LA RUBRICA DI KAIROS - " FAME EMOTIVA VS FAME FISICA: DIMAGRIRE RIUSCENDO A GESTIRE LE EMOZIONI " DELLA DOTT/SSA STELLA MORANA.
"Cotto e mangiato", "Masterchef", "Bake off", "La prova del cuoco", la Clerici, la Parodi, cuochi che cucinano prelibatezze e ti insegnano a riprodurle perfettamente, torte, muffin, polli e tacchini ripieni. Facebook, whatsapp, auguri di buongiorno con caffè e cornetto, gruppi di mamme spesso definite "super" per le loro spiccate capacità culinarie. Alla radio Gino Paoli ci racconta di "4 amici al bar", banane e lamponi con Gianni Morandi, gelato al cioccolato con Pupo, roastbeef e frappè con Domenico Modugno, gelato al limon con Dalla e De Gregori.
Diciamoci la verità ... ovunque si parla di cibo! È il nostro chiodo fisso.
Così in preda a spasmi da fame emotiva e sconsolati perché tutto attorno a noi ci riconduce al cibo, si va in cucina, si apre il frigo o la dispensa e ... niente. Il resto è storia di vita quasi quotidiana.
È ormai risaputo che la quantità di cibo che assumiamo ogni giorno dipende in gran parte dall´ambiente a noi circostante. Mangiamo troppo spesso non per fame ma perché influenzati dalla famiglia, dagli amici, dalla grandezza delle confezioni e dei piatti, dalla pubblicità, da nomi, etichette, luci, colori, forme e odori. Una lista tanto infinita quanto invisibile. Già, proprio invisibile, perché – a dirla come Brian Wansink - la maggior parte di noi è beatamente inconsapevole dei fattori che incidono su quando, quanto e come mangiamo.
Ma procediamo per gradi.
Il cibo è da sempre un nostro interesse oltre che una necessità. Mangiamo per festeggiare, offriamo cibo per dare ospitalità, digiuniamo per onorare un precetto religioso (chi , tra voi, non ha rinunciato ai dolci nel periodo della Quaresima?). E´ chiaro, dunque, che tendiamo ad associare il cibo ad eventi sociali ed emotivi che non hanno nulla a che fare, in senso stretto, con la fame.
Che dire poi dei "comfort food" cioè i cibi che ci consolano? Divano, gelato, lacrime: scena classica da film (o vita reale?!?).
Questo comportamento, definito "emotional eating" (mangiare emotivo), è un modo di mangiare – spesso inconsapevole e automatico - nel quale il cibo ha lo scopo di farci stare meglio, aspettativa puntualmente disillusa. Il cibo non risolve i nostri bisogni emotivi, anzi li aggrava, perché ad essi si somma il senso di colpa per aver mangiato "troppo", per aver mangiato alimenti non necessari o addirittura, dannosi per la propria salute.
Va da sé che una situazione così complicata, fatta di bisogni emotivi e necessità fisiche, non si può risolvere seguendo semplicemente dei consigli alimentari. La maggior parte di coloro infatti che vogliono seguire una dieta o che sono costretti a farlo per cause mediche (celiaci, diabetici etc.), pur essendo informati su cosa mangiare e in quali quantità, sui cambiamenti che devono effettuare al loro regime alimentare, riportano comunque sconfortanti insuccessi.
Nel mondo la percentuale delle persone in sovrappeso è davvero molto elevata, e nonostante vengano spesi milioni e milioni in prodotti dimagranti "miracolosi", il dato non migliora, anzi, tende a peggiorare.
È chiaro che tendenzialmente esiste qualcosa che ci induce a mangiare anche quando non abbiamo fame.
Di diete restrittive ce ne sono tante, più o meno promettenti, che in molti hanno seguito, e se poi a farlo sono stati personaggi famosi, allora sì che diventano particolarmente efficaci. Abbiamo tutti sentito della sorella del cognato del cugino del nipote della zia che ha seguito una dieta ed è dimagrita velocemente. È stata bravissima: ha solo evitato di mangiare pane, pasta, dolci, frutta secca, formaggi, bibite gassate, succhi di frutta, cibandosi così solo di aria. Attenzione, non aria fritta perchè anche quella fa ingrassare, parliamo sempre di aria cotta a vapore! E così ha vissuto magra, felice e contenta.
Non illudetevi, tante persone comuni – quasi tutte - hanno iniziato una dieta e l´hanno interrotta nello sconforto. Poi ne hanno inziata un´altra, che gli ha fatto perdere qualche chilo, per poi riprenderlo, poi riperderlo e così via, fino all´avvilimento. Questo succede perché le diete restrittive spesso ci privano di alcuni alimenti, e questa deprivazione non fa altro che renderceli ancora più appetibili. Così durante la dieta ci sentiamo frustrati e quando la interrompiamo – per premiarci per la nostra bravura - finiamo per fare una scorpacciata di tutti i cibi "vietati".
Il risultato è la rinuncia. Rinunciamo per sempre a fare un´alimentazione sana pensando di non essere abbastanza in gamba per potercela fare.
È proprio in queste situazioni che un valido aiuto può essere fornito dallo Psicologo dell´alimentazione.
In qualità di psicologi interveniamo per aiutare le persone in difficoltà e, con l´aiuto di strumenti per "gestire le emozioni", facilitiamo il processo di comprensione dei meccanismi che ostacolano le persone nel raggiungimento dei loro obiettivi. Come psicologi dell´alimentazione cerchiamo di aiutare le persone a comprendere quali sono i fattori (automatici o motivati) che rendono difficile l´adesione ad uno stile alimentare salutare e necessario.
In quest´ottica il centro Kairòs organizza gruppi e percorsi individuali per aiutare le persone a capire cosa li spinge a fare quello che non vogliono fare: mangiare anche quando non vogliono, quando non devono, quando non hanno fame. Aiutiamo dunque ad acquisire specifiche strategie per riconoscere e imparare a gestire l´emotional eating ("se mi sento arrabbiata, mangio; se mi sento triste, mangio; se mi sento annoiata, mangio") ed external eating ("se vedo cibo, non riesco a non mangiarlo").
Pensare di poter perdere peso seguendo solo la dieta, senza tenere conto delle emozioni legate al cibo e al proprio modo di mangiare, ci rende perdenti in partenza. Il nostro rapporto col cibo è molto più della semplice conta delle calorie, di nutrienti e abbinamenti vari.
dott/ssa Stella Morana
Diciamoci la verità ... ovunque si parla di cibo! È il nostro chiodo fisso.
Così in preda a spasmi da fame emotiva e sconsolati perché tutto attorno a noi ci riconduce al cibo, si va in cucina, si apre il frigo o la dispensa e ... niente. Il resto è storia di vita quasi quotidiana.
È ormai risaputo che la quantità di cibo che assumiamo ogni giorno dipende in gran parte dall´ambiente a noi circostante. Mangiamo troppo spesso non per fame ma perché influenzati dalla famiglia, dagli amici, dalla grandezza delle confezioni e dei piatti, dalla pubblicità, da nomi, etichette, luci, colori, forme e odori. Una lista tanto infinita quanto invisibile. Già, proprio invisibile, perché – a dirla come Brian Wansink - la maggior parte di noi è beatamente inconsapevole dei fattori che incidono su quando, quanto e come mangiamo.
Ma procediamo per gradi.
Il cibo è da sempre un nostro interesse oltre che una necessità. Mangiamo per festeggiare, offriamo cibo per dare ospitalità, digiuniamo per onorare un precetto religioso (chi , tra voi, non ha rinunciato ai dolci nel periodo della Quaresima?). E´ chiaro, dunque, che tendiamo ad associare il cibo ad eventi sociali ed emotivi che non hanno nulla a che fare, in senso stretto, con la fame.
Che dire poi dei "comfort food" cioè i cibi che ci consolano? Divano, gelato, lacrime: scena classica da film (o vita reale?!?).
Questo comportamento, definito "emotional eating" (mangiare emotivo), è un modo di mangiare – spesso inconsapevole e automatico - nel quale il cibo ha lo scopo di farci stare meglio, aspettativa puntualmente disillusa. Il cibo non risolve i nostri bisogni emotivi, anzi li aggrava, perché ad essi si somma il senso di colpa per aver mangiato "troppo", per aver mangiato alimenti non necessari o addirittura, dannosi per la propria salute.
Va da sé che una situazione così complicata, fatta di bisogni emotivi e necessità fisiche, non si può risolvere seguendo semplicemente dei consigli alimentari. La maggior parte di coloro infatti che vogliono seguire una dieta o che sono costretti a farlo per cause mediche (celiaci, diabetici etc.), pur essendo informati su cosa mangiare e in quali quantità, sui cambiamenti che devono effettuare al loro regime alimentare, riportano comunque sconfortanti insuccessi.
Nel mondo la percentuale delle persone in sovrappeso è davvero molto elevata, e nonostante vengano spesi milioni e milioni in prodotti dimagranti "miracolosi", il dato non migliora, anzi, tende a peggiorare.
È chiaro che tendenzialmente esiste qualcosa che ci induce a mangiare anche quando non abbiamo fame.
Di diete restrittive ce ne sono tante, più o meno promettenti, che in molti hanno seguito, e se poi a farlo sono stati personaggi famosi, allora sì che diventano particolarmente efficaci. Abbiamo tutti sentito della sorella del cognato del cugino del nipote della zia che ha seguito una dieta ed è dimagrita velocemente. È stata bravissima: ha solo evitato di mangiare pane, pasta, dolci, frutta secca, formaggi, bibite gassate, succhi di frutta, cibandosi così solo di aria. Attenzione, non aria fritta perchè anche quella fa ingrassare, parliamo sempre di aria cotta a vapore! E così ha vissuto magra, felice e contenta.
Non illudetevi, tante persone comuni – quasi tutte - hanno iniziato una dieta e l´hanno interrotta nello sconforto. Poi ne hanno inziata un´altra, che gli ha fatto perdere qualche chilo, per poi riprenderlo, poi riperderlo e così via, fino all´avvilimento. Questo succede perché le diete restrittive spesso ci privano di alcuni alimenti, e questa deprivazione non fa altro che renderceli ancora più appetibili. Così durante la dieta ci sentiamo frustrati e quando la interrompiamo – per premiarci per la nostra bravura - finiamo per fare una scorpacciata di tutti i cibi "vietati".
Il risultato è la rinuncia. Rinunciamo per sempre a fare un´alimentazione sana pensando di non essere abbastanza in gamba per potercela fare.
È proprio in queste situazioni che un valido aiuto può essere fornito dallo Psicologo dell´alimentazione.
In qualità di psicologi interveniamo per aiutare le persone in difficoltà e, con l´aiuto di strumenti per "gestire le emozioni", facilitiamo il processo di comprensione dei meccanismi che ostacolano le persone nel raggiungimento dei loro obiettivi. Come psicologi dell´alimentazione cerchiamo di aiutare le persone a comprendere quali sono i fattori (automatici o motivati) che rendono difficile l´adesione ad uno stile alimentare salutare e necessario.
In quest´ottica il centro Kairòs organizza gruppi e percorsi individuali per aiutare le persone a capire cosa li spinge a fare quello che non vogliono fare: mangiare anche quando non vogliono, quando non devono, quando non hanno fame. Aiutiamo dunque ad acquisire specifiche strategie per riconoscere e imparare a gestire l´emotional eating ("se mi sento arrabbiata, mangio; se mi sento triste, mangio; se mi sento annoiata, mangio") ed external eating ("se vedo cibo, non riesco a non mangiarlo").
Pensare di poter perdere peso seguendo solo la dieta, senza tenere conto delle emozioni legate al cibo e al proprio modo di mangiare, ci rende perdenti in partenza. Il nostro rapporto col cibo è molto più della semplice conta delle calorie, di nutrienti e abbinamenti vari.
dott/ssa Stella Morana