´LATITANTI´ ECCELLENTI NELLA CONTEA DI MODICA del prof. Francesco Ereddia ( prima parte )
"Si fanno exito de Amm.ne in onze tridici et tarì duj, pagate a Francisco Martinez, tante per lui spese in portare certj carcerati della Vittoria di Monsignor vescovo a Syracusa, et stante per essere poveri et per venire al servitio del Signor Almirante. E fu nel mese di augusto".
Nel libro dei conti dell´amministratore G.Battista Dini, nella parte riservata alle uscite ("Exito") e fra le spese relative all´agosto 1609 veniva annotata anche la suddetta spesa ammontante a 13 onze e 2 tarì. Il Dini era l´amministratore personale del genovese Vincenzo Giustiniani, che aveva ottenuto in "arrendamento" (cioè, in appalto) tutta la gestione finanziaria ed economica della contea di Modica.
E´ opportuno premettere che, ottenuta da Vittoria Colonna nel 1607 la ratifica della "licentia populandi" da parte del re Filippo III, si era proceduto alla fondazione della "nuova terra della Vittoria" e all´assegnazione in enfiteusi di una salma di terra per ogni concessionario.
La nota alquanto sibillina sopra riportata dice di "certi carcerati della Vittoria di Monsignor Vescovo" da portare a Siracusa, ma di essi non viene dichiarata l´identità. Il fatto che vengano definiti "di Monsignor Vescovo" indica che quei detenuti non erano sotto la giurisdizione della Gran Corte Criminale della contea, bensì di pertinenza dell´autorità ecclesiastica. E questo, se da un lato esclude che fossero ricercati per furto, omicidio o altro crimine di questo genere (reati che erano di competenza del foro laico), dall´altro ci indirizza verso un reato che aveva a che fare con la morale e dunque rientrava nell´ eresia, la cui accezione si era estesa notevolmente dopo il Concilio di Trento. Infine, c´è un ultimo indizio che merita di essere approfondito: si dichiara che tutta l´operazione è stata fatta "per venire al servizio del Signor Almirante", cioè per venire incontro e addirittura fare un favore al conte (l´ adolescente Giovanni Alfonso Enriquez Cabrera, ancora in minore età e dunque sotto la tutela della madre Vittoria Colonna).
Prima di procedere nella nostra analisi, però, è opportuno fare qualche precisazione di carattere più generale.
Il Concilio di Trento appunto (1545-1563) aveva cambiato dottrina e procedura giudiziaria sui reati sessuali. Ogni comportamento difforme dai canoni ivi stabiliti è punito severamente; la conseguenza è che i tribunali inquisitoriali tornano, nei casi più gravi, a punizioni vicine a quelle dell´alto medioevo, che comminavano la pena di morte. Questi reati sessuali andavano dalla bigamia all´adulterio all´incesto allo stupro e alla sodomia, ed essi venivano giudicati e dal tribunale del Sant´Uffizio (che comminava pene durissime) e dal Foro vescovile di rito ordinario e di rito sommario(che era invece più indulgente).
Circa la bigamia i Canoni conciliari - avendo sancito per il matrimonio la sua funzione di unico status che consente la procreazione legittima della prole, l´indissolubilità del vincolo e la fedeltà coniugale - avevano stabilito, per coloro che avessero contravvenuto a questa dottrina, che trattandosi di un´eresia venisse comminata la scomunica, cioè l´allontanamento dalla Chiesa e dalla comunità dei fedeli. Comunque, tale reato poteva essere giudicato sia dal tribunale inquisitoriale che da quello vescovile.
Ritorniamo al nostro documento sui "carcerati della Vittoria". La parte finale è quella più interessante, e che ci spiega anche il motivo della voluta omissione dell´identità dei "prosecuti". In chiusura del rendiconto, infatti, si afferma:
"Li quali unzi 13 e tarì 2 si feciro pagare per essere detti proseguti poveri, e si non si havessiro agiutato in banerìa, possuto procedere maggior danno e la spopulatione di detta Vittoria, in grave interesse dello detto Almirante".
Si ribadisce che quella somma era stata impegnata sul bilancio dell´amministratore in quanto i ricercati erano privi di mezzi economici ("per essere detti proseguti poveri") e dunque non disponevano di beni da confiscare e con cui pagare quelle spese. Si tenga presente che proprio il reato di eresia appunto faceva scattare immediatamente la confisca dei beni degli accusati, con una parte dei quali si coprivano le spese relative al trasporto, alla detenzione, ecc.
E poi si aggiunge – e qui c´è il particolare più interessante - che, se non fossero stati aiutati nella loro condizione di "banditi", cioè colpiti da bando di cattura ("si non si havessiro agiutato in banerìa"), sarebbe sopravvenuto un danno economico ben più grave della somma spesa ("possuto procedere maggior danno"). Questa perdita economica per il conte ("in grave interesse dello detto Almirante") sarebbe consistita, come viene esplicitamente dichiarato, nella "spopulatione di detta Vittoria".
Come poteva accadere che una terra appena fondata, con un migliaio di abitanti sparpagliati per le numerosissime contrade del territorio assegnato, venisse "spopulata"? In effetti, questo sarebbe stato ben possibile di fronte a un´accusa di eresia. Infatti, si è già detto come i canoni del Concilio tridentino avessero rimesso in vigore le antiche decretali pontificie contro l´eresia risalenti all´età medievale, ed esse prevedevano durissime sanzioni anche "contro i difensori, ricettatori e fautori degli eretici". Dure anche le disposizioni per i detentori del potere che non avessero messo in atto queste disposizioni:
"Decretiamo che le stesse misure vengano prese dalle autorità e dai principi, i quali, se saranno per avventura negligenti nell´ottemperare a queste disposizioni, con ferma volontà ordiniamo che siano colpiti dalla censura ecclesiastica senza possibilità di appello".
Le conseguenze sul piano pratico erano che il capo di uno Stato (qual era il conte di Modica rappresentato dalla madre e tutrice Vittoria Colonna), che fosse incorso in questa durissima sanzione, veniva colpito da scomunica (detto anche "interdetto personale"), e altresì il luogo, in cui fosse stato consumato il delitto contro la Chiesa (nel nostro caso la "nuova terra della Vittoria"), veniva colpito dal cosiddetto "interdetto locale". L´intera comunità di una città o di un villaggio veniva privata dei sacramenti e della sepoltura ecclesiastica e ogni altra comunità vicina o lontana, che avesse intrattenuto anche semplici rapporti commerciali con quella, incorreva nell´interdetto. Come si vede, esso era ben in grado di decretare la morte civile di un intero agglomerato urbano. Di qui la paventata "spopulatione di detta Vittoria". Senza dire che, di fronte a questo gravissimo anatema ecclesiastico, il sovrano Filippo III avrebbe dovuto revocare al conte la "licentia populandi" concessa e ratificata appena due anni prima.
In tutta fretta, dunque, i ricercati vengono consegnati al vescovo di Siracusa: non resta traccia sul registro contabile del loro numero e dell´identità, anzi sul libro mastro dell´arrendatario Vincenzo Giustiniani non resta traccia alcuna di tutta l´operazione, poiché i documenti oggetto della nostra analisi si trovano nei "Conti di Dini Giovanbattista" che, come vedremo, era nipote del Giustiniani ed evidentemente teneva un registro contabile a parte in cui venivano registrate le entrate e le uscite, diciamo così, più ´delicate´.
Chi erano, dunque, questi "carcerati della Vittoria", ´latitanti´ nel territorio della città nuova e ricercati per gravi reati di eresia, che con la loro presenza minacciavano l´esistenza stessa del novello centro urbano?
FRANCESCO EREDDIA
1. Continua
Nel libro dei conti dell´amministratore G.Battista Dini, nella parte riservata alle uscite ("Exito") e fra le spese relative all´agosto 1609 veniva annotata anche la suddetta spesa ammontante a 13 onze e 2 tarì. Il Dini era l´amministratore personale del genovese Vincenzo Giustiniani, che aveva ottenuto in "arrendamento" (cioè, in appalto) tutta la gestione finanziaria ed economica della contea di Modica.
E´ opportuno premettere che, ottenuta da Vittoria Colonna nel 1607 la ratifica della "licentia populandi" da parte del re Filippo III, si era proceduto alla fondazione della "nuova terra della Vittoria" e all´assegnazione in enfiteusi di una salma di terra per ogni concessionario.
La nota alquanto sibillina sopra riportata dice di "certi carcerati della Vittoria di Monsignor Vescovo" da portare a Siracusa, ma di essi non viene dichiarata l´identità. Il fatto che vengano definiti "di Monsignor Vescovo" indica che quei detenuti non erano sotto la giurisdizione della Gran Corte Criminale della contea, bensì di pertinenza dell´autorità ecclesiastica. E questo, se da un lato esclude che fossero ricercati per furto, omicidio o altro crimine di questo genere (reati che erano di competenza del foro laico), dall´altro ci indirizza verso un reato che aveva a che fare con la morale e dunque rientrava nell´ eresia, la cui accezione si era estesa notevolmente dopo il Concilio di Trento. Infine, c´è un ultimo indizio che merita di essere approfondito: si dichiara che tutta l´operazione è stata fatta "per venire al servizio del Signor Almirante", cioè per venire incontro e addirittura fare un favore al conte (l´ adolescente Giovanni Alfonso Enriquez Cabrera, ancora in minore età e dunque sotto la tutela della madre Vittoria Colonna).
Prima di procedere nella nostra analisi, però, è opportuno fare qualche precisazione di carattere più generale.
Il Concilio di Trento appunto (1545-1563) aveva cambiato dottrina e procedura giudiziaria sui reati sessuali. Ogni comportamento difforme dai canoni ivi stabiliti è punito severamente; la conseguenza è che i tribunali inquisitoriali tornano, nei casi più gravi, a punizioni vicine a quelle dell´alto medioevo, che comminavano la pena di morte. Questi reati sessuali andavano dalla bigamia all´adulterio all´incesto allo stupro e alla sodomia, ed essi venivano giudicati e dal tribunale del Sant´Uffizio (che comminava pene durissime) e dal Foro vescovile di rito ordinario e di rito sommario(che era invece più indulgente).
Circa la bigamia i Canoni conciliari - avendo sancito per il matrimonio la sua funzione di unico status che consente la procreazione legittima della prole, l´indissolubilità del vincolo e la fedeltà coniugale - avevano stabilito, per coloro che avessero contravvenuto a questa dottrina, che trattandosi di un´eresia venisse comminata la scomunica, cioè l´allontanamento dalla Chiesa e dalla comunità dei fedeli. Comunque, tale reato poteva essere giudicato sia dal tribunale inquisitoriale che da quello vescovile.
Ritorniamo al nostro documento sui "carcerati della Vittoria". La parte finale è quella più interessante, e che ci spiega anche il motivo della voluta omissione dell´identità dei "prosecuti". In chiusura del rendiconto, infatti, si afferma:
"Li quali unzi 13 e tarì 2 si feciro pagare per essere detti proseguti poveri, e si non si havessiro agiutato in banerìa, possuto procedere maggior danno e la spopulatione di detta Vittoria, in grave interesse dello detto Almirante".
Si ribadisce che quella somma era stata impegnata sul bilancio dell´amministratore in quanto i ricercati erano privi di mezzi economici ("per essere detti proseguti poveri") e dunque non disponevano di beni da confiscare e con cui pagare quelle spese. Si tenga presente che proprio il reato di eresia appunto faceva scattare immediatamente la confisca dei beni degli accusati, con una parte dei quali si coprivano le spese relative al trasporto, alla detenzione, ecc.
E poi si aggiunge – e qui c´è il particolare più interessante - che, se non fossero stati aiutati nella loro condizione di "banditi", cioè colpiti da bando di cattura ("si non si havessiro agiutato in banerìa"), sarebbe sopravvenuto un danno economico ben più grave della somma spesa ("possuto procedere maggior danno"). Questa perdita economica per il conte ("in grave interesse dello detto Almirante") sarebbe consistita, come viene esplicitamente dichiarato, nella "spopulatione di detta Vittoria".
Come poteva accadere che una terra appena fondata, con un migliaio di abitanti sparpagliati per le numerosissime contrade del territorio assegnato, venisse "spopulata"? In effetti, questo sarebbe stato ben possibile di fronte a un´accusa di eresia. Infatti, si è già detto come i canoni del Concilio tridentino avessero rimesso in vigore le antiche decretali pontificie contro l´eresia risalenti all´età medievale, ed esse prevedevano durissime sanzioni anche "contro i difensori, ricettatori e fautori degli eretici". Dure anche le disposizioni per i detentori del potere che non avessero messo in atto queste disposizioni:
"Decretiamo che le stesse misure vengano prese dalle autorità e dai principi, i quali, se saranno per avventura negligenti nell´ottemperare a queste disposizioni, con ferma volontà ordiniamo che siano colpiti dalla censura ecclesiastica senza possibilità di appello".
Le conseguenze sul piano pratico erano che il capo di uno Stato (qual era il conte di Modica rappresentato dalla madre e tutrice Vittoria Colonna), che fosse incorso in questa durissima sanzione, veniva colpito da scomunica (detto anche "interdetto personale"), e altresì il luogo, in cui fosse stato consumato il delitto contro la Chiesa (nel nostro caso la "nuova terra della Vittoria"), veniva colpito dal cosiddetto "interdetto locale". L´intera comunità di una città o di un villaggio veniva privata dei sacramenti e della sepoltura ecclesiastica e ogni altra comunità vicina o lontana, che avesse intrattenuto anche semplici rapporti commerciali con quella, incorreva nell´interdetto. Come si vede, esso era ben in grado di decretare la morte civile di un intero agglomerato urbano. Di qui la paventata "spopulatione di detta Vittoria". Senza dire che, di fronte a questo gravissimo anatema ecclesiastico, il sovrano Filippo III avrebbe dovuto revocare al conte la "licentia populandi" concessa e ratificata appena due anni prima.
In tutta fretta, dunque, i ricercati vengono consegnati al vescovo di Siracusa: non resta traccia sul registro contabile del loro numero e dell´identità, anzi sul libro mastro dell´arrendatario Vincenzo Giustiniani non resta traccia alcuna di tutta l´operazione, poiché i documenti oggetto della nostra analisi si trovano nei "Conti di Dini Giovanbattista" che, come vedremo, era nipote del Giustiniani ed evidentemente teneva un registro contabile a parte in cui venivano registrate le entrate e le uscite, diciamo così, più ´delicate´.
Chi erano, dunque, questi "carcerati della Vittoria", ´latitanti´ nel territorio della città nuova e ricercati per gravi reati di eresia, che con la loro presenza minacciavano l´esistenza stessa del novello centro urbano?
FRANCESCO EREDDIA
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