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MODICA - INTERROGAZIONE DI IVANA CASTELLO SULLE ANTICIPAZIONI DI CASSA
Al Sindaco del comune di Modica
Sua sede
In questi giorni m’è capitata tra le mani la delibera di Giunta 299 del 5 dicembre u.s. Vi si legge che intende chiedere l’anticipazione di cassa ex articolo 222, comma 1, del Tuel, per 3/12 delle entrate accertate ai primi tre capitoli del bilancio 2017. Conta altresì di elevare tale richiesta a 5/12, se lo permetterà la legge di bilancio in via di approvazione per il 2020. L’importo, dunque, passerebbe da 14. a poco più di 23 milioni di euro. Prende in accorata considerazione persino l’utilizzo di somme a destinazione vincolata, perché la legge, in via emergenziale, lo permette. D’altronde, come dice la stessa espressione («anticipazione di cassa» o «anticipazione di tesoreria»), sta cercando di disporre di una somma, a titolo di anticipazione su future (ma sicure) entrate, per essere puntuale nei pagamenti, in un momento in cui l’Amministrazione è a corto di fondi. Discorso che sembra scontato e che è scontato. Temo solo per un piccolo dettaglio che è giusto le evidenzi. In questa fase si può agire come si vuole: gli errori di scelta e qualche fiato di lassismo diverranno evidenti e le valutazioni potranno maturarsi con coscienza a fine esercizio. Certo è che i tre esercizi precedenti, il ’17, il ’18 e il ’19, in tal senso sono esemplari. Si sono chiusi, mi limito all’anticipazione di cassa non pagata, con un saldo negativo che si aggira intorno a 18 milioni di euro. Il dettaglio è alla tabella n. 1.
Tab. n. 1 – Andamento dell’anticipazione di cassa negli ultimi tre anni
Anno
Saldo di cassa
Saldo rispetto all’anno precedente
31.12.2017
17.129.076,45()
=
31.12.2018
18.453.435,57()
+1.324.359,12
31.12.2019
17.776.847,18()
- 676.588,39
Come vede, a limitarsi a un insignificante confronto di valori relativi, siamo a un saldo negativo di assoluta consistenza che, però, diviene più importante se lo raffrontiamo ai saldi programmati nel Piano di riequilibrio. Come ben sa, quando si accende un siffatto debito si deve essere in grado di rientrare rispettando i termini di legge. Potremmo, insomma, esaminare i relativi rivoli di spesa e capire se l’anticipazione accesa è stata tale, cioè è rientrata e, se non è rientrata, le ragioni e le misure del mancato rientro. Visto sott’altra angolazione, il mancato rientro trasforma l’anticipazione da debito «transitorio» a debito di durata non programmata.
2. L’anticipazione di tesoreria e il Piano di riequilibrio
Con l’ibernazione dell’anticipazione di cassa, però, si pone un altro problema ed è su esso che intendo, per qualche minuto, richiamare la Sua attenzione.
Esiste, come ben sappiamo, il Piano di riequilibrio. Nel 2018 lei intese rinnovarlo e ne apprestò la quinta.., l’ennesima, per non sbagliare, versione. Con riferimento ai tempi della Sua amministrazione e al debito da anticipazione di cassa, esaminiamo le sue previsioni. So bene che il Piano non è stato ancora approvato e che giace (certamente dopo due anni, e col freddo di questi giorni, dormiente) presso la «Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali» al Ministero degli Interni. Il dettaglio si legge alla tabella 2.
Tab. n. 2 – Evoluzione dell’anticipazione di cassa negli anni 2017-2019, previsioni di riequilibrio e situazione reale
Anno
Piano di riequilibrio (A)()
Situazione reale (B)
Differenza rispetto all’obiettivo (B-A)
2017
17.129.076,45
17.129.076,45()
=
2018
14.129.076.45
18.453.435,57()
+4.324.359,12 (con rateo)
2019
11.129.076,45
17.776.847,18()
+ 6.647.770,73
Saldo 2019
+ 6.647.770,73 (con rateo)
Aspetti previsionali
2020
8.129.076,45
14.072.365,16()
2021
5.129.076,45
2022
2.129.076,45
La prima colonna indica l’anno di riferimento, la seconda le previsioni a saldo del piano di riequilibrio, la terza la consistenza reale del debito (ormai scaduto ma incredibilmente senza scadenza) e la quarta il debito di nuova costituzione, rappresentato dalla differenza tra la situazione reale e la previsione del piano. Detto per il lettore che vuole avviarsi nella lettura di questi documenti, se una persona nel 2017 ha un debito di 17 milioni (seconda colonna) e formula un piano per rientrare di tre milioni all’anno, dai 17 del 2017 passerà a 14 milioni nel ’18, a 11 nel ’19, a 8 nel ’20, a 5 nel ‘21 e a 2 nel ‘22. Per semplicità e senza contare gli spiccioli, la seconda colonna esprime non una situazione reale ma un progetto di rientro detto, appunto, «Piano di riequilibrio». Non dice ciò che realmente esiste, dunque, ma ciò che si progetta di fare per ridurre il debito. E’ opportuno, a questo punto, porsi una domanda: nella realtà dei fatti questo progetto è stato perseguito? Lo vediamo alla terza colonna. I 17 milioni, che lei avrebbe dovuto contrarre a 14, sono invece lievitati a 18 e mezzo, con un incremento di un milione e più se consideriamo l’importo di partenza (i 17 milioni) o di ben 4 milioni e più se consideriamo l’obiettivo di rientro a 14 milioni. Nel 2019 lo squilibrio è ulteriormente lievitato e da quattro è passato a sei milioni e 600.000 euro, con un incremento di 2.300.000 euro. Il meccanismo dell’anticipazione di cassa, dunque, istituito per intervenire nei casi in cui convergono tre requisiti essenziali: la transitoria mancanza di liquidità, la necessità di effettuare pagamenti inderogabili e la prospettiva certa di acquisire specifiche somme, finisce per determinare situazioni debitorie consistenti e, inspiegabilmente, inossidabili.
Si impongono, a questo punto, due considerazioni:
1°. il piano di riequilibrio è stato violato, perché sono stati mancati due obiettivi assolutamente obbligatori: la contrazione debitoria del 2018 e l’ulteriore contrazione del 2019;
2°. il debito è per altro lievitato, per cui ha luogo una terza violazione, poiché non solo si sono mancati i due obiettivi di rientro ma si è determinato un nuovo debito che si addiziona all’esistente.
S’impone, per tanto, in prospettiva, la necessità di rispondere a un quesito: gli aumenti del debito causati dal mancato rientro dell’anticipazione di cassa, configurano una vera e propria violazione o, essendo il Piano di riequilibrio non ancora formalmente approvato, non danno luogo ad alcuna violazione?
Le tre distinte risposte riguardano due debiti impagati e un debito di nuova costituzione, che confluiscono in un unico risultato: la permanenza e l’aumento (non la riduzione) del debito da pagare. Affrontiamo i tre temi uno per volta per capire se costituiscono singole violazioni.
Se si manca l’obiettivo del rientro di tre milioni nel 2018 rispetto al 2017, ha luogo una violazione che può essere sanzionata immediatamente. Supponiamo, per espediente logico, che sia sanzionata nel 2019 e lì tutto muoia. Se si manca, di poi, l’obiettivo di rientro del 2019, il fatto rappresenta una violazione che, essendo già sanzionata la precedente (del 2018), costituisce una nuova (seconda) violazione con relativa sanzione. Alla seconda sanzione scatta il procedimento di dichiarazione del formale dissesto economico. Se nelle more aumenta anche il debito complessivo, la violazione diventa triplice. Sono d’accordo con le perplessità che taluno potrebbe sollevare in merito alla considerazione autonoma della terza violazione. Il primo e il secondo quesito, però, si possono risolvere affermando che, nel caso in esame, le nuove violazioni oscillano tra due e tre. Il terzo quesito pone, sostanzialmente, un problema formale irrisolto. Si può sintetizzare nella opportunità che il legislatore o l’autorità contabile sanciscano che il mancato rientro configuri una violazione e che il mancato rientro con aumento del debito configuri due distinte violazioni. Una maggiore rigidità, ai fini del ridimensionamento del debito pubblico, potrebbe essere utile, se non utilissima.
3. I quesiti per il Sindaco
A questo punto alcuni quesiti Le vanno rivolti.
Si rende conto, signor sindaco, che in questa faccenda lei dà impressione d’essere coalizzata col mondo per determinare, prima di andar via definitivamente, il dissesto comunale? Non mi dica che eccedo verbalmente, poiché non potrebbe qualificarsi altrimenti una persona che, dopo due processi, il primo che dichiara l’avvio del procedimento di dissesto e, il secondo, che non ritrova la reiterazione del fatto grave, individuata dal precedente giudice, ha operato due mancati interventi di riequilibrio e si accinge a progettare o determinare, scelga lei, il terzo.
E’ opportuno, dunque, che spieghi come intende rientrare dall’anticipazione di cassa dei 3 o 5 dodicesimi senza costituire aggravio del debito comunale. Deve dirci, in particolare:
-i tempi entro cui conta di rientrare;
-perché la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali non ha, dopo tre anni, esitato il Piano di riequilibrio. E’ al corrente della fase procedurale in cui si trova il nostro Piano di riequilibrio e delle ragioni di tanto ritardo? Si è in qualche modo attivata per sollecitare la Commissione a sbloccare il Piano? Ovviamente nell’interesse della Città;
-qual è il Piano di riequilibrio a cui lei si attiene, il precedente o quello ancora all’esame della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali?
-può documentare i rientri effettuati?
-la Corte dei conti ha svolto i controlli di legge? La finanza comunale è delicatissima, oltre che estremamente dolente, per cui, nell’ipotesi che il Piano di riequilibrio funzioni e debba essere adempiuto anche in assenza di formale riconoscimento da parte della Commissione ministeriale, l’autorità contabile non dovrebbe attivarsi almeno per controllare la gestione del piano in funzione o stiamo attraversando un’allegra fase di vuoto normativo?
A questo punto uno sguardo conclusivo all’aggravio finanziario degli ultimi anni.
Lei, signor sindaco, ha avanzato richiesta, per il 2020, di un’anticipazione di cassa di 14.072.365,16, certamente suscettibile di passare a 23.453.941,93 euro.
Alla fine del 2019 avevamo un debito, partendo dagli originari (del 2017) 17.129.076,45 euro, di 6.647.770,73 euro da pagare per metterci in regola nel biennio 2017-2019. La somma, che lievita a 9.647.770,73 milioni se teniamo conto del rateo del 2020, da qualche parte dovrà pur prendersi.
Se consideriamo, da quando è partita la Sua amministrazione, che il debito per anticipazione di cassa è passato da 7.228.179,00 euro (anno 2012 dell’amministrazione Buscema) a 17.776.847,18, Lei ha costituito un nuovo debito di 10.548.668 euro. A tale cifra cui vanno aggiunti i costi di interesse che si aggirano intorno a 2.800.000 euro. Complessivamente fanno 13.348.668 euro. Se consideriamo, dicevo, questo risultato, è facile profilare che dobbiamo aspettarci per i prossimi anni. E’ più probabile che il debito aumenti o che diminuisca? Che ne pensa lei? Che ne pensa il cittadino?
Ad ogni buon conto i 23.453.941,93 euro che si prepara a chiedere si comprimeranno intorno a sei milioni che, comunque, son tanti. E pericolosi. Sopratutto per lei.
Ivana Castello
consigliere comunale PD
Modica,
Sua sede
In questi giorni m’è capitata tra le mani la delibera di Giunta 299 del 5 dicembre u.s. Vi si legge che intende chiedere l’anticipazione di cassa ex articolo 222, comma 1, del Tuel, per 3/12 delle entrate accertate ai primi tre capitoli del bilancio 2017. Conta altresì di elevare tale richiesta a 5/12, se lo permetterà la legge di bilancio in via di approvazione per il 2020. L’importo, dunque, passerebbe da 14. a poco più di 23 milioni di euro. Prende in accorata considerazione persino l’utilizzo di somme a destinazione vincolata, perché la legge, in via emergenziale, lo permette. D’altronde, come dice la stessa espressione («anticipazione di cassa» o «anticipazione di tesoreria»), sta cercando di disporre di una somma, a titolo di anticipazione su future (ma sicure) entrate, per essere puntuale nei pagamenti, in un momento in cui l’Amministrazione è a corto di fondi. Discorso che sembra scontato e che è scontato. Temo solo per un piccolo dettaglio che è giusto le evidenzi. In questa fase si può agire come si vuole: gli errori di scelta e qualche fiato di lassismo diverranno evidenti e le valutazioni potranno maturarsi con coscienza a fine esercizio. Certo è che i tre esercizi precedenti, il ’17, il ’18 e il ’19, in tal senso sono esemplari. Si sono chiusi, mi limito all’anticipazione di cassa non pagata, con un saldo negativo che si aggira intorno a 18 milioni di euro. Il dettaglio è alla tabella n. 1.
Tab. n. 1 – Andamento dell’anticipazione di cassa negli ultimi tre anni
Anno
Saldo di cassa
Saldo rispetto all’anno precedente
31.12.2017
17.129.076,45()
=
31.12.2018
18.453.435,57()
+1.324.359,12
31.12.2019
17.776.847,18()
- 676.588,39
Come vede, a limitarsi a un insignificante confronto di valori relativi, siamo a un saldo negativo di assoluta consistenza che, però, diviene più importante se lo raffrontiamo ai saldi programmati nel Piano di riequilibrio. Come ben sa, quando si accende un siffatto debito si deve essere in grado di rientrare rispettando i termini di legge. Potremmo, insomma, esaminare i relativi rivoli di spesa e capire se l’anticipazione accesa è stata tale, cioè è rientrata e, se non è rientrata, le ragioni e le misure del mancato rientro. Visto sott’altra angolazione, il mancato rientro trasforma l’anticipazione da debito «transitorio» a debito di durata non programmata.
2. L’anticipazione di tesoreria e il Piano di riequilibrio
Con l’ibernazione dell’anticipazione di cassa, però, si pone un altro problema ed è su esso che intendo, per qualche minuto, richiamare la Sua attenzione.
Esiste, come ben sappiamo, il Piano di riequilibrio. Nel 2018 lei intese rinnovarlo e ne apprestò la quinta.., l’ennesima, per non sbagliare, versione. Con riferimento ai tempi della Sua amministrazione e al debito da anticipazione di cassa, esaminiamo le sue previsioni. So bene che il Piano non è stato ancora approvato e che giace (certamente dopo due anni, e col freddo di questi giorni, dormiente) presso la «Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali» al Ministero degli Interni. Il dettaglio si legge alla tabella 2.
Tab. n. 2 – Evoluzione dell’anticipazione di cassa negli anni 2017-2019, previsioni di riequilibrio e situazione reale
Anno
Piano di riequilibrio (A)()
Situazione reale (B)
Differenza rispetto all’obiettivo (B-A)
2017
17.129.076,45
17.129.076,45()
=
2018
14.129.076.45
18.453.435,57()
+4.324.359,12 (con rateo)
2019
11.129.076,45
17.776.847,18()
+ 6.647.770,73
Saldo 2019
+ 6.647.770,73 (con rateo)
Aspetti previsionali
2020
8.129.076,45
14.072.365,16()
2021
5.129.076,45
2022
2.129.076,45
La prima colonna indica l’anno di riferimento, la seconda le previsioni a saldo del piano di riequilibrio, la terza la consistenza reale del debito (ormai scaduto ma incredibilmente senza scadenza) e la quarta il debito di nuova costituzione, rappresentato dalla differenza tra la situazione reale e la previsione del piano. Detto per il lettore che vuole avviarsi nella lettura di questi documenti, se una persona nel 2017 ha un debito di 17 milioni (seconda colonna) e formula un piano per rientrare di tre milioni all’anno, dai 17 del 2017 passerà a 14 milioni nel ’18, a 11 nel ’19, a 8 nel ’20, a 5 nel ‘21 e a 2 nel ‘22. Per semplicità e senza contare gli spiccioli, la seconda colonna esprime non una situazione reale ma un progetto di rientro detto, appunto, «Piano di riequilibrio». Non dice ciò che realmente esiste, dunque, ma ciò che si progetta di fare per ridurre il debito. E’ opportuno, a questo punto, porsi una domanda: nella realtà dei fatti questo progetto è stato perseguito? Lo vediamo alla terza colonna. I 17 milioni, che lei avrebbe dovuto contrarre a 14, sono invece lievitati a 18 e mezzo, con un incremento di un milione e più se consideriamo l’importo di partenza (i 17 milioni) o di ben 4 milioni e più se consideriamo l’obiettivo di rientro a 14 milioni. Nel 2019 lo squilibrio è ulteriormente lievitato e da quattro è passato a sei milioni e 600.000 euro, con un incremento di 2.300.000 euro. Il meccanismo dell’anticipazione di cassa, dunque, istituito per intervenire nei casi in cui convergono tre requisiti essenziali: la transitoria mancanza di liquidità, la necessità di effettuare pagamenti inderogabili e la prospettiva certa di acquisire specifiche somme, finisce per determinare situazioni debitorie consistenti e, inspiegabilmente, inossidabili.
Si impongono, a questo punto, due considerazioni:
1°. il piano di riequilibrio è stato violato, perché sono stati mancati due obiettivi assolutamente obbligatori: la contrazione debitoria del 2018 e l’ulteriore contrazione del 2019;
2°. il debito è per altro lievitato, per cui ha luogo una terza violazione, poiché non solo si sono mancati i due obiettivi di rientro ma si è determinato un nuovo debito che si addiziona all’esistente.
S’impone, per tanto, in prospettiva, la necessità di rispondere a un quesito: gli aumenti del debito causati dal mancato rientro dell’anticipazione di cassa, configurano una vera e propria violazione o, essendo il Piano di riequilibrio non ancora formalmente approvato, non danno luogo ad alcuna violazione?
Le tre distinte risposte riguardano due debiti impagati e un debito di nuova costituzione, che confluiscono in un unico risultato: la permanenza e l’aumento (non la riduzione) del debito da pagare. Affrontiamo i tre temi uno per volta per capire se costituiscono singole violazioni.
Se si manca l’obiettivo del rientro di tre milioni nel 2018 rispetto al 2017, ha luogo una violazione che può essere sanzionata immediatamente. Supponiamo, per espediente logico, che sia sanzionata nel 2019 e lì tutto muoia. Se si manca, di poi, l’obiettivo di rientro del 2019, il fatto rappresenta una violazione che, essendo già sanzionata la precedente (del 2018), costituisce una nuova (seconda) violazione con relativa sanzione. Alla seconda sanzione scatta il procedimento di dichiarazione del formale dissesto economico. Se nelle more aumenta anche il debito complessivo, la violazione diventa triplice. Sono d’accordo con le perplessità che taluno potrebbe sollevare in merito alla considerazione autonoma della terza violazione. Il primo e il secondo quesito, però, si possono risolvere affermando che, nel caso in esame, le nuove violazioni oscillano tra due e tre. Il terzo quesito pone, sostanzialmente, un problema formale irrisolto. Si può sintetizzare nella opportunità che il legislatore o l’autorità contabile sanciscano che il mancato rientro configuri una violazione e che il mancato rientro con aumento del debito configuri due distinte violazioni. Una maggiore rigidità, ai fini del ridimensionamento del debito pubblico, potrebbe essere utile, se non utilissima.
3. I quesiti per il Sindaco
A questo punto alcuni quesiti Le vanno rivolti.
Si rende conto, signor sindaco, che in questa faccenda lei dà impressione d’essere coalizzata col mondo per determinare, prima di andar via definitivamente, il dissesto comunale? Non mi dica che eccedo verbalmente, poiché non potrebbe qualificarsi altrimenti una persona che, dopo due processi, il primo che dichiara l’avvio del procedimento di dissesto e, il secondo, che non ritrova la reiterazione del fatto grave, individuata dal precedente giudice, ha operato due mancati interventi di riequilibrio e si accinge a progettare o determinare, scelga lei, il terzo.
E’ opportuno, dunque, che spieghi come intende rientrare dall’anticipazione di cassa dei 3 o 5 dodicesimi senza costituire aggravio del debito comunale. Deve dirci, in particolare:
-i tempi entro cui conta di rientrare;
-perché la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali non ha, dopo tre anni, esitato il Piano di riequilibrio. E’ al corrente della fase procedurale in cui si trova il nostro Piano di riequilibrio e delle ragioni di tanto ritardo? Si è in qualche modo attivata per sollecitare la Commissione a sbloccare il Piano? Ovviamente nell’interesse della Città;
-qual è il Piano di riequilibrio a cui lei si attiene, il precedente o quello ancora all’esame della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali?
-può documentare i rientri effettuati?
-la Corte dei conti ha svolto i controlli di legge? La finanza comunale è delicatissima, oltre che estremamente dolente, per cui, nell’ipotesi che il Piano di riequilibrio funzioni e debba essere adempiuto anche in assenza di formale riconoscimento da parte della Commissione ministeriale, l’autorità contabile non dovrebbe attivarsi almeno per controllare la gestione del piano in funzione o stiamo attraversando un’allegra fase di vuoto normativo?
A questo punto uno sguardo conclusivo all’aggravio finanziario degli ultimi anni.
Lei, signor sindaco, ha avanzato richiesta, per il 2020, di un’anticipazione di cassa di 14.072.365,16, certamente suscettibile di passare a 23.453.941,93 euro.
Alla fine del 2019 avevamo un debito, partendo dagli originari (del 2017) 17.129.076,45 euro, di 6.647.770,73 euro da pagare per metterci in regola nel biennio 2017-2019. La somma, che lievita a 9.647.770,73 milioni se teniamo conto del rateo del 2020, da qualche parte dovrà pur prendersi.
Se consideriamo, da quando è partita la Sua amministrazione, che il debito per anticipazione di cassa è passato da 7.228.179,00 euro (anno 2012 dell’amministrazione Buscema) a 17.776.847,18, Lei ha costituito un nuovo debito di 10.548.668 euro. A tale cifra cui vanno aggiunti i costi di interesse che si aggirano intorno a 2.800.000 euro. Complessivamente fanno 13.348.668 euro. Se consideriamo, dicevo, questo risultato, è facile profilare che dobbiamo aspettarci per i prossimi anni. E’ più probabile che il debito aumenti o che diminuisca? Che ne pensa lei? Che ne pensa il cittadino?
Ad ogni buon conto i 23.453.941,93 euro che si prepara a chiedere si comprimeranno intorno a sei milioni che, comunque, son tanti. E pericolosi. Sopratutto per lei.
Ivana Castello
consigliere comunale PD
Modica,