"SCICLI CITTA´ DI MAFIA ? ": PIERO VERNUCCIO ( DIRETTORE DI " DIALOGO " E DI " ECODEGLIBLEI.IT " ) SCRIVE AL DIRETTORE DE " IL GIORNALE DI SCICLI ", FRANCO CAUSARANO.

Caro Franco,
personalmente non mi sono trovato a dover dirigere una testata giornalistica all’interno di una comunità definita ‘mafiosa’. Ritengo che una simile condizione debba essere davvero deprimente, soprattutto per uno come te (e per i componenti la Redazione del GDS) che ha portato avanti con intelligenza, costanza e abnegazione una iniziativa editoriale volta all’avanzamento civile e democratico della propria città ed ora se la trova (per la seconda volta) definitivamente dichiarata ‘mafiosa’. Come se qualcuno ti dicesse: ma che hai imbrattato a fare tanta carta per quaranta anni, se questo è il risultato finale? Mi spiace davvero che tale incidente di percorso sia capitato a te.
Eppure tutti noi, intendo dire cittadini viciniori e non sporchi di nefasto partitismo politicante, sappiamo che la verità è altra. Che Scicli è una comunità composta da cittadini onesti e laboriosi; che è pur vero che al suo interno da più anni hanno preso piede alcune isolate organizzazioni di delinquenza comune (ne sono prova anche i ripetuti incendi dolosi) che lo Stato non è riuscito a reprimere, tradendo i suoi compiti istituzionali di garante della legalità. Da qui a parlare di ‘città mafiosa’ il passo è lungo e davvero riprovevole per chi lo ha compiuto: Commissione prefettizia, Prefetto, Presidente della Regione, Ministero e Ministro dell’Interno, Presidente della Repubblica e per ultima ciliegina TAR del Lazio.
Capitano nella vita di ognuno di noi situazioni del genere in cui percepisci di avere tutti contro e simili contesti ti fanno parecchio male soprattutto quando ti senti tradito da Istituzioni pubbliche a cui tu, cittadino democratico, hai fatto riferimento nel passato, lo fai per il presente e vorresti farlo per il futuro. Tra le tante occorse a me, ricordo ancora oggi quando anni fa uscì un provvedimento demenziale con cui il Ministero della P.I. promuoveva a insegnanti di ruolo coloro che si trovavano nello stato giuridico di incaricati a tempo indeterminato, alla condizione che nei due precedenti anni scolastici avessero avuto l’incarico per 18 ore settimanali. Ebbene, in quei due anni mi erano stati assegnati – non certo per mia scelta – 21 ore settimanali e nel successivo 17 ore. Ossia, una media addirittura di 19, sovrabbondante ai richiesti 18. Non valse a nulla l’interpretazione della media; fu richiesto categoricamente ed ottusamente il requisito del 18 + 18. Io passai di ruolo nella successiva tornata; con ritardo di anni e con evidente danno subito nello stato giuridico ed economico. V’era da andare in bestia quando a posteriori ebbi a scoprire che quella assegnazione di 17 ore derivò da uno dei tanti ‘aggiustamenti’ che il funzionario statale (tuo concittadino) incaricato delle cosiddette ‘convocazioni’ usava operare a favore di insegnanti raccomandati da potentati politici, economici …ed anche sindacali. Percepisci in casi del genere la totale impotenza ed ogni reazione civile e pacifica diventa purtroppo inutile, da sassolino sparuto contro un enorme macigno.
Ti chiedi cosa fare oggi, dopo che Scicli ha subito questa onta infamante. Probabilmente la scelta più opportuna è quella di distogliere lo sguardo dai responsabili ‘lontani’, colpevoli di leggerezze decisionali ma impunibili:
da un Presidente della Repubblica che in genere firma tutti i piatti che i dettati della politica dominante gli sottopongono già ben cotti;
da un Ministero e da un Ministro degli Interni che nell’obiettivo di perseguire propri obiettivi politici non s’accorge di stridenti contraddizioni quale quella di aver asserito nella sua relazione “il
territorio del Comune di Scicli insiste in un contesto geografico caratterizzato da una radicata presenza di cosche mafiose” e nel contempo sopprime il Tribunale e la Procura di Modica, competenti per quel territorio;
da un Presidente della Regione, l’antimafioso per eccellenza Rosario Crocetta, che in un continuo eccesso di gestione confusionale oltre ad aver contribuito a condannare Scicli ha allargato i suoi funesti interventi a tutta l’Isola;
da una Commissione prefettizia e un Prefetto che grazie ad una narrazione ricca di ‘omissis’ hanno salvato le proprie omissioni (in termini di mancati opportuni interventi per ridurre la delinquenza comune) ed addebitato ad un’intera comunità un famigerato quanto ingiustificato teorema di mafiosità;
ed infine, da un Tar del Lazio che non giudica su singoli reati, ma esprime un giudizio complessivo su una comunità (che non conosce neanche lontanamente) e che conferma di apparirgli tutta ‘mafiosa’. E non emette un provvedimento sanzionatorio, ma adotta una soluzione ‘preventiva’ che la distrugge nell’immagine, facendo permanere il decreto di scioglimento del massimo consesso cittadino. Sentenza che possiede tutte le somiglianze del procedere di quel medico che, constatando di non poter eliminare la malattia, procede a sgravarne il paziente tramite una pilloletta a base di cianuro.
Appare piuttosto opportuno concentrare lo sguardo all’interno della stessa comunità, su cui possono individuarsi delle responsabilità ‘vicine’ e pertanto più facilmente condizionabili per un miglior futuro dello svolgersi sociale. Chiedendosi il perché di certi silenzi, di mancate eclatanti iniziative di protesta, di una facile arrendevolezza da parte della collettività che avrebbe potuto contrapporre ben altro che l’immobilismo nel lasso di un anno, da quando il 14 maggio 2015 il Presidente della Repubblica emanò il decreto di scioglimento del Consiglio comunale.
Mi sbaglio se affermo che la Scicli di alcuni decenni fa avrebbe reagito diversamente? Ossia, dove è finita l’identità di quella Città e quindi dei suoi cittadini? Con grosse responsabilità dell’attuale panorama politico cittadino che appare come vegetare in uno stato confusionale, che non fa più individuare pilastri da tenerlo in piedi con la dignità di un tempo, che non riesce ad essere credibile agli occhi dei cittadini, col risultato di una disaffezione generalizzata di giovani ed anziani che lasciano svolazzare il vento di maggioranze malamente accozzate e per quanto li riguarda prendono sempre più gusto nella chiusura nel privato. Gravose responsabilità da parti politiche ormai scomparse da ogni scena, da altre che compaiono in duplici versioni tra loro in contrasto e pur appartenenti alla stessa ‘ditta’ (come suol dire quel buon ‘rottamato’ di Bersani); o, per salire più in alto, da parte di candele spente che si ergono sugli scranni di Palazzo Madama o personaggi sbiaditi ben affezionati alla propria sostanziosa condizione reddituale, mantenuta grazie a sfilze di forestali che continuano ad apporre crocette utili in cabine d’ogni tornata.
Ho letto sul GDS dello scorso 3 aprile il ‘documento’ diffuso dai 17 firmatari del ricorso al TAR, ove si evince uno stato di riflessione circa la decisione di proporre appello, col nobile obiettivo di “riabilitare il buon nome della città”. Mi chiedo che senso ha ricorrere nuovamente a giudici amministrativi. Il danno ormai è avvenuto ed il furto della dignità cittadina è stato in gran parte consumato. Perché 17 ‘paladini’ – e solo essi, tra il silenzio di tanti altri – dovrebbero ulteriormente sottrarre fondi all’economia delle proprie unità familiari, con il rischio dell’uscita di ulteriori fondi dalle casse comunali perché è probabile che i tre Commissari reitereranno (il loro ricorso al TAR ha comportato 8.000 € di acconto-parcella a un legale palermitano) l’irrituale atto di presentare un ‘controricorso’ al fine di tutelare ancora la propria presenza di commissariamento degli organismi politici?
Ritengo piuttosto più utile la programmazione di un progetto di lavoro politico-sociale che coinvolga più attori possibile e da svolgere nel medio e lungo periodo affinché la comunità ritorni ad essere partecipe dei propri destini.
Tra i firmatari del suddetto ‘documento’ individuo di particolare interesse la presenza di tuo figlio Marco; persona che nei ripetuti interventi che ho avuto modo di apprezzare si rivela onesta, seria e preparata e che potrà dare parecchio alla sua città. A condizione che stia lontano dal ruolo di ‘professionista’ della politica, sono certo che sarà uno dei futuri sindaci ed un buon sindaco (in genere in tali previsioni non mi sbaglio, per un semplice motivo: mi cimento in ipotesi troppo facili e semplici per essere mancate). Con l’augurio che l’organizzazione partitica ove milita abbia a darsi caratteristiche diverse rispetto alle attuali, di poca coerenza e di mancanza d’unità.
Caro Franco, questo scritto ti giunge da chi vive in una città che non è stata dichiarata mafiosa, ma che di problematiche ne ha tante e di certo di numero non inferiore a quelle di Scicli. Intendo riferirmi ad una Modica che è ancora alla ricerca di una propria specifica identità, senza essere riuscita a percorrere una qualche strada che faccia pensare di poterla trovare da qui a poco. Ed intanto assiste al proprio declino e a pesanti sconfitte, nelle potenzialità del settore agricolo ed artigianale e nelle opportunità del terziario che si riducono sempre di più. Arrampicata da qualche anno sugli specchi di un turismo che non decolla per mille motivi, tra cui una appena mediocre professionalità degli operatori e la presenza di spirito speculativo – per fortuna non diffuso – di alcuni che vedono la figura del turista come pollo da spennare piuttosto che come soggetto da conquistare. Con una classe politica al governo che di quinquennio in quinquennio appare abbia sempre meno cognizione dell’abc di corrette e sane prassi amministrative, in un contesto ove la seria vivacità del dibattito pubblico si è persa per strada, ove la spigolosità di pochi prevale su quella che dovrebbe essere la saggia rotondità della partecipazione collettiva.
In simili deludenti contesti, il tuo ed il mio, è proprio il caso che ci formuliamo tanti auguri. Per saper svolgere al meglio il nostro ruolo – non certo facile - di promotori di buona informazione locale.
Un fraterno abbraccio, con la stima di sempre.
Piero Vernuccio
personalmente non mi sono trovato a dover dirigere una testata giornalistica all’interno di una comunità definita ‘mafiosa’. Ritengo che una simile condizione debba essere davvero deprimente, soprattutto per uno come te (e per i componenti la Redazione del GDS) che ha portato avanti con intelligenza, costanza e abnegazione una iniziativa editoriale volta all’avanzamento civile e democratico della propria città ed ora se la trova (per la seconda volta) definitivamente dichiarata ‘mafiosa’. Come se qualcuno ti dicesse: ma che hai imbrattato a fare tanta carta per quaranta anni, se questo è il risultato finale? Mi spiace davvero che tale incidente di percorso sia capitato a te.
Eppure tutti noi, intendo dire cittadini viciniori e non sporchi di nefasto partitismo politicante, sappiamo che la verità è altra. Che Scicli è una comunità composta da cittadini onesti e laboriosi; che è pur vero che al suo interno da più anni hanno preso piede alcune isolate organizzazioni di delinquenza comune (ne sono prova anche i ripetuti incendi dolosi) che lo Stato non è riuscito a reprimere, tradendo i suoi compiti istituzionali di garante della legalità. Da qui a parlare di ‘città mafiosa’ il passo è lungo e davvero riprovevole per chi lo ha compiuto: Commissione prefettizia, Prefetto, Presidente della Regione, Ministero e Ministro dell’Interno, Presidente della Repubblica e per ultima ciliegina TAR del Lazio.
Capitano nella vita di ognuno di noi situazioni del genere in cui percepisci di avere tutti contro e simili contesti ti fanno parecchio male soprattutto quando ti senti tradito da Istituzioni pubbliche a cui tu, cittadino democratico, hai fatto riferimento nel passato, lo fai per il presente e vorresti farlo per il futuro. Tra le tante occorse a me, ricordo ancora oggi quando anni fa uscì un provvedimento demenziale con cui il Ministero della P.I. promuoveva a insegnanti di ruolo coloro che si trovavano nello stato giuridico di incaricati a tempo indeterminato, alla condizione che nei due precedenti anni scolastici avessero avuto l’incarico per 18 ore settimanali. Ebbene, in quei due anni mi erano stati assegnati – non certo per mia scelta – 21 ore settimanali e nel successivo 17 ore. Ossia, una media addirittura di 19, sovrabbondante ai richiesti 18. Non valse a nulla l’interpretazione della media; fu richiesto categoricamente ed ottusamente il requisito del 18 + 18. Io passai di ruolo nella successiva tornata; con ritardo di anni e con evidente danno subito nello stato giuridico ed economico. V’era da andare in bestia quando a posteriori ebbi a scoprire che quella assegnazione di 17 ore derivò da uno dei tanti ‘aggiustamenti’ che il funzionario statale (tuo concittadino) incaricato delle cosiddette ‘convocazioni’ usava operare a favore di insegnanti raccomandati da potentati politici, economici …ed anche sindacali. Percepisci in casi del genere la totale impotenza ed ogni reazione civile e pacifica diventa purtroppo inutile, da sassolino sparuto contro un enorme macigno.
Ti chiedi cosa fare oggi, dopo che Scicli ha subito questa onta infamante. Probabilmente la scelta più opportuna è quella di distogliere lo sguardo dai responsabili ‘lontani’, colpevoli di leggerezze decisionali ma impunibili:
da un Presidente della Repubblica che in genere firma tutti i piatti che i dettati della politica dominante gli sottopongono già ben cotti;
da un Ministero e da un Ministro degli Interni che nell’obiettivo di perseguire propri obiettivi politici non s’accorge di stridenti contraddizioni quale quella di aver asserito nella sua relazione “il
territorio del Comune di Scicli insiste in un contesto geografico caratterizzato da una radicata presenza di cosche mafiose” e nel contempo sopprime il Tribunale e la Procura di Modica, competenti per quel territorio;
da un Presidente della Regione, l’antimafioso per eccellenza Rosario Crocetta, che in un continuo eccesso di gestione confusionale oltre ad aver contribuito a condannare Scicli ha allargato i suoi funesti interventi a tutta l’Isola;
da una Commissione prefettizia e un Prefetto che grazie ad una narrazione ricca di ‘omissis’ hanno salvato le proprie omissioni (in termini di mancati opportuni interventi per ridurre la delinquenza comune) ed addebitato ad un’intera comunità un famigerato quanto ingiustificato teorema di mafiosità;
ed infine, da un Tar del Lazio che non giudica su singoli reati, ma esprime un giudizio complessivo su una comunità (che non conosce neanche lontanamente) e che conferma di apparirgli tutta ‘mafiosa’. E non emette un provvedimento sanzionatorio, ma adotta una soluzione ‘preventiva’ che la distrugge nell’immagine, facendo permanere il decreto di scioglimento del massimo consesso cittadino. Sentenza che possiede tutte le somiglianze del procedere di quel medico che, constatando di non poter eliminare la malattia, procede a sgravarne il paziente tramite una pilloletta a base di cianuro.
Appare piuttosto opportuno concentrare lo sguardo all’interno della stessa comunità, su cui possono individuarsi delle responsabilità ‘vicine’ e pertanto più facilmente condizionabili per un miglior futuro dello svolgersi sociale. Chiedendosi il perché di certi silenzi, di mancate eclatanti iniziative di protesta, di una facile arrendevolezza da parte della collettività che avrebbe potuto contrapporre ben altro che l’immobilismo nel lasso di un anno, da quando il 14 maggio 2015 il Presidente della Repubblica emanò il decreto di scioglimento del Consiglio comunale.
Mi sbaglio se affermo che la Scicli di alcuni decenni fa avrebbe reagito diversamente? Ossia, dove è finita l’identità di quella Città e quindi dei suoi cittadini? Con grosse responsabilità dell’attuale panorama politico cittadino che appare come vegetare in uno stato confusionale, che non fa più individuare pilastri da tenerlo in piedi con la dignità di un tempo, che non riesce ad essere credibile agli occhi dei cittadini, col risultato di una disaffezione generalizzata di giovani ed anziani che lasciano svolazzare il vento di maggioranze malamente accozzate e per quanto li riguarda prendono sempre più gusto nella chiusura nel privato. Gravose responsabilità da parti politiche ormai scomparse da ogni scena, da altre che compaiono in duplici versioni tra loro in contrasto e pur appartenenti alla stessa ‘ditta’ (come suol dire quel buon ‘rottamato’ di Bersani); o, per salire più in alto, da parte di candele spente che si ergono sugli scranni di Palazzo Madama o personaggi sbiaditi ben affezionati alla propria sostanziosa condizione reddituale, mantenuta grazie a sfilze di forestali che continuano ad apporre crocette utili in cabine d’ogni tornata.
Ho letto sul GDS dello scorso 3 aprile il ‘documento’ diffuso dai 17 firmatari del ricorso al TAR, ove si evince uno stato di riflessione circa la decisione di proporre appello, col nobile obiettivo di “riabilitare il buon nome della città”. Mi chiedo che senso ha ricorrere nuovamente a giudici amministrativi. Il danno ormai è avvenuto ed il furto della dignità cittadina è stato in gran parte consumato. Perché 17 ‘paladini’ – e solo essi, tra il silenzio di tanti altri – dovrebbero ulteriormente sottrarre fondi all’economia delle proprie unità familiari, con il rischio dell’uscita di ulteriori fondi dalle casse comunali perché è probabile che i tre Commissari reitereranno (il loro ricorso al TAR ha comportato 8.000 € di acconto-parcella a un legale palermitano) l’irrituale atto di presentare un ‘controricorso’ al fine di tutelare ancora la propria presenza di commissariamento degli organismi politici?
Ritengo piuttosto più utile la programmazione di un progetto di lavoro politico-sociale che coinvolga più attori possibile e da svolgere nel medio e lungo periodo affinché la comunità ritorni ad essere partecipe dei propri destini.
Tra i firmatari del suddetto ‘documento’ individuo di particolare interesse la presenza di tuo figlio Marco; persona che nei ripetuti interventi che ho avuto modo di apprezzare si rivela onesta, seria e preparata e che potrà dare parecchio alla sua città. A condizione che stia lontano dal ruolo di ‘professionista’ della politica, sono certo che sarà uno dei futuri sindaci ed un buon sindaco (in genere in tali previsioni non mi sbaglio, per un semplice motivo: mi cimento in ipotesi troppo facili e semplici per essere mancate). Con l’augurio che l’organizzazione partitica ove milita abbia a darsi caratteristiche diverse rispetto alle attuali, di poca coerenza e di mancanza d’unità.
Caro Franco, questo scritto ti giunge da chi vive in una città che non è stata dichiarata mafiosa, ma che di problematiche ne ha tante e di certo di numero non inferiore a quelle di Scicli. Intendo riferirmi ad una Modica che è ancora alla ricerca di una propria specifica identità, senza essere riuscita a percorrere una qualche strada che faccia pensare di poterla trovare da qui a poco. Ed intanto assiste al proprio declino e a pesanti sconfitte, nelle potenzialità del settore agricolo ed artigianale e nelle opportunità del terziario che si riducono sempre di più. Arrampicata da qualche anno sugli specchi di un turismo che non decolla per mille motivi, tra cui una appena mediocre professionalità degli operatori e la presenza di spirito speculativo – per fortuna non diffuso – di alcuni che vedono la figura del turista come pollo da spennare piuttosto che come soggetto da conquistare. Con una classe politica al governo che di quinquennio in quinquennio appare abbia sempre meno cognizione dell’abc di corrette e sane prassi amministrative, in un contesto ove la seria vivacità del dibattito pubblico si è persa per strada, ove la spigolosità di pochi prevale su quella che dovrebbe essere la saggia rotondità della partecipazione collettiva.
In simili deludenti contesti, il tuo ed il mio, è proprio il caso che ci formuliamo tanti auguri. Per saper svolgere al meglio il nostro ruolo – non certo facile - di promotori di buona informazione locale.
Un fraterno abbraccio, con la stima di sempre.
Piero Vernuccio