MODICA - FIOCCANO LE POLEMICHE: " MA IL CIOCCOLATO MODICANO NASCE NEL 1700 CON I GRIMALDI O NEL '900 CON BONAJUTO ? " di Carmelo Cataldi.
Alla fine il cioccolato di Modica non era di Modica ma di Palermo e il cioccolattiere era il carbonaro.
Quotidianamente siamo ormai bombardati di mediaticità, la più spicciola, su quello che ormai è stato catalogato come cioccolato di Modica, a maggior ragione che è stato recentissimamente etichettato con l’IGP.
Si assiste a pellegrinaggi vari sia a Modica che viceversa in mezzo mondo ad opera di più personaggi anche i più incredibili, usati come testimonial del fenomeno stesso.
Devo personalmente dire che da bambino, parlo degli anni '60 e '70 dello scorso secolo, l’unico cioccolato di Modica che conoscevo era quello che faceva mia mamma in casa e quello della “Bonajuto” : non ricordo altri soggetti modicani che ne facessero una produzione industriale come quella odierna, che poco ha a che a vedere con quella di allora, artigianale, direi quasi casalinga.
Tutto questo mi ha spinto, ancora una volta, alla ricerca delle mie “radici” questa volta in ambito dolciario, soprattutto in funzione di una verità storica che sembra essere stata, come documenterò adesso, alquanto distorta.
E’ così che mi sono recato in questi giorni presso la fonte di ogni ricercatore storico a Modica, l’Archivio di Stato di Ragusa-Sezione di Modica e qui ovviamente, considerato l’oggetto della ricerca, cioè il cioccolato, ho subito messo mano al carteggio della famiglia più abbiente del seicento e settecento modicano, la Grimaldi, anche perché l’altra, di cui si ha la medesima quantità di documentazione in Archivio, la de Leva (Leyva) è in gran parte ancora da inventariare.
E cosa ho trovato nei documenti Grimaldi, in particolar modo, nei “Libri di Casa”, (sono i registri della contabilità in uscita della gestione famigliare Grimaldi) almeno i primi due, che abbracciano il periodo che va dal 1756 al 1774? Si sono rinvenute molte registrazioni da cui si evince che a Modica non vi era alcuna industria del cioccolato nei dammusi di palazzo Grimaldi, che in quel periodo non era dove ora si trova il Palazzo della Fondazione( quello infatti è stato costruito soltanto nel 1833 ), ma si trovava nei pressi del Castello, e che il cioccolato che consumavano i Grimaldi, forse gli unici a poterlo fare insieme forse alle altre tre o quattro famiglie facoltose di Modica, visto il costo elevato, veniva direttamente importato da Palermo o altrove (anche da Malta) a mezzo di bordonari (leggasi carrettieri).
Ecco alcuni appunti dell’archivio:
30 agosto 1763: “…cambiato a D. Antonino de Castro di Palermo per mano del Bordonaro Giovanni Cannella sono per saldo di tutto il nostro dare ad esso di Castro per tutto il tempo passato finoggi per tutte le commissioni che gli abbiamo dato e per prezzo di tutto il cioccolatto che abbiamo avuto per suo conto….”;
17.11.1766: registrazione di pagamento a tale Antonino Lo Castro di Palermo per due cotte di cioccolatto, e al bordonaro Antonino Palazzolo per il trasporto di quello e di altre spezie da Palermo;
27.01.1768: pagamento a tale Antonino Lo Castro per tutto il cioccolatto fatto dallo stesso in Palermo e altre forniture di droghe e “robbe” a favore della madre Anna Grimaldi;
04.04.1769: pagamento a tale Giobatta Floridia, agente del sig. Castro di Palermo, per la fornitura di libbre sei di cioccolatta;
20 agosto 1769: pagamento per l’invio, da Palermo, da parte del Castro, di due cotte di cioccolatta e di una casetta di “polvere di Cipro”;
14.03.1773: pagamento a favore di Natale Ginnuso per il porto di una cotta di cioccolatta, da Palermo, inviata da Antonino Lo Castro;
21.05.1773: ricevuta di pagamento a favore di Gaetano Jemmo, bordonaro, per il porto “d’una cassetta con dentro libre dieci di cioccolatta inviata a Noi dal sig. don Antonino Lo Castro da Palermo”;
21.09.1773: pagamento a Michele Tranblet, maltese, per rotoli 5 di cavachiglia (probabile sottoprodotto del cioccolatto) e zucchero;
04.10.1773: pagamento per una cotta di cioccolata inviata da Antonino Castro per sua sorella (di Michele)
10 aprile 1774 pagamento a Lo Castro per una cotta di cioccolatto per le sue “10 velle”;
22.05.1774: pagamento per il trasporto di due cotte di cioccolatta inviata da Palermo da Castro al bordonaro Gaetano Jemmolo;
16.05.1774: pagamento a Castro per due cotte di cioccolatta.
Da questa veloce carrellata, e così si potrebbe andare prima e dopo nel tempo, sorge ovviamente un dubbio: ma cosa è stato allora finora propagandato? Se si va a a leggere quello che è stato prodotto in occasione di convegni e attività di propaganda varia, si riscontra, ad esempio, che esistevano dei maestri cioccolattieri a Modica in quel periodo (poco prima, poco dopo), il primo in ordine di presentazione Scivoletto Giuseppe, ma se si legge anche solo letteralmente il documento presentato a riprova, si rileva che: a 30 gennaio 1746, Scivoletto Legni e frasche carriati(?) che raggionata a di uno gli chiesi il carico fa….. segue Carbone….; insomma è la ricevuta di pagamento a tale Scivoletto, non cioccolattiere, ma carbonaro, di un carico di legno, frasche e carbone (sic!), mentre sotto si riproduce una ricevuta del 14 dicembre del 1746 in cui si attesta: “si riceve dal Cicolatieri otto cacaos e onze dieci cannella”, senza altra indicazione. Da qui a dire che un tale Scivoletto, di nome Giuseppe fosse un cioccolattiere di Modica ne passa, ma ne passa tanta!
Vi è nello stesso documento mediatico tutta una sequela di documenti anonimi in parte perché non si conosce la produzione e la località di provenienza della materia prima, ovvero vi è un documento uguale agli altri a grandi linee, in cui alla fine si individua l’Antonino de Castro come il fornitore di tutte le materie prime e di tutto l’armentario per la produzione del “ cioccolatto “, per cui si deduce che alla fine sono sicuramente solo le fatture che lo stesso faceva a Casa Grimaldi per la produzione del suo “ cioccolatto “che poi veniva prelevato dai bordonari a Palermo!
Si è certi di ciò perchè nelle successive “pezze” si rileva un’intensa attività epistolare tra Michele e Paolo Ascenzo che gli curava l’approvvigionamento delle materie prime e del cioccolato stesso già preparato a Palermo e glielo inviava a Modica, questo fino a tutti i primi anni dell’800.
Se ne deduce, fino a prova, seria, documentata e incontrovertibile che nel 700 a Modica non si produceva alcun cioccolatto, ma che anzi veniva direttamente, in maniera seriale, periodica, importato da Palermo o da Malta addirittura.
E’ più probabile che ad un certo punto qualche imprenditore di Modica ante litteram nei primi decenni dell’800 abbia avuto la felice idea di incominciare a produrlo anche a Modica: sicuramente, e questo è documentato in modo inoppugnabile, vi furono i Bonajuto, ma questa è un’altra storia che approfondiremo un’altra volta. Allo stesso modo non è da escludere che qualcuno si spacciasse per “ cioccolattiere “ in quel periodo, tentando di vendere qualche cosa di simile alla famiglia Grimaldi, ma sta di fatto che la stessa aveva i suoi consolidati canali di approvvigionamento a Palermo e altrove, non certo a Modica.
Per terminare, se a qualcuno balenasse l’idea che il “ cioccolatto “ di cui si è trattato finora fosse quel “ cioccolatto “ che oggi conosciamo e si vende per la città di Modica, occorre precisargli che, ed è documentato, sempre nelle “carte Grimaldi”, che si trattava di cioccolata, cioccolata in tazza, che si produceva da quella poltiglia denominata “cioccolatto" e che una volta sciolta in acqua si beveva.
Ecco due prove di tale affermazione, trovate sempre nel carteggio Grimaldi:
22.02.1766: pagamento a favore dell’argentiere Giuseppe Bernardo per la fabbricazione di monili e per cui gli sono stati dati 12 “sottocoppina di cioccoclatto antiche ”;
1° maggio 1773: pagamento a Luciano Armenia argentiero, per aver aggiustato e pulito 12 sottocoppine per cioccolatto.
Quotidianamente siamo ormai bombardati di mediaticità, la più spicciola, su quello che ormai è stato catalogato come cioccolato di Modica, a maggior ragione che è stato recentissimamente etichettato con l’IGP.
Si assiste a pellegrinaggi vari sia a Modica che viceversa in mezzo mondo ad opera di più personaggi anche i più incredibili, usati come testimonial del fenomeno stesso.
Devo personalmente dire che da bambino, parlo degli anni '60 e '70 dello scorso secolo, l’unico cioccolato di Modica che conoscevo era quello che faceva mia mamma in casa e quello della “Bonajuto” : non ricordo altri soggetti modicani che ne facessero una produzione industriale come quella odierna, che poco ha a che a vedere con quella di allora, artigianale, direi quasi casalinga.
Tutto questo mi ha spinto, ancora una volta, alla ricerca delle mie “radici” questa volta in ambito dolciario, soprattutto in funzione di una verità storica che sembra essere stata, come documenterò adesso, alquanto distorta.
E’ così che mi sono recato in questi giorni presso la fonte di ogni ricercatore storico a Modica, l’Archivio di Stato di Ragusa-Sezione di Modica e qui ovviamente, considerato l’oggetto della ricerca, cioè il cioccolato, ho subito messo mano al carteggio della famiglia più abbiente del seicento e settecento modicano, la Grimaldi, anche perché l’altra, di cui si ha la medesima quantità di documentazione in Archivio, la de Leva (Leyva) è in gran parte ancora da inventariare.
E cosa ho trovato nei documenti Grimaldi, in particolar modo, nei “Libri di Casa”, (sono i registri della contabilità in uscita della gestione famigliare Grimaldi) almeno i primi due, che abbracciano il periodo che va dal 1756 al 1774? Si sono rinvenute molte registrazioni da cui si evince che a Modica non vi era alcuna industria del cioccolato nei dammusi di palazzo Grimaldi, che in quel periodo non era dove ora si trova il Palazzo della Fondazione( quello infatti è stato costruito soltanto nel 1833 ), ma si trovava nei pressi del Castello, e che il cioccolato che consumavano i Grimaldi, forse gli unici a poterlo fare insieme forse alle altre tre o quattro famiglie facoltose di Modica, visto il costo elevato, veniva direttamente importato da Palermo o altrove (anche da Malta) a mezzo di bordonari (leggasi carrettieri).
Ecco alcuni appunti dell’archivio:
30 agosto 1763: “…cambiato a D. Antonino de Castro di Palermo per mano del Bordonaro Giovanni Cannella sono per saldo di tutto il nostro dare ad esso di Castro per tutto il tempo passato finoggi per tutte le commissioni che gli abbiamo dato e per prezzo di tutto il cioccolatto che abbiamo avuto per suo conto….”;
17.11.1766: registrazione di pagamento a tale Antonino Lo Castro di Palermo per due cotte di cioccolatto, e al bordonaro Antonino Palazzolo per il trasporto di quello e di altre spezie da Palermo;
27.01.1768: pagamento a tale Antonino Lo Castro per tutto il cioccolatto fatto dallo stesso in Palermo e altre forniture di droghe e “robbe” a favore della madre Anna Grimaldi;
04.04.1769: pagamento a tale Giobatta Floridia, agente del sig. Castro di Palermo, per la fornitura di libbre sei di cioccolatta;
20 agosto 1769: pagamento per l’invio, da Palermo, da parte del Castro, di due cotte di cioccolatta e di una casetta di “polvere di Cipro”;
14.03.1773: pagamento a favore di Natale Ginnuso per il porto di una cotta di cioccolatta, da Palermo, inviata da Antonino Lo Castro;
21.05.1773: ricevuta di pagamento a favore di Gaetano Jemmo, bordonaro, per il porto “d’una cassetta con dentro libre dieci di cioccolatta inviata a Noi dal sig. don Antonino Lo Castro da Palermo”;
21.09.1773: pagamento a Michele Tranblet, maltese, per rotoli 5 di cavachiglia (probabile sottoprodotto del cioccolatto) e zucchero;
04.10.1773: pagamento per una cotta di cioccolata inviata da Antonino Castro per sua sorella (di Michele)
10 aprile 1774 pagamento a Lo Castro per una cotta di cioccolatto per le sue “10 velle”;
22.05.1774: pagamento per il trasporto di due cotte di cioccolatta inviata da Palermo da Castro al bordonaro Gaetano Jemmolo;
16.05.1774: pagamento a Castro per due cotte di cioccolatta.
Da questa veloce carrellata, e così si potrebbe andare prima e dopo nel tempo, sorge ovviamente un dubbio: ma cosa è stato allora finora propagandato? Se si va a a leggere quello che è stato prodotto in occasione di convegni e attività di propaganda varia, si riscontra, ad esempio, che esistevano dei maestri cioccolattieri a Modica in quel periodo (poco prima, poco dopo), il primo in ordine di presentazione Scivoletto Giuseppe, ma se si legge anche solo letteralmente il documento presentato a riprova, si rileva che: a 30 gennaio 1746, Scivoletto Legni e frasche carriati(?) che raggionata a di uno gli chiesi il carico fa….. segue Carbone….; insomma è la ricevuta di pagamento a tale Scivoletto, non cioccolattiere, ma carbonaro, di un carico di legno, frasche e carbone (sic!), mentre sotto si riproduce una ricevuta del 14 dicembre del 1746 in cui si attesta: “si riceve dal Cicolatieri otto cacaos e onze dieci cannella”, senza altra indicazione. Da qui a dire che un tale Scivoletto, di nome Giuseppe fosse un cioccolattiere di Modica ne passa, ma ne passa tanta!
Vi è nello stesso documento mediatico tutta una sequela di documenti anonimi in parte perché non si conosce la produzione e la località di provenienza della materia prima, ovvero vi è un documento uguale agli altri a grandi linee, in cui alla fine si individua l’Antonino de Castro come il fornitore di tutte le materie prime e di tutto l’armentario per la produzione del “ cioccolatto “, per cui si deduce che alla fine sono sicuramente solo le fatture che lo stesso faceva a Casa Grimaldi per la produzione del suo “ cioccolatto “che poi veniva prelevato dai bordonari a Palermo!
Si è certi di ciò perchè nelle successive “pezze” si rileva un’intensa attività epistolare tra Michele e Paolo Ascenzo che gli curava l’approvvigionamento delle materie prime e del cioccolato stesso già preparato a Palermo e glielo inviava a Modica, questo fino a tutti i primi anni dell’800.
Se ne deduce, fino a prova, seria, documentata e incontrovertibile che nel 700 a Modica non si produceva alcun cioccolatto, ma che anzi veniva direttamente, in maniera seriale, periodica, importato da Palermo o da Malta addirittura.
E’ più probabile che ad un certo punto qualche imprenditore di Modica ante litteram nei primi decenni dell’800 abbia avuto la felice idea di incominciare a produrlo anche a Modica: sicuramente, e questo è documentato in modo inoppugnabile, vi furono i Bonajuto, ma questa è un’altra storia che approfondiremo un’altra volta. Allo stesso modo non è da escludere che qualcuno si spacciasse per “ cioccolattiere “ in quel periodo, tentando di vendere qualche cosa di simile alla famiglia Grimaldi, ma sta di fatto che la stessa aveva i suoi consolidati canali di approvvigionamento a Palermo e altrove, non certo a Modica.
Per terminare, se a qualcuno balenasse l’idea che il “ cioccolatto “ di cui si è trattato finora fosse quel “ cioccolatto “ che oggi conosciamo e si vende per la città di Modica, occorre precisargli che, ed è documentato, sempre nelle “carte Grimaldi”, che si trattava di cioccolata, cioccolata in tazza, che si produceva da quella poltiglia denominata “cioccolatto" e che una volta sciolta in acqua si beveva.
Ecco due prove di tale affermazione, trovate sempre nel carteggio Grimaldi:
22.02.1766: pagamento a favore dell’argentiere Giuseppe Bernardo per la fabbricazione di monili e per cui gli sono stati dati 12 “sottocoppina di cioccoclatto antiche ”;
1° maggio 1773: pagamento a Luciano Armenia argentiero, per aver aggiustato e pulito 12 sottocoppine per cioccolatto.
1759. Spese fatte nella fiera della Vergine Serenissima delle Grazie: “per rotoli cinque zucchero”; “per oncie quattro cannella”; “per dodici chiocara e dodici piattini di cioccolatto”.
Carmelo Cataldi