LA RUBRICA DI " KAIROS " - " CHE SIA BENEDETTA ... "QUESTA RESILIENZA" DELLA DOTT/SSA STELLA MORANA
All´ultimo festival di Sanremo la canzone di Fiorella Mannoia "Che sia Benedetta", ha riscosso molto successo, una canzone che in tanti hanno definito un inno alla vita. Così - incuriosita – ne ho letto il testo e in effetti mi risuona come una canzone davvero positiva. In particolare, alcuni passaggi – a mio avviso – sono degni di attenzione: "Ho sbagliato tante volte nella vita / Chissà quante volte ancora sbaglierò / [...]/ Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta / Per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta / Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta [... ] A chi trova se stesso nel proprio coraggio /A chi nasce ogni giorno e comincia il suo viaggio / A chi lotta da sempre e sopporta il dolore / A chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero ."
Mi piace quando la cantante insiste sul "tenersela stretta" sul" per quanto possa sembrare incoerente, se cadi la vita ti aspetta" ma soprattutto quando dice "a chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero".
Poesia. Positività. Resilienza.
Quando parliamo di resilienza, in psicologia, facciamo riferimento a quella specifica capacità degli esseri umani di resistere alle difficoltà della vita senza farsene travolgere, di riuscire ad affrontare situazioni problematiche e complicate senza poi sentirsi stressati ed esauriti, piuttosto rinforzati e migliorati.
Nell´attuale momento storico, noi tutti – famiglie e società comprese - ci troviamo ad essere tartassati da pressioni e incertezze legate a cambiamenti di natura economica, politica, sociale ed ambientale. Diciamocelo... mai come in questo periodo è fondamentale credere nell´idea che l´individuo e le famiglie posseggono le potenzialità per adattarsi, autorigenerarsi e crescere.
La resilienza é dunque molto piú della semplice capacitá di resistere agli eventi stressanti; la resilienza è prima di tutto propositività, è la possibilitá di reagire positivamente, è la capacitá di usare l´esperienza nata da situazioni difficili per costruire il futuro. Essa è quindi un processo attivo di resistenza, di autoriparazione che smitizza l´idea, ahimè molto diffusa, secondo cui un trauma precoce o grave non possa risolversi e che le esperienze negative peseranno per sempre sulla "vittima" che ne uscirà danneggiata e/o marchiata a vita.
Ci tengo a precisare che quando parlo di "attuale momento storico" non intendo dire che la resilienza sia una caratteristica "moderna", una competenza che va "di moda" adesso; essa è antica, quanto antico è l´essere umano. Fin dalle epoche più remote, infatti, gli uomini si sono distinti per la propria spiccata capacità di sopravvivere a disastri naturali, guerre, e a ogni sorta di carestia o malattia. È storicamente dimostrato che nei momenti di stragi mondiali e di genocidi, l´uomo "caduto si rialza". È come se fossimo, sotto certi aspetti, "programmati" per resistere e superare le sciagure, per convivere quotidianamente con lo stress, al punto che potremmo dire che piuttosto che la fragilità, è proprio la resilienza la caratteristica più naturale dell´uomo.
Anche se all´inizio la resilienza è stata studiata guardando al singolo individuo, alla sua forza, alla sua capacità di dominare le avversità (un superman per intenderci) adesso invece, è di dominio pubblico pensare alla resilienza come una caratteristica strettamente sistemica, cioè che tiene conto dei contesti relazionali in cui è inserita la persona, che possono facilitarla o ostacolarla (un superman che per fare quello che fa ha bisogno della sua famiglia e dei suoi amici!). Dopo il trauma, dunque è ancora possibile una ripresa evolutiva, ma è necessario lavorare con la persona e contemporaneamente con il suo ambiente familiare di appartenenza.
Non è semplice essere resilienti perché bisogna permettere alle proprie ferite di rimarginarsi, è fondamentale sintonizzarsi sul proprio dolore consentendogli di risolversi, abbandonando così i sentimenti di rabbia e di recriminazione.
Mi piace concludere questo articolo riportando alcune delle frasi scritte da Dan Short e Casula (2004): resiliente è chi sa reggere le difficoltà senza disperarsi, resiliente è chi ama la vita e coltiva una virtù che modera e limita i timori di morte, di fallimento, di distruzione. Resilienza è anche fare i conti con la propria impotenza, vincere la paura del domani. Resilienza è un antidoto a qualsiasi tentativo di rassegnazione e di abbandono al destino, alla tragicità o alla fatalità della superiorità degli eventi sulla persona. È la capacità di accettare le ferite nella lotta per la realizzazione di se stessi che richiede saggezza, discernimento per non essere confusa con slancio cieco, irresponsabilità e incoscienza.
Al prossimo articolo!
dott/ssa Stella Morana
Mi piace quando la cantante insiste sul "tenersela stretta" sul" per quanto possa sembrare incoerente, se cadi la vita ti aspetta" ma soprattutto quando dice "a chi ha perso tutto e riparte da zero perché niente finisce quando vivi davvero".
Poesia. Positività. Resilienza.
Quando parliamo di resilienza, in psicologia, facciamo riferimento a quella specifica capacità degli esseri umani di resistere alle difficoltà della vita senza farsene travolgere, di riuscire ad affrontare situazioni problematiche e complicate senza poi sentirsi stressati ed esauriti, piuttosto rinforzati e migliorati.
Nell´attuale momento storico, noi tutti – famiglie e società comprese - ci troviamo ad essere tartassati da pressioni e incertezze legate a cambiamenti di natura economica, politica, sociale ed ambientale. Diciamocelo... mai come in questo periodo è fondamentale credere nell´idea che l´individuo e le famiglie posseggono le potenzialità per adattarsi, autorigenerarsi e crescere.
La resilienza é dunque molto piú della semplice capacitá di resistere agli eventi stressanti; la resilienza è prima di tutto propositività, è la possibilitá di reagire positivamente, è la capacitá di usare l´esperienza nata da situazioni difficili per costruire il futuro. Essa è quindi un processo attivo di resistenza, di autoriparazione che smitizza l´idea, ahimè molto diffusa, secondo cui un trauma precoce o grave non possa risolversi e che le esperienze negative peseranno per sempre sulla "vittima" che ne uscirà danneggiata e/o marchiata a vita.
Ci tengo a precisare che quando parlo di "attuale momento storico" non intendo dire che la resilienza sia una caratteristica "moderna", una competenza che va "di moda" adesso; essa è antica, quanto antico è l´essere umano. Fin dalle epoche più remote, infatti, gli uomini si sono distinti per la propria spiccata capacità di sopravvivere a disastri naturali, guerre, e a ogni sorta di carestia o malattia. È storicamente dimostrato che nei momenti di stragi mondiali e di genocidi, l´uomo "caduto si rialza". È come se fossimo, sotto certi aspetti, "programmati" per resistere e superare le sciagure, per convivere quotidianamente con lo stress, al punto che potremmo dire che piuttosto che la fragilità, è proprio la resilienza la caratteristica più naturale dell´uomo.
Anche se all´inizio la resilienza è stata studiata guardando al singolo individuo, alla sua forza, alla sua capacità di dominare le avversità (un superman per intenderci) adesso invece, è di dominio pubblico pensare alla resilienza come una caratteristica strettamente sistemica, cioè che tiene conto dei contesti relazionali in cui è inserita la persona, che possono facilitarla o ostacolarla (un superman che per fare quello che fa ha bisogno della sua famiglia e dei suoi amici!). Dopo il trauma, dunque è ancora possibile una ripresa evolutiva, ma è necessario lavorare con la persona e contemporaneamente con il suo ambiente familiare di appartenenza.
Non è semplice essere resilienti perché bisogna permettere alle proprie ferite di rimarginarsi, è fondamentale sintonizzarsi sul proprio dolore consentendogli di risolversi, abbandonando così i sentimenti di rabbia e di recriminazione.
Mi piace concludere questo articolo riportando alcune delle frasi scritte da Dan Short e Casula (2004): resiliente è chi sa reggere le difficoltà senza disperarsi, resiliente è chi ama la vita e coltiva una virtù che modera e limita i timori di morte, di fallimento, di distruzione. Resilienza è anche fare i conti con la propria impotenza, vincere la paura del domani. Resilienza è un antidoto a qualsiasi tentativo di rassegnazione e di abbandono al destino, alla tragicità o alla fatalità della superiorità degli eventi sulla persona. È la capacità di accettare le ferite nella lotta per la realizzazione di se stessi che richiede saggezza, discernimento per non essere confusa con slancio cieco, irresponsabilità e incoscienza.
Al prossimo articolo!
dott/ssa Stella Morana