LA RUBRICA DI KAIROS - " I CRIMINI FAMILIARI: NON SEMPRE C´E´ PATOLOGIA DIETRO IL DELITTO " DELLA DOTT7SSA MARIA LUISA COLOMBO
"Ottanta euro subito, altri mille promessi dopo il massacro. Sotto accusa il figlio della coppia e un amico. Ai due ragazzi è contestata l´aggravante della premeditazione, dopo un lungo interrogatorio i due sono crollati e hanno fatto trovare agli inquirenti i vestiti insanguinati e l´arma del delitto: un´ascia. All´uomo sono stati inferti tre colpi, alla donna sei. Le teste avvolte in sacchetti di plastica perché "non volevamo guardarli in faccia". La causa scatenante i rimproveri per il cattivo rendimento scolastico". (la Nuova Ferrara 11/01/2017)
Non è la prima volta che capita, molti di voi ricorderanno il caso di "Erika e Omar" che uccisero a coltellate madre e fratello di lei a Novi Ligure il 21 febbraio 2001 e se andiamo a ritroso nel tempo ne troveremo tanti altri più o meno famosi passati agli onori delle cronache.
Dal 1975 ad oggi il numero dei parenticidio è aumentato del 1.600%, una rabbia covata dentro da tempo che non sfocia in lite, ma in aggressività, fino ad arrivare ad uccidere.
La crescita del fenomeno si è riscontrata su tutto il paese, ma è nel nord che si rivela l´incremento più elevato. Non si tratta più di delitti da collegare a patologie psichiatriche dell´omicida, ma gesti compiuti per la maggior parte da giovanissimi (sotto i 20 anni) che hanno perso il senso della realtà a cui ne hanno sostituita un´altra falsa e senza memoria, fatta soprattutto di televisione violenta. Sono quasi sempre primogeniti o figli unici, senza una propria autonomia sia economica che personale, con rammarico e tristezza si prende nota del fatto che il benessere materiale e la sicurezza economica sono i fattori scatenanti, non si tratta di atti estremi, improvvisi, disperati ed esplosivi, ma di atti voluti e desiderati da tempo e quindi studiati e premeditati con estrema cura fin nei minimi particolari.
L´importanza della famiglia nella genesi dei comportamenti devianti è un fatto noto in psicologia e in criminologia. È risaputo come gli psicopatici, i tossicodipendenti, i criminali, per la maggior parte dei casi, provengano da famiglie disgregate, multiproblematiche in cui i sottili equilibri interni appaiono compromessi, e in cui si genera una notevole sofferenza e disagio per i bambini, che si trovano a crescere in un ambiente in cui invece di essere protetti si difendono dalle insidie e angosce di ogni tipo.
In ogni caso, è sempre possibile dimostrare un legame, se pur sottile, tra le relazioni affettive intrafamiliari e patologia mentale e, in casi estremi sempre in aumento, fra quest´ultimi e il reato.
La famiglia crogiuolo di affetti può trasformarsi in luogo di violenti ed efferati crimini, dove a farne le spese sono i figli da parte dei genitori, o i genitori da parte dei figli, quando questi sono più grandi.
Dalle ricerche condotte è emerso che in questi casi si ha a che fare con pazienti prevalentemente Schizofrenici e affetti da Disturbo di personalità, spesso complicati da doppia diagnosi. I dati Eures del 2004 mostrano un aumento degli omicidi all´interno del nucleo familiare, non tutti legati ad un disturbo mentale. Il dato che sconvolge di più è che questi episodi si verificano all´interno di famiglie "normali".
Al giorno d´oggi non si può più parlare di famiglia, non che sia una categoria scomparsa, ma non esistono più dei parametri stabili per identificarla. Per questo si preferisce parlare di "famiglie" da quelle unipersonali e monoparentali a quelle allungate comprendenti più di tre generazioni. Ognuno di noi concepisce la famiglia come vuole, stabilendo con i diversi membri che la compongono relazioni reciproche più o meno egualitarie, talvolta rispettose talvolta no.
Fra le tante famiglie che si trovano in circolazione quella che più preoccupa gli studiosi in materia è la famiglia atomizzata figlia della crisi economica e dai modelli imposti dai Mass Media, che seguono le logiche del consumismo sfrenato.
Nella famiglia atomizzata si finisce col non parlarsi più, con l´essere estraneo con l´altro pur vivendo insieme, la famiglia atomizzata appare con una "bella facciata", ma ne nasconde un´altra del tutto diversa dalla prima, in superficie tutto scorre, in realtà al suo interno ognuno vive tenendo per sé i problemi, ansie, dolori e così via.
Per capirci meglio, è come dire che si è dentro un supermercato, dove centinaia di persone affollano la cassa, e ognuno è estraneo all´altro. Ognuno è a sé!
Se a questo aggiungiamo la crisi di autorità, vediamo una famiglia incapace di promuovere e sostenere lo sviluppo sano dei figli. I figli "atomizzati" sono inclini al vizio e al vuoto di sé, predisposti al bisogno psicologico a rimanere delusi e incapaci di istaurare legami significativi con le persone.
A loro tutto è dovuto, poiché fin da piccoli sono stati abituati a sentirsi dire più Si che No. Non sono stati educati a gestire l´ansia né ad aver rispetto dell´altro. E allora cosa succede nel momento in cui qualcosa non è loro concessa?
Ecco come un 4 in matematica, un rifiuto della fidanzata, un lutto, una delusione amara li fa cadere in menzogne, in azioni distruttive e violente, nel crimine. Non è follia, ma pura violenza come soluzione del conflitto (Slepoj V. 2001). Se non si apprende la frustrazione, se non si è addestrati a non avere tutto, a non essere al centro del mondo, si affermano forme di affettività di tipo predatorio e alla prima difficoltà si uccide.
La cronaca quotidiana ci propone ogni giorno casi di violenza tra le mura domestiche, a dimostrazione del fatto che la famiglia non è solo luogo di maturazione, ma può anche trasformarsi in contenitore di violenza efferata.
Il crescente aumentare di questi episodi, deve spingere l´intera società a riflettere e ad impegnarsi a non limitare l´intervento alla sola prevenzione, sia essa primaria, secondaria e terziaria, rivolti in generale a tutta la popolazione ed in particolare a quelle situazioni dove il disagio familiare è tangibile o comunque facilmente intuibile. Perché, esaurito l´effetto mass-media, quello che rimane sarà il processo ad un´unica persona per verificarne la capacità di intendere e di volere, ma la responsabilità civile, morale e sociale di quello che accade continuerà a coinvolgere sempre tutti noi.
dott/ssa Maria Luisa Colombo
Non è la prima volta che capita, molti di voi ricorderanno il caso di "Erika e Omar" che uccisero a coltellate madre e fratello di lei a Novi Ligure il 21 febbraio 2001 e se andiamo a ritroso nel tempo ne troveremo tanti altri più o meno famosi passati agli onori delle cronache.
Dal 1975 ad oggi il numero dei parenticidio è aumentato del 1.600%, una rabbia covata dentro da tempo che non sfocia in lite, ma in aggressività, fino ad arrivare ad uccidere.
La crescita del fenomeno si è riscontrata su tutto il paese, ma è nel nord che si rivela l´incremento più elevato. Non si tratta più di delitti da collegare a patologie psichiatriche dell´omicida, ma gesti compiuti per la maggior parte da giovanissimi (sotto i 20 anni) che hanno perso il senso della realtà a cui ne hanno sostituita un´altra falsa e senza memoria, fatta soprattutto di televisione violenta. Sono quasi sempre primogeniti o figli unici, senza una propria autonomia sia economica che personale, con rammarico e tristezza si prende nota del fatto che il benessere materiale e la sicurezza economica sono i fattori scatenanti, non si tratta di atti estremi, improvvisi, disperati ed esplosivi, ma di atti voluti e desiderati da tempo e quindi studiati e premeditati con estrema cura fin nei minimi particolari.
L´importanza della famiglia nella genesi dei comportamenti devianti è un fatto noto in psicologia e in criminologia. È risaputo come gli psicopatici, i tossicodipendenti, i criminali, per la maggior parte dei casi, provengano da famiglie disgregate, multiproblematiche in cui i sottili equilibri interni appaiono compromessi, e in cui si genera una notevole sofferenza e disagio per i bambini, che si trovano a crescere in un ambiente in cui invece di essere protetti si difendono dalle insidie e angosce di ogni tipo.
In ogni caso, è sempre possibile dimostrare un legame, se pur sottile, tra le relazioni affettive intrafamiliari e patologia mentale e, in casi estremi sempre in aumento, fra quest´ultimi e il reato.
La famiglia crogiuolo di affetti può trasformarsi in luogo di violenti ed efferati crimini, dove a farne le spese sono i figli da parte dei genitori, o i genitori da parte dei figli, quando questi sono più grandi.
Dalle ricerche condotte è emerso che in questi casi si ha a che fare con pazienti prevalentemente Schizofrenici e affetti da Disturbo di personalità, spesso complicati da doppia diagnosi. I dati Eures del 2004 mostrano un aumento degli omicidi all´interno del nucleo familiare, non tutti legati ad un disturbo mentale. Il dato che sconvolge di più è che questi episodi si verificano all´interno di famiglie "normali".
Al giorno d´oggi non si può più parlare di famiglia, non che sia una categoria scomparsa, ma non esistono più dei parametri stabili per identificarla. Per questo si preferisce parlare di "famiglie" da quelle unipersonali e monoparentali a quelle allungate comprendenti più di tre generazioni. Ognuno di noi concepisce la famiglia come vuole, stabilendo con i diversi membri che la compongono relazioni reciproche più o meno egualitarie, talvolta rispettose talvolta no.
Fra le tante famiglie che si trovano in circolazione quella che più preoccupa gli studiosi in materia è la famiglia atomizzata figlia della crisi economica e dai modelli imposti dai Mass Media, che seguono le logiche del consumismo sfrenato.
Nella famiglia atomizzata si finisce col non parlarsi più, con l´essere estraneo con l´altro pur vivendo insieme, la famiglia atomizzata appare con una "bella facciata", ma ne nasconde un´altra del tutto diversa dalla prima, in superficie tutto scorre, in realtà al suo interno ognuno vive tenendo per sé i problemi, ansie, dolori e così via.
Per capirci meglio, è come dire che si è dentro un supermercato, dove centinaia di persone affollano la cassa, e ognuno è estraneo all´altro. Ognuno è a sé!
Se a questo aggiungiamo la crisi di autorità, vediamo una famiglia incapace di promuovere e sostenere lo sviluppo sano dei figli. I figli "atomizzati" sono inclini al vizio e al vuoto di sé, predisposti al bisogno psicologico a rimanere delusi e incapaci di istaurare legami significativi con le persone.
A loro tutto è dovuto, poiché fin da piccoli sono stati abituati a sentirsi dire più Si che No. Non sono stati educati a gestire l´ansia né ad aver rispetto dell´altro. E allora cosa succede nel momento in cui qualcosa non è loro concessa?
Ecco come un 4 in matematica, un rifiuto della fidanzata, un lutto, una delusione amara li fa cadere in menzogne, in azioni distruttive e violente, nel crimine. Non è follia, ma pura violenza come soluzione del conflitto (Slepoj V. 2001). Se non si apprende la frustrazione, se non si è addestrati a non avere tutto, a non essere al centro del mondo, si affermano forme di affettività di tipo predatorio e alla prima difficoltà si uccide.
La cronaca quotidiana ci propone ogni giorno casi di violenza tra le mura domestiche, a dimostrazione del fatto che la famiglia non è solo luogo di maturazione, ma può anche trasformarsi in contenitore di violenza efferata.
Il crescente aumentare di questi episodi, deve spingere l´intera società a riflettere e ad impegnarsi a non limitare l´intervento alla sola prevenzione, sia essa primaria, secondaria e terziaria, rivolti in generale a tutta la popolazione ed in particolare a quelle situazioni dove il disagio familiare è tangibile o comunque facilmente intuibile. Perché, esaurito l´effetto mass-media, quello che rimane sarà il processo ad un´unica persona per verificarne la capacità di intendere e di volere, ma la responsabilità civile, morale e sociale di quello che accade continuerà a coinvolgere sempre tutti noi.
dott/ssa Maria Luisa Colombo