"UN ´LATITANTE´ ECCELLENTE NELLA CONTEA DI MODICA: MICHELANGELO MERISI DETTO IL CARAVAGGIO " DEL PROF. FRANCESCO EREDDIA ( seconda parte )

"Detentus in carceris Sancti Angeli ab eis aufugit funibus scalando dictum castrum, et sine licentia illustrissimi et reverendissimi domini Magni Magistri et contram formam statuti decimi tertiii de prohibitionibus et poenis. [...]
"Frater Michael Angelus Marresi de Caravaggio habitu privatus et extra ordinem et consortium nostrum tanquam membrum putridum et foetidum eiectus et separatus fuit".
Il pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio era stato incarcerato nel castello di Malta dell´Ordine gerosolimitano dei Cavalieri di S. Giovanni nell´agosto 1608, ma da lì era fuggito a ottobre calandosi con una fune lungo il muro ("aufugit funibus scalando dictum murum") e senza nessuna autorizzazione da parte del Gran Maestro dell´Ordine ("sine licentia ill.mi et rev.mi Magni Magistri"). Il 1° dicembre successivo il Consiglio, considerandolo ufficialmente contumace e latitante ne decretava la privazione della divisa di cavaliere ("habitu privatus") e l´espulsione dall´Ordine ("extra Ordinem et consortium nostrum... eiectus et separatus fuit").
Nel 1606 il Caravaggio a Roma era rimasto coinvolto in una rissa, nel corso della quale aveva ucciso il suo diretto avversario ed era rimasto lui stesso gravemente ferito. Colpito da "bando capitale", cioè da un mandato di cattura che prevedeva la pena di morte (il documento non è stato mai reperito, e dunque non si conoscono a tutt´oggi le vere motivazioni di quella condanna a morte senza appello), il "bandito" Michelangelo Merisi era stato curato e tenuto nascosto dalla sua protettrice marchesa di Caravaggio, che altri non era che Costanza Colonna, sorella di Vittoria Colonna e figlia dunque di Marcantonio, trionfatore a Lepanto e viceré di Sicilia. Nei feudi laziali dei Colonna, Paliano e Palestrina, il Caravaggio rimase nascosto alcuni mesi come latitante ("prosecuto"), finché venne portato segretamente a Napoli, dove viveva un´altra sorella di Costanza e Vittoria, cioè Giovanna Colonna moglie del nobile napoletano Antonio Carafa duca di Mondragone.
Marcantonio Colonna aveva avuto anche due figli maschi: il cardinale Ascanio e Fabrizio, morto giovanissimo nel 1580, il quale aveva sposato Anna Borromeo, sorella del cardinale Federico Borromeo, immortalato dal romanzo manzoniano. Il quale, però, avendo conosciuto a Roma il Caravaggio, lo aveva definito "di sozzi costumi" e "uomo contaminato" (il riferimento era alla sua omosessualità), sottolineando il fatto che il pittore "si vivea del continuo fra i garzoni delle cucine dei signori della Corte". Il che dà anche la misura della distanza profonda del Caravaggio dalle norme tridentine e dall´osservanza controriformistica. Anzi, sono stati giustamente evidenziati importanti contatti che, per tutto il periodo romano, il pittore aveva avuto con alcuni intellettuali (pittori, ma anche medici, scienziati e archeologi), tutti imbevuti dello spirito libertino del tempo e assai vicini alle dottrine luterane. E´ proprio in questo andare controcorrente e prendersi quasi gioco dei Canoni tridentini, che bisogna probabilmente cercare le vere ragioni – al di là della rissa, ultimo gesto di uno spirito ribelle – del "bando capitale" che aveva colpito il Caravaggio.
Con l´appoggio del cardinale Ascanio Colonna, che deteneva il priorato di Venezia dell´Ordine gerosolimitano, e del nipote di questo, Fabrizio Colonna figlio di Costanza Colonna e comandante della flotta dei Cavalieri gerosolimitani con il titolo di "Generale delle Galere di Malta", il Caravaggio venne trasferito in gran segreto a Malta, dove sbarcò nel luglio 1607. Lì trovò un suo compagno della sregolata vita romana (ma fra i due c´era forse più che una semplice ´amicizia´), il pittore siracusano Mario Minniti, coinvolto anche lui nella rissa di cui si diceva e "prosecuto" per bigamia, in quanto aveva una moglie a Mussomeli in Sicilia e un´altra a Malta. Tramite il sostegno di questi influenti personaggi, il Caravaggio fu ammesso nell´Ordine dei Cavalieri di Malta nel luglio 1608 (a un anno di distanza dal suo arrivo) con il grado più basso di "Cavaliere di gratia ".
Appena tre mesi dopo, "havendo non so che disparere con un cavaliere di Giustitia, Michelagnolo gli fece non so che affronto, e però ne fu posto in prigione". In realtà fu un´altra rissa a farlo sprofondare di nuovo in quella condizione di "prosecuto" da cui non era veramente mai uscito, "anche se è difficile ricostruire cosa causò il violento tumulto", scoppiato nella notte del 18 agosto 1608. Un tumulto che si concluse con un ferito grave, il cavaliere fra Giovanni Rodomonte Roero conte della Vezza di Asti. Pare che causa della rissa fu un giovinetto, un paggio, legato peraltro da tenera ´amicizia´ al Gran Maestro dell´Ordine.
Subito dopo quel fatto di sangue il Caravaggio venne arrestato e detenuto nel forte maltese di Castel Sant´Angelo da cui, come si è detto, nel mese di ottobre evase con il solito appoggio dei suoi potenti protettori. Si tenga presente che il procuratore delle carceri dell´Ordine di Malta era Girolamo Carafa, congiunto del nobile napoletano Antonio Carafa marito, abbiamo visto, di Giovanna Colonna, sorella di Costanza marchesa di Caravaggio e di Vittoria Colonna. Qualche mese dopo (dicembre 1608) gli venivano comminate in contumacia la privazione dell´abito e l´espulsione dall´Ordine. Tutto sembrerebbe ricondurre l´espulsione alla rissa fra cavalieri in cui il pittore era rimasto coinvolto, ma a non rendere così certa e scontata questa conclusione sono gli stessi Statuti dell´Ordine. Emanati dal Gran Maestro Alof de Wignacourt nei 1603, essi per la verità prevedevano la privazione dell´abito e l´espulsione nei casi di omicidio, furto, eresia e sodomia. Ognuno tragga, a questo punto, le proprie conclusioni.
L´unico fatto certo è che adesso era doppiamente "prosecuto": da una parte, in virtù del "bando capitale" comminatogli dall´Inquisizione romana, e dall´altra dai Cavalieri di Malta per quest´ultimo episodio.
Chi lo aveva aiutato a fuggire da Malta (i soliti Colonna?) lo aveva fatto sbarcare non certo nel porto di Siracusa, dove avrebbe corso il rischio di essere notato, bensì, come è stato proposto, in quello di Pozzallo, o ancor meglio, pensiamo, in quanto più lontano da sguardi indiscreti, nello scaro di Cammarana/Scoglitti. In ogni caso nel territorio della contea di Modica.
Qui, inoltre, c´era quel don Vincenzo Giustiniani committente di Caravaggio, legato a sua volta da parentela anche ai Dini di Firenze (sarà il nipote Giov. Battista Dini il suo esecutore testamentario), amministratore, come si è detto, dell´intera contea di Modica. Qui c´era molto probabilmente anche Mario Minniti, il pittore che il Caravaggio aveva ritrovato a Malta e che si era allontanato in fretta dall´isola dei Cavalieri prima dell´evasione rocambolesca del nostro, evidentemente perché informato che stavano per arrestarlo. Quale rifugio migliore, d´altra parte, per dei "prosecuti", che una città di recentissima fondazione nel cui bando di assegnazione delle terre veniva garantita ogni immunità a chi fosse andato ad abitarvi, Vittoria appunto, ancora poco popolata e capace di garantire la massima discrezione? Circa, poi, l´ospitalità concessa a dei latitanti ricercati dall´Inquisizione da parte della contessa Vittoria Colonna, essa ci appare del tutto in linea con la nota opposizione della contessa e dei suoi più alti dirigenti (inclusi l´arrendatario don Vincenzo Giustiniani e il nipote "Dini Giovanbattista" i cui "Conti" sono stati alla base di tutto questo discorso) agli arroganti abusi di potere dei familiari del Sant´Uffizio.
Godendo di così potenti protezioni, appare naturale che il Caravaggio in quell´anno circa di latitanza (dalla fuga da Malta, ottobre 1608, all´arresto nella "nuova terra della Vittoria", fine agosto 1609) abbia potuto muoversi abbastanza agevolmente anche al di fuori della contea di Modica e dare vita ad una frenetica e feconda produzione artistica in varie città della Sicilia.
Nel territorio della contea di Modica, poi, restano evidentissime tracce della presenza e dell´attività pittorica del Caravaggio e di una sorta di scuola caravaggesca molto attiva e operante con esiti artistici notevolissimi.
Ma i Cavalieri di Malta non gli davano tregua: a tutti a quel tempo era nota l´inesorabilità istituzionale con cui l´Ordine era solito perseguitare in ogni dove i suoi adepti macchiatisi di colpe. E a Modica, lo sappiamo, c´era una potente Commenda dell´Ordine gerosolimitano. A un certo momento il terreno avrà cominciato a scottare sotto i piedi dei "prosecuti": forse qualche cavaliere d´alto rango della contea aveva denunciato al Sant´Uffizio la presenza nel territorio comitale dei latitanti. Si preferì, allora, dal momento che non c´era più la possibilità di continuare a nasconderli, consegnarli al foro vescovile di "Monsignor vescovo a Syracusa", data la notoria durezza e spietatezza del foro del Sant´Uffizio dove i giudizi duravano anni e le condizione della prigionia erano terribili. Senza dire che in un tribunale vescovile era ben possibile a due cardinali, quali Ascanio Colonna e Benedetto Giustiniani, fratello di don Vincenzo Giustiniani, manovrare per un esito positivo del processo.
Il pittore Mario Minniti a partire dal 1610-11 lo troviamo libero di svolgere la sua attività pittorica, nella quale eccelse al punto da essere rinomato in tutta la Sicilia, fino alla morte avvenuta a Siracusa (dove risiedette pressoché ininterrottamente dal 1614 in poi) nel 1640.
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nell´ottobre di quello stesso anno 1609 da Siracusa si imbarcò per Napoli. Per circa otto mesi rimase a Napoli, ospite del principe di Stigliano Luigi Carafa Colonna, figlio di Giovanna Colonna. Da lì nel luglio 1610 si recò a Porto Ercole, per imbarcarsi alla volta di Roma. Fermato dalle guardie spagnole per un tragico scambio di persona, perdette la nave diretta a Roma, su cui aveva già imbarcato i suoi ultimi dipinti. Colto da febbre malarica, morì sulla spiaggia deserta il 18 luglio, a soli trentanove anni.
FRANCESCO EREDDIA
2. FINE
"Frater Michael Angelus Marresi de Caravaggio habitu privatus et extra ordinem et consortium nostrum tanquam membrum putridum et foetidum eiectus et separatus fuit".
Il pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio era stato incarcerato nel castello di Malta dell´Ordine gerosolimitano dei Cavalieri di S. Giovanni nell´agosto 1608, ma da lì era fuggito a ottobre calandosi con una fune lungo il muro ("aufugit funibus scalando dictum murum") e senza nessuna autorizzazione da parte del Gran Maestro dell´Ordine ("sine licentia ill.mi et rev.mi Magni Magistri"). Il 1° dicembre successivo il Consiglio, considerandolo ufficialmente contumace e latitante ne decretava la privazione della divisa di cavaliere ("habitu privatus") e l´espulsione dall´Ordine ("extra Ordinem et consortium nostrum... eiectus et separatus fuit").
Nel 1606 il Caravaggio a Roma era rimasto coinvolto in una rissa, nel corso della quale aveva ucciso il suo diretto avversario ed era rimasto lui stesso gravemente ferito. Colpito da "bando capitale", cioè da un mandato di cattura che prevedeva la pena di morte (il documento non è stato mai reperito, e dunque non si conoscono a tutt´oggi le vere motivazioni di quella condanna a morte senza appello), il "bandito" Michelangelo Merisi era stato curato e tenuto nascosto dalla sua protettrice marchesa di Caravaggio, che altri non era che Costanza Colonna, sorella di Vittoria Colonna e figlia dunque di Marcantonio, trionfatore a Lepanto e viceré di Sicilia. Nei feudi laziali dei Colonna, Paliano e Palestrina, il Caravaggio rimase nascosto alcuni mesi come latitante ("prosecuto"), finché venne portato segretamente a Napoli, dove viveva un´altra sorella di Costanza e Vittoria, cioè Giovanna Colonna moglie del nobile napoletano Antonio Carafa duca di Mondragone.
Marcantonio Colonna aveva avuto anche due figli maschi: il cardinale Ascanio e Fabrizio, morto giovanissimo nel 1580, il quale aveva sposato Anna Borromeo, sorella del cardinale Federico Borromeo, immortalato dal romanzo manzoniano. Il quale, però, avendo conosciuto a Roma il Caravaggio, lo aveva definito "di sozzi costumi" e "uomo contaminato" (il riferimento era alla sua omosessualità), sottolineando il fatto che il pittore "si vivea del continuo fra i garzoni delle cucine dei signori della Corte". Il che dà anche la misura della distanza profonda del Caravaggio dalle norme tridentine e dall´osservanza controriformistica. Anzi, sono stati giustamente evidenziati importanti contatti che, per tutto il periodo romano, il pittore aveva avuto con alcuni intellettuali (pittori, ma anche medici, scienziati e archeologi), tutti imbevuti dello spirito libertino del tempo e assai vicini alle dottrine luterane. E´ proprio in questo andare controcorrente e prendersi quasi gioco dei Canoni tridentini, che bisogna probabilmente cercare le vere ragioni – al di là della rissa, ultimo gesto di uno spirito ribelle – del "bando capitale" che aveva colpito il Caravaggio.
Con l´appoggio del cardinale Ascanio Colonna, che deteneva il priorato di Venezia dell´Ordine gerosolimitano, e del nipote di questo, Fabrizio Colonna figlio di Costanza Colonna e comandante della flotta dei Cavalieri gerosolimitani con il titolo di "Generale delle Galere di Malta", il Caravaggio venne trasferito in gran segreto a Malta, dove sbarcò nel luglio 1607. Lì trovò un suo compagno della sregolata vita romana (ma fra i due c´era forse più che una semplice ´amicizia´), il pittore siracusano Mario Minniti, coinvolto anche lui nella rissa di cui si diceva e "prosecuto" per bigamia, in quanto aveva una moglie a Mussomeli in Sicilia e un´altra a Malta. Tramite il sostegno di questi influenti personaggi, il Caravaggio fu ammesso nell´Ordine dei Cavalieri di Malta nel luglio 1608 (a un anno di distanza dal suo arrivo) con il grado più basso di "Cavaliere di gratia ".
Appena tre mesi dopo, "havendo non so che disparere con un cavaliere di Giustitia, Michelagnolo gli fece non so che affronto, e però ne fu posto in prigione". In realtà fu un´altra rissa a farlo sprofondare di nuovo in quella condizione di "prosecuto" da cui non era veramente mai uscito, "anche se è difficile ricostruire cosa causò il violento tumulto", scoppiato nella notte del 18 agosto 1608. Un tumulto che si concluse con un ferito grave, il cavaliere fra Giovanni Rodomonte Roero conte della Vezza di Asti. Pare che causa della rissa fu un giovinetto, un paggio, legato peraltro da tenera ´amicizia´ al Gran Maestro dell´Ordine.
Subito dopo quel fatto di sangue il Caravaggio venne arrestato e detenuto nel forte maltese di Castel Sant´Angelo da cui, come si è detto, nel mese di ottobre evase con il solito appoggio dei suoi potenti protettori. Si tenga presente che il procuratore delle carceri dell´Ordine di Malta era Girolamo Carafa, congiunto del nobile napoletano Antonio Carafa marito, abbiamo visto, di Giovanna Colonna, sorella di Costanza marchesa di Caravaggio e di Vittoria Colonna. Qualche mese dopo (dicembre 1608) gli venivano comminate in contumacia la privazione dell´abito e l´espulsione dall´Ordine. Tutto sembrerebbe ricondurre l´espulsione alla rissa fra cavalieri in cui il pittore era rimasto coinvolto, ma a non rendere così certa e scontata questa conclusione sono gli stessi Statuti dell´Ordine. Emanati dal Gran Maestro Alof de Wignacourt nei 1603, essi per la verità prevedevano la privazione dell´abito e l´espulsione nei casi di omicidio, furto, eresia e sodomia. Ognuno tragga, a questo punto, le proprie conclusioni.
L´unico fatto certo è che adesso era doppiamente "prosecuto": da una parte, in virtù del "bando capitale" comminatogli dall´Inquisizione romana, e dall´altra dai Cavalieri di Malta per quest´ultimo episodio.
Chi lo aveva aiutato a fuggire da Malta (i soliti Colonna?) lo aveva fatto sbarcare non certo nel porto di Siracusa, dove avrebbe corso il rischio di essere notato, bensì, come è stato proposto, in quello di Pozzallo, o ancor meglio, pensiamo, in quanto più lontano da sguardi indiscreti, nello scaro di Cammarana/Scoglitti. In ogni caso nel territorio della contea di Modica.
Qui, inoltre, c´era quel don Vincenzo Giustiniani committente di Caravaggio, legato a sua volta da parentela anche ai Dini di Firenze (sarà il nipote Giov. Battista Dini il suo esecutore testamentario), amministratore, come si è detto, dell´intera contea di Modica. Qui c´era molto probabilmente anche Mario Minniti, il pittore che il Caravaggio aveva ritrovato a Malta e che si era allontanato in fretta dall´isola dei Cavalieri prima dell´evasione rocambolesca del nostro, evidentemente perché informato che stavano per arrestarlo. Quale rifugio migliore, d´altra parte, per dei "prosecuti", che una città di recentissima fondazione nel cui bando di assegnazione delle terre veniva garantita ogni immunità a chi fosse andato ad abitarvi, Vittoria appunto, ancora poco popolata e capace di garantire la massima discrezione? Circa, poi, l´ospitalità concessa a dei latitanti ricercati dall´Inquisizione da parte della contessa Vittoria Colonna, essa ci appare del tutto in linea con la nota opposizione della contessa e dei suoi più alti dirigenti (inclusi l´arrendatario don Vincenzo Giustiniani e il nipote "Dini Giovanbattista" i cui "Conti" sono stati alla base di tutto questo discorso) agli arroganti abusi di potere dei familiari del Sant´Uffizio.
Godendo di così potenti protezioni, appare naturale che il Caravaggio in quell´anno circa di latitanza (dalla fuga da Malta, ottobre 1608, all´arresto nella "nuova terra della Vittoria", fine agosto 1609) abbia potuto muoversi abbastanza agevolmente anche al di fuori della contea di Modica e dare vita ad una frenetica e feconda produzione artistica in varie città della Sicilia.
Nel territorio della contea di Modica, poi, restano evidentissime tracce della presenza e dell´attività pittorica del Caravaggio e di una sorta di scuola caravaggesca molto attiva e operante con esiti artistici notevolissimi.
Ma i Cavalieri di Malta non gli davano tregua: a tutti a quel tempo era nota l´inesorabilità istituzionale con cui l´Ordine era solito perseguitare in ogni dove i suoi adepti macchiatisi di colpe. E a Modica, lo sappiamo, c´era una potente Commenda dell´Ordine gerosolimitano. A un certo momento il terreno avrà cominciato a scottare sotto i piedi dei "prosecuti": forse qualche cavaliere d´alto rango della contea aveva denunciato al Sant´Uffizio la presenza nel territorio comitale dei latitanti. Si preferì, allora, dal momento che non c´era più la possibilità di continuare a nasconderli, consegnarli al foro vescovile di "Monsignor vescovo a Syracusa", data la notoria durezza e spietatezza del foro del Sant´Uffizio dove i giudizi duravano anni e le condizione della prigionia erano terribili. Senza dire che in un tribunale vescovile era ben possibile a due cardinali, quali Ascanio Colonna e Benedetto Giustiniani, fratello di don Vincenzo Giustiniani, manovrare per un esito positivo del processo.
Il pittore Mario Minniti a partire dal 1610-11 lo troviamo libero di svolgere la sua attività pittorica, nella quale eccelse al punto da essere rinomato in tutta la Sicilia, fino alla morte avvenuta a Siracusa (dove risiedette pressoché ininterrottamente dal 1614 in poi) nel 1640.
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nell´ottobre di quello stesso anno 1609 da Siracusa si imbarcò per Napoli. Per circa otto mesi rimase a Napoli, ospite del principe di Stigliano Luigi Carafa Colonna, figlio di Giovanna Colonna. Da lì nel luglio 1610 si recò a Porto Ercole, per imbarcarsi alla volta di Roma. Fermato dalle guardie spagnole per un tragico scambio di persona, perdette la nave diretta a Roma, su cui aveva già imbarcato i suoi ultimi dipinti. Colto da febbre malarica, morì sulla spiaggia deserta il 18 luglio, a soli trentanove anni.
FRANCESCO EREDDIA
2. FINE