata occupata dalle forze islamiche.
Nell´827, infatti, l´imperatore di Bisanzio si era trovato alle prese con una rivolta popolare capeggiata da un certo Eufemio che, occupata Siracusa, si era fatto nominare imperatore e aveva imposto il suo governo. In Sicilia la situazione si era talmente deteriorata da concludersi in una ribellione capeggiata da uno di quegli ambiziosi comandanti che pullulavano sempre nell´impero bizantino. L´imperatore Michele II, allora, ordinò l´arresto di Eufemio, il quale, per far fronte ai contrasti interni e alla reazione bizantina, chiese aiuto all´emiro aglabita Ziydat Allah. L´emiro inviò un corpo di spedizione comandato da Asad ibn-al Furat e diretto in Sicilia. Con questa spedizione gli Arabi, a differenza delle azioni precedenti che si erano sempre risolte in semplici razzie, erano decisi a insediarsi nell´isola. Era la " jihad ", la "guerra santa" contro gli ´infedeli´ dell´Occidente. Sbarcato a Mazara il 16 giugno 827, Asad ebbe un primo scontro vittorioso con le truppe bizantine, quindi puntò su Siracusa.
Le fonti arabe – afferma Michele Amari nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia (1872) - dicono che " Asad ratto percorse la strada romana della costiera meridionale, com´ei pare, fino alla foce del Salso o poc´oltre; donde poi pigliò la via dei monti che mena a Siracusa per Biscari, Chiaramonte e Palazzolo, l´antica Acri ". Dal tempo dei greci e dei romani, e fino a tempi ben più recenti, c´erano due strade che collegavano la Sicilia occidentale a quella orientale, e cioè Agrigento a Siracusa. Una delle due era la via costiera, conosciuta fin dal tempo della spedizione ateniese a Siracusa col nome di "Via Elorina", che portava da Agrigento a Siracusa attraverso Licata, Gela, Foce del Dirillo, Mogghi, Cava Albanello, Arciarito, Scoglitti, Cammarana, Rifriscolaro, S. Croce, Foce dell´Irminio, Donnalucata, Scicli, Sampieri, Pozzallo, Porto Palo, Pachino, Avola. Evidentemente Asad prese invece la via interna ( " la via dei monti "), chiamata "Selinuntina", che da Agrigento conduceva a Siracusa attraverso Licata, Butera e Niscemi: qui la strada guadava il Dirillo nei pressi di Biscari e, attraverso la Serra di S. Bartolo e il territorio di Vittoria, puntava su Comiso e Ibla Heraia (Ragusa) e poi, scendendo nella valle dell´Irminio, raggiungeva Monte Casale (presso Giarratana), passava per Acre (oggi Palazzolo Acreide) e quindi, lungo la valle dell´Anapo e passando per Bagni e Floridia, giungeva a Siracusa.
Nell´848 cadde in mano musulmana Ragusa, importante fortezza bizantina, e nell´estate dell´853 " fu – dice l´Amari - presa Camarina, o gli abitanti che ritenean quel classico nome ". In pochi anni la regione camarinese (destinata a diventare alcuni secoli dopo contea di Modica) cadde sotto la dominazione araba, come peraltro nell´arco di alcuni decenni l´intera Sicilia. Con il tremendo assedio e la conquista di Siracusa dell´878, infatti, con cui abbiamo dato inizio a questo nostro excursus, si concludeva l´opera di conquista islamica dell´isola.
Il IX e il X secolo videro in tutta l´isola la straordinaria fioritura della civiltà islamica, che era il risultato di molteplici culture. Grazie agli intellettuali di lingua araba e di religione musulmana, che commentarono e tradussero le opere della cultura greca classica (filosofia, medicina, matematica, astronomia, storiografia), la Sicilia – ma anche l´intero Occidente- riuscì a superare il vuoto di cultura e di civiltà che la crisi dell´impero romano e le dominazioni barbariche avevano provocato e che la restaurazione bizantina non era stata in grado di colmare. La Spagna meridionale e la Sicilia furono i due grandi centri della civiltà islamica in Occidente.
In materia religiosa, poi, i musulmani si dimostrarono molto tolleranti: i vinti (cristiani ed ebrei) potevano rimanere fedeli alle loro convinzioni religiose purché pagassero un tributo ( " jizya ").
Ai Musulmani, inoltre, si deve la prima introduzione delle tecniche per l´accumulazione, la conservazione e la distribuzione delle acque per l´irrigazione. Queste fondamentali innovazioni sopravvivono ancora oggi e mantengono nel dialetto l´originaria denominazione araba degli elementi: i serbatoi a vasca (sic. "gebbia", dall´ar. ´djeb´), i canali di distribuzione ("catusu", da ´qadus´; "saia", da ´saqiah´), i pozzi a ruota ("senia", da ´saniyah´). Essi introdussero, infatti, nuove colture, come il cotone e la canna da zucchero, e incentivarono la coltivazione e la produzione degli alberi da frutto, degli agrumi, del lino in prossimità dei fiumi (come ad es. nella Valle dell´Ippari) e perfino delle piante aromatiche. Crearono molti nuovi casali soprattutto nella parte interna dell´isola (il prefisso ´rahal´, "casale", è presente in parecchi toponimi, quali ad es. Racalmuto e Regalbuto), per un migliore sfruttamento e un´ottimale valorizzazione dei seminativi e dei cereali.
Tante contrade agricole di quella che sarà la contea di Modica recano nel nome la loro origine araba: Favaragghi (´fawarah´, "sorgente"), Margi (´margah´, "palude"), Maccuna (´maqul´, "macchia, spineto"), Buffa (´wuta´, "prateria"), Nìscima (´´hasis´, "pascolo"), Giummarrito (´gummar´, "palma nana"), Gisìra (´gazirah´, "scoglio nel greto d´un fiume), Sciannacaporale/Cannicaporale (´´ayn´, "sorgente", e ´handaq´, "fossato"), Inferno (´fern´, "mulino"), Surdi (´sud´, "sulla", una leguminosa), Donnalucata (´ayn ´al auqat´, "fontana delle ore"), Cannicarao (´ayn al Koran´, "fonte del Corano"), Capo Scalambri/Rasacambra (´ras al-kr.bi´, "Punta Secca"), Comiso (´hums´, "quinta parte" delle terre confiscate), Canziria (´hanzir´, "maiale"), Anisarca (´ayn az-zarqa´, "sorgente azzurra"), etc.
Risale probabilmente al secolo IX la ripartizione del territorio dell´isola in tre Valli: quello occidentale di Mazara, limitato ad est dal fiume Salso e ad Ovest dalle Madonie; il Val Démone, che comprendeva la cresta nord-orientale delle Madonie e dei Nebrodi e i bacini interni del Simeto e del Salso; il Val di Noto, che comprendeva la cuspide meridionale delimitata dal Salso, ad ovest, e dal Simeto, a nord-est.
Ancora, si devono agli arabi la bonifica e la ricolonizzazione di molte terre, nonché il ridimensionamento dei patrimoni fondiari sviluppatisi in età tardo romana e bizantina e lo sviluppo della piccola proprietà contadina. Infatti, i principi del Corano sulla proprietà terriera e sulle successioni ereditarie - secondo cui proprietario di un podere diventava chi lo dissodava e coltivava, e ogni proprietà terriera andava ripartita secondo precisi criteri fra tutti gli eredi – comportarono l´eliminazione della piaga del latifondo e produssero uno straordinario miglioramento delle condizioni agrarie dell´isola.
Così, dopo tanti secoli la regione camarinese, e soprattutto la vasta e pianeggiante fascia ´mesopotamica´ compresa fra l´Ippari e il Dirillo (territorio della futura Vittoria) - vero e proprio polmone verde dell´intera regione - ritornava a quel sistema agrario basato su poderi di modeste proporzioni e inaugurato dai greci di Camarina che per primi l´avevano colonizzata.
FRANCESCO EREDDIA
Il 21 maggio dell´anno 878 Siracusa veniva conquistata, saccheggiata, smantellata e data alle fiamme: così tramontava in Sicilia il dominio bizantino. Il terribile racconto degli ultimi giorni di Siracusa, nonché delle efferate stragi seguite all´espugnazione, lo dobbiamo al monaco bizantino Teodosio: il testo era stato redatto in greco e custodito in un codice del monastero di San Salvatore a Messina.
Ma già cinquant´anni prima – nell´827, data con la quale si fa iniziare la dominazione araba in Sicilia, che si protrasse fino al 1061 - la città era stata occupata dalle forze islamiche.
Nell´827, infatti, l´imperatore di Bisanzio si era trovato alle prese con una rivolta popolare capeggiata da un certo Eufemio che, occupata Siracusa, si era fatto nominare imperatore e aveva imposto il suo governo. In Sicilia la situazione si era talmente deteriorata da concludersi in una ribellione capeggiata da uno di quegli ambiziosi comandanti che pullulavano sempre nell´impero bizantino. L´imperatore Michele II, allora, ordinò l´arresto di Eufemio, il quale, per far fronte ai contrasti interni e alla reazione bizantina, chiese aiuto all´emiro aglabita Ziydat Allah. L´emiro inviò un corpo di spedizione comandato da Asad ibn-al Furat e diretto in Sicilia. Con questa spedizione gli Arabi, a differenza delle azioni precedenti che si erano sempre risolte in semplici razzie, erano decisi a insediarsi nell´isola. Era la " jihad ", la "guerra santa" contro gli ´infedeli´ dell´Occidente. Sbarcato a Mazara il 16 giugno 827, Asad ebbe un primo scontro vittorioso con le truppe bizantine, quindi puntò su Siracusa.
Le fonti arabe – afferma Michele Amari nella sua Storia dei Musulmani di Sicilia (1872) - dicono che " Asad ratto percorse la strada romana della costiera meridionale, com´ei pare, fino alla foce del Salso o poc´oltre; donde poi pigliò la via dei monti che mena a Siracusa per Biscari, Chiaramonte e Palazzolo, l´antica Acri ". Dal tempo dei greci e dei romani, e fino a tempi ben più recenti, c´erano due strade che collegavano la Sicilia occidentale a quella orientale, e cioè Agrigento a Siracusa. Una delle due era la via costiera, conosciuta fin dal tempo della spedizione ateniese a Siracusa col nome di "Via Elorina", che portava da Agrigento a Siracusa attraverso Licata, Gela, Foce del Dirillo, Mogghi, Cava Albanello, Arciarito, Scoglitti, Cammarana, Rifriscolaro, S. Croce, Foce dell´Irminio, Donnalucata, Scicli, Sampieri, Pozzallo, Porto Palo, Pachino, Avola. Evidentemente Asad prese invece la via interna ( " la via dei monti "), chiamata "Selinuntina", che da Agrigento conduceva a Siracusa attraverso Licata, Butera e Niscemi: qui la strada guadava il Dirillo nei pressi di Biscari e, attraverso la Serra di S. Bartolo e il territorio di Vittoria, puntava su Comiso e Ibla Heraia (Ragusa) e poi, scendendo nella valle dell´Irminio, raggiungeva Monte Casale (presso Giarratana), passava per Acre (oggi Palazzolo Acreide) e quindi, lungo la valle dell´Anapo e passando per Bagni e Floridia, giungeva a Siracusa.
Nell´848 cadde in mano musulmana Ragusa, importante fortezza bizantina, e nell´estate dell´853 " fu – dice l´Amari - presa Camarina, o gli abitanti che ritenean quel classico nome ". In pochi anni la regione camarinese (destinata a diventare alcuni secoli dopo contea di Modica) cadde sotto la dominazione araba, come peraltro nell´arco di alcuni decenni l´intera Sicilia. Con il tremendo assedio e la conquista di Siracusa dell´878, infatti, con cui abbiamo dato inizio a questo nostro excursus, si concludeva l´opera di conquista islamica dell´isola.
Il IX e il X secolo videro in tutta l´isola la straordinaria fioritura della civiltà islamica, che era il risultato di molteplici culture. Grazie agli intellettuali di lingua araba e di religione musulmana, che commentarono e tradussero le opere della cultura greca classica (filosofia, medicina, matematica, astronomia, storiografia), la Sicilia – ma anche l´intero Occidente- riuscì a superare il vuoto di cultura e di civiltà che la crisi dell´impero romano e le dominazioni barbariche avevano provocato e che la restaurazione bizantina non era stata in grado di colmare. La Spagna meridionale e la Sicilia furono i due grandi centri della civiltà islamica in Occidente.
In materia religiosa, poi, i musulmani si dimostrarono molto tolleranti: i vinti (cristiani ed ebrei) potevano rimanere fedeli alle loro convinzioni religiose purché pagassero un tributo ( " jizya ").
Ai Musulmani, inoltre, si deve la prima introduzione delle tecniche per l´accumulazione, la conservazione e la distribuzione delle acque per l´irrigazione. Queste fondamentali innovazioni sopravvivono ancora oggi e mantengono nel dialetto l´originaria denominazione araba degli elementi: i serbatoi a vasca (sic. "gebbia", dall´ar. ´djeb´), i canali di distribuzione ("catusu", da ´qadus´; "saia", da ´saqiah´), i pozzi a ruota ("senia", da ´saniyah´). Essi introdussero, infatti, nuove colture, come il cotone e la canna da zucchero, e incentivarono la coltivazione e la produzione degli alberi da frutto, degli agrumi, del lino in prossimità dei fiumi (come ad es. nella Valle dell´Ippari) e perfino delle piante aromatiche. Crearono molti nuovi casali soprattutto nella parte interna dell´isola (il prefisso ´rahal´, "casale", è presente in parecchi toponimi, quali ad es. Racalmuto e Regalbuto), per un migliore sfruttamento e un´ottimale valorizzazione dei seminativi e dei cereali.
Tante contrade agricole di quella che sarà la contea di Modica recano nel nome la loro origine araba: Favaragghi (´fawarah´, "sorgente"), Margi (´margah´, "palude"), Maccuna (´maqul´, "macchia, spineto"), Buffa (´wuta´, "prateria"), Nìscima (´´hasis´, "pascolo"), Giummarrito (´gummar´, "palma nana"), Gisìra (´gazirah´, "scoglio nel greto d´un fiume), Sciannacaporale/Cannicaporale (´´ayn´, "sorgente", e ´handaq´, "fossato"), Inferno (´fern´, "mulino"), Surdi (´sud´, "sulla", una leguminosa), Donnalucata (´ayn ´al auqat´, "fontana delle ore"), Cannicarao (´ayn al Koran´, "fonte del Corano"), Capo Scalambri/Rasacambra (´ras al-kr.bi´, "Punta Secca"), Comiso (´hums´, "quinta parte" delle terre confiscate), Canziria (´hanzir´, "maiale"), Anisarca (´ayn az-zarqa´, "sorgente azzurra"), etc.
Risale probabilmente al secolo IX la ripartizione del territorio dell´isola in tre Valli: quello occidentale di Mazara, limitato ad est dal fiume Salso e ad Ovest dalle Madonie; il Val Démone, che comprendeva la cresta nord-orientale delle Madonie e dei Nebrodi e i bacini interni del Simeto e del Salso; il Val di Noto, che comprendeva la cuspide meridionale delimitata dal Salso, ad ovest, e dal Simeto, a nord-est.
Ancora, si devono agli arabi la bonifica e la ricolonizzazione di molte terre, nonché il ridimensionamento dei patrimoni fondiari sviluppatisi in età tardo romana e bizantina e lo sviluppo della piccola proprietà contadina. Infatti, i principi del Corano sulla proprietà terriera e sulle successioni ereditarie - secondo cui proprietario di un podere diventava chi lo dissodava e coltivava, e ogni proprietà terriera andava ripartita secondo precisi criteri fra tutti gli eredi – comportarono l´eliminazione della piaga del latifondo e produssero uno straordinario miglioramento delle condizioni agrarie dell´isola.
Così, dopo tanti secoli la regione camarinese, e soprattutto la vasta e pianeggiante fascia ´mesopotamica´ compresa fra l´Ippari e il Dirillo (territorio della futura Vittoria) - vero e proprio polmone verde dell´intera regione - ritornava a quel sistema agrario basato su poderi di modeste proporzioni e inaugurato dai greci di Camarina che per primi l´avevano colonizzata.
FRANCESCO EREDDIA