"VITTI ´NA CROZZA": STORIA DI UNA CANZONE ( DALLA RIVISTA " LUMIE DI SICILIA " A CURA DI ADOLFO VALGUARNERA )
È la locandina del film "Il cammino della
speranza" le cui riprese cominciarono a
Favara, in provincia di Agrigento, nel 1950.
Per chi non ricorda o non ha mai visto il
film – e a tanti farebbe un gran bene
vederlo, visto che parla dei nostri nonni, poveri e
dispe-rati emigranti in cerca di lavoro fuori dal
proprio Paese - diciamo subito che la nostra canzone
ne "Il cammino della speranza" è indiscussa
protagonista sonora. E diciamo anche che senza
questo film ´ Vitti ´na crozza´ forse non sarebbe mai
nata.
Ma andiamo con ordine: è il 1950 quando Pietro
Germi, già conosciuto e apprezzato regista, viene in
Sicilia per iniziare le riprese del suo film, inizialmente
intitolato ´ Terroni´. Ad Agrigento gli viene presentato
il Maestro Franco Li Causi, chitarrista, compositore,
nonché Direttore di una sua orchestra, a cui chiede (e
usiamo le parole del Maestro tratte dalla lunga
intervista concessa al giornalista Gabriello Montemagno
nel 1978) " un motivo allegro-tragico-sentimentale
" da inserire nel film. Nessuna delle tante
composizioni del Maestro soddisfa il regista, che però
invita il Li Causi ad assistere alle riprese nella vicina
Favara. E proprio sul set comincia la nostra storia: il
16 marzo del 1950, il minatore Giuseppe Cibardo
Bisaccia (che avrà poi una particina nel film) recita a
Germi una poesia popolare che ricorda a memoria;
questi sono i versi recitati quel giorno:
Vitti ´na crozza supra nu cannuni
fui curiusu e ci vosi spiari
idda m´arrispunniu cu gran duluri
muriri senza toccu di campani
Si ´nni eru si ´nni eru li me anni
si ´nni eru si ´nni eru e nun sacciu unni
ora ca su arrivati a ottant´anni
u vivu chiama e u mortu unn´arrispunni
Cunzatimi cunzatimi stu lettu
ca di li vermi su manciatu tuttu
si nun lu scuttu cca lu me piccatu
lu scuttu a chidda vita a sangu ruttu
(Vidi un teschio sopra un cannone/fui curioso e gli
volli chiedere/esso mi rispose con gran dolore/morire
senza tocco di campane Se ne sono andati i miei
anni/se ne sono andati non so dove/ora che sono
arrivati a ottant´anni/il vivo chiama e il morto non
risponde Preparatemi il letto/perché dai vermi sono
tutto divorato/se non lo espio qua il mio peccato/ lo
espierò in quella vita col mio sangue)
Germi resta affascinato dai versi e chiede a Li Causi se
può musicarli; Li Causi si apparta sotto un albero, un
piede appoggiato a un muretto per sostenere la sua
chitarra, e compone la musica che tutti conosciamo.
E subito capisce che ha creato una melodia
orecchiabile, di impatto positivo e immediato,
piacevole e cantabile. Il giorno stesso spedisce alla
Società che tutela il diritto d´autore, la SIAE, il
deposito della sua composizione. In futuro, come
vedremo, questo atto burocratico sarà di vitale
importanza.
La nuova ´antica´ canzone si diffonde subito:
testimonia Alfieri Canavero – allora giovane operatore
cinematografico oggi vispo ottantaduenne – che,
sempre nel corso delle riprese, scesero un giorno in
miniera dove, immersi in un caldo insopportabile,
praticamente senza vestiti addosso, i minatori
stavano cantando ´ Vitti ´na crozza´ , accompagnandosi
col ritmo ... della pompa dell´aria. E lì il Canavero
realizzò la prima registrazione della canzone, con un
piccolo registratore a cavo che aveva con sé.
La canzone entra di diritto nella colonna sonora del
film così da essere conosciuta in breve tempo in tutta
Italia. Verrà conosciuta la canzone, non l´autore della
musica, non citato né sulla locandina del film, né nei
titoli di testa o di coda: autore delle musiche, di tutte
le musiche, risulta Carlo Rustichelli, famoso autore di
colonne sonore. Fu per rispetto nei suoi confronti che
regista e produzione evitarono di citare il Li Causi
come autore? O c´era in atto un tentativo di appropriarsi
di un probabile successo discografico? Oggi
non possiamo rispondere a questa domanda; è certo
che il successo ci fu e varcò i confini della Sicilia e
dell´Italia. Non solo per merito del film, ma anche
perché nel 1951 il Maestro Li Causi fa incidere ´Vitti
´na crozza´ al tenore Michelangelo Verso in un disco
della CETRA e l´etichetta, dopo il titolo, recita ´ trascr.
F.Li Causi ´. Il disco avrà un grande successo e farà
conoscere in America questo pezzetto sonoro di
Sicilia. Il motivo per cui l´autore risulta semplicemente
´trascrittore´ è presto detto: all´epoca la SIAE
non prevedeva la possibilità che un testo antico di
anonimo potesse essere musicato successivamente e
avere così un autore della melodia.
Ma è uno dei pochi casi in cui il nome di Li Causi
figura; in tanti, successivamente, incideranno la
canzone, senza mai citare l´autore della musica. La
canzone, anzi, passa per ´tradizionale´ e va acquistando
un passato, una storia che in verità non ha mai
avuto e non poteva avere. A titolo d´esempio
vogliamo citare una pubblicazione dei primi anni ´60:
" Un secolo di canzoni" a cura di F.Rocchi, Roma,
Parenti 1961. È una raccolta di ´fogli volanti´, di quei
fogli a stampa, cioè, venduti dai cantastorie quando
ancora non c´erano o non avevano larga diffusione i
dischi: ne riporta ben 377, copie perfette degli originali,
recuperati in tutte le regioni d´ Italia; e a pagina
378, a chiusura del volume si può leggere:1914.
Scoppia la " grande guerra ".
Altre canzoni, altri fogli volanti.
Qui termina la nostra raccolta perché riteniamo non
solo che abbia inizio un nuovo ciclo della storia, ma
anche un nuovo gusto per la poesia popolare e per la
sua musica.
5
" Vittì " (sic!) è un vecchio canto di guerra siciliano:
lo cantarono gli insorti di Garibaldi nella spedizione
dei Mille, lo cantarono i fanti siciliani, sul Carso, sul
Pasubio, sul Piave; è bello nel suo tragico linguaggio
come nel ritmo della musica e può chiudere
degnamente la lunga catena qui presentata.
E a pagina 379 viene pubblicata ´Vitti ´na crozza´ –
ovviamente non il suo foglio volante, che non può
esistere – un po´ storpiata nel testo e nel dialetto, ma
indiscutibilmente lei. Nel disco allegato un famoso
cantante – Domenico Modugno – canta per la prima
volta ´Vitti ´na crozza´, canto tradizionale siciliano! E´
ovvio che pubblicazioni di questo genere o meglio
invenzioni di questo genere non fanno altro che
alimentare gli equivoci: basta pensare che anche il
nostro Andrea Camilleri è stato tratto in inganno
dalla presunta ´anzianità´ della composizione, e la fa
figurare nel repertorio dei due suonatori che nel
romanzo "Il casellante" (ambientato nei primissimi
anni ´40) allietano i clienti del barbiere del loro paese.
Ma in verità prima del film e del disco CETRA nessuno
aveva mai sentito questa canzone; e purtroppo le
raccolte di canti popolari siciliani – dove sono riportati
circa 20.000 canti – sono appunto raccolte di
canti, non di poesie. L´unica vaga rassomiglianza con
la nostra canzone la troviamo nel ´ Corpus di musiche
popolari siciliane´ di Alberto Favara: dal numero 175
al 178 sono trascritte quattro varianti di un canto
dove il protagonista sogna una crozza e con essa si
mette a parlare; ma la somiglianza finisce qui. Tra
l´altro la raccolta del Favara – compilata a cavallo tra
´800 e ´900 – viene pubblicata solamente nel 1957.
Ma altre questioni ha fatto sorgere la nostra canzone:
cosa vuol dire esattamente? Di cosa parla? A chi
vanno attribuite correttamente le varie parti del
dialogo? Sempre che di dialogo si tratti! Ogni
versione in prosa proposta finora ha sempre lasciato
gli stessi interrogativi iniziali. È corretto allora
avanzare qualche ipotesi: e tra le più fondate c´è
quella che possiamo chiamare ´dei pezzi mancanti´. In
ogni trasmissione orale, affidata cioè alla memoria di
chi trasmette l´informazione, occorre fare i conti con
la possibilità che l´informatore non ricordi esattamente
quello che, a sua volta, ha ascoltato e di cui
vuole riferire; abbiamo allora delle lacune, ma anche
delle aggiunte del tutto originali o estrapolate da
altra fonte. Se pensiamo poi che la canzuni siciliana –
e per canzuni si deve intendere un componimento
non necessariamente con musica – è formata da otto
endecasillabi a rima alternata, Vitti ´na crozza
potrebbe essere una ballata formata da tre o più
canzuni di cui si sono perse varie componenti.
Ma forse si deve proprio a questa possibilità di
interpretazioni varie, a questo mistero, a questa serie
di allusioni proprie di ´Vitti ´na crozza´ se il canto ha
subito affascinato. Riporto qui qualche possibilità di
interpretazione, che chi naviga in internet già
conosce: il cannuni non è un cannone, ma una torre a
cui venivano appese le gabbie coi condannati, fino
alla loro riduzione in ossa consunte dalle intemperie
e dal sole, perchè servissero da monito ed esempio.
Ma in nessun dialetto della nostra Isola cannuni ha il
significato di torre, torrione o simili; certo, possiamo
trovare - per esempio a Mazzarino – l´uso di chiamare
la torre del castello ´u cannuni (il cannone); ma è
quella torre a essere ´u cannuni , non tutte le torri e,
in ogni caso, la ´crozza´ sarebbe ´mpisa e non supra.
Il cannuni non è cannuni, bensì cantuni, che, nelle
pirrere del trapanese – cioè nelle miniere, nelle cave
– è un concio di tufo, di arenaria, ed anche il luogo di
lavoro dei minatori; ricordiamo qui che il Cibardo
Bisaccia era proprio minatore, ma dell´agrigentino. È
possibile che, imparata la poesia nella provincia di
Trapani o da qualcuno proveniente dal trapanese,
abbia poi sostituito, in maniera del tutto automatica,
il termine per lui senza significato con un termine più
familiare. Ipotesi affascinante – sposta l´attenzione
dalla guerra a un disastro in miniera, frequente fino a
qualche decennio fa in Sicilia – ma, proprio per
l´assenza di raccolte di componimenti poetici, ormai
difficilmente verificabile.
In ogni caso, sia che la poesia alluda a fatti di guerra o
a disastri minerari o a condannati a morte, stona
parecchio quell´assurdo ritornello, il famigerato
tirollalleru che nei primi anni ´60 qualcuno infilò tra
una strofa e l´altra, consegnando il canto al filone più
´turistico´ del folklore siciliano Ritornello che male si
accorda con l´impianto generale del canto, e che
induce ad un accompagnamento che si discosta
nettamente dalle prime esecuzioni, quelle per
intenderci presenti nel film o registrate dal tenore
Michelangelo Verso, più vicine agli intendimenti del
Maestro Li Causi. Il quale – e qui chiudiamo – dovette
fare causa alla SIAE per avere riconosciuta la
paternità della musica; paternità che infine, grazie a
decine di testimonianze (tra cui quella di Cibardo
Bisaccia) e a quel deposito alla SIAE del 1950, gli
venne riconosciuta ´a norma di legge´ nel luglio del
1979. Ma, dopo neanche un anno, il Maestro Franco
Li Causi moriva.
Senza nulla togliere nulla al merito del maestro
Licausi, siamo certi che trattasi di canto tradizionale
siciliano che parla dell´avversione dei siciliani verso la
guerra e del loro amore per la terra , il sole , i fiori e
l´amore per la vita.
Del resto quando mai i siciliani sono scesi in guerra e
si sono ribellati? L´ultima volta erano i Vespri , ma
sempre per le proprie donne e l´onore.
Possiamo provare a dare un significato coerente a
questa poesia che è da considerare la SINTESI DELLA
VITA.
Notizie raccolte qua e là su youtube
speranza" le cui riprese cominciarono a
Favara, in provincia di Agrigento, nel 1950.
Per chi non ricorda o non ha mai visto il
film – e a tanti farebbe un gran bene
vederlo, visto che parla dei nostri nonni, poveri e
dispe-rati emigranti in cerca di lavoro fuori dal
proprio Paese - diciamo subito che la nostra canzone
ne "Il cammino della speranza" è indiscussa
protagonista sonora. E diciamo anche che senza
questo film ´ Vitti ´na crozza´ forse non sarebbe mai
nata.
Ma andiamo con ordine: è il 1950 quando Pietro
Germi, già conosciuto e apprezzato regista, viene in
Sicilia per iniziare le riprese del suo film, inizialmente
intitolato ´ Terroni´. Ad Agrigento gli viene presentato
il Maestro Franco Li Causi, chitarrista, compositore,
nonché Direttore di una sua orchestra, a cui chiede (e
usiamo le parole del Maestro tratte dalla lunga
intervista concessa al giornalista Gabriello Montemagno
nel 1978) " un motivo allegro-tragico-sentimentale
" da inserire nel film. Nessuna delle tante
composizioni del Maestro soddisfa il regista, che però
invita il Li Causi ad assistere alle riprese nella vicina
Favara. E proprio sul set comincia la nostra storia: il
16 marzo del 1950, il minatore Giuseppe Cibardo
Bisaccia (che avrà poi una particina nel film) recita a
Germi una poesia popolare che ricorda a memoria;
questi sono i versi recitati quel giorno:
Vitti ´na crozza supra nu cannuni
fui curiusu e ci vosi spiari
idda m´arrispunniu cu gran duluri
muriri senza toccu di campani
Si ´nni eru si ´nni eru li me anni
si ´nni eru si ´nni eru e nun sacciu unni
ora ca su arrivati a ottant´anni
u vivu chiama e u mortu unn´arrispunni
Cunzatimi cunzatimi stu lettu
ca di li vermi su manciatu tuttu
si nun lu scuttu cca lu me piccatu
lu scuttu a chidda vita a sangu ruttu
(Vidi un teschio sopra un cannone/fui curioso e gli
volli chiedere/esso mi rispose con gran dolore/morire
senza tocco di campane Se ne sono andati i miei
anni/se ne sono andati non so dove/ora che sono
arrivati a ottant´anni/il vivo chiama e il morto non
risponde Preparatemi il letto/perché dai vermi sono
tutto divorato/se non lo espio qua il mio peccato/ lo
espierò in quella vita col mio sangue)
Germi resta affascinato dai versi e chiede a Li Causi se
può musicarli; Li Causi si apparta sotto un albero, un
piede appoggiato a un muretto per sostenere la sua
chitarra, e compone la musica che tutti conosciamo.
E subito capisce che ha creato una melodia
orecchiabile, di impatto positivo e immediato,
piacevole e cantabile. Il giorno stesso spedisce alla
Società che tutela il diritto d´autore, la SIAE, il
deposito della sua composizione. In futuro, come
vedremo, questo atto burocratico sarà di vitale
importanza.
La nuova ´antica´ canzone si diffonde subito:
testimonia Alfieri Canavero – allora giovane operatore
cinematografico oggi vispo ottantaduenne – che,
sempre nel corso delle riprese, scesero un giorno in
miniera dove, immersi in un caldo insopportabile,
praticamente senza vestiti addosso, i minatori
stavano cantando ´ Vitti ´na crozza´ , accompagnandosi
col ritmo ... della pompa dell´aria. E lì il Canavero
realizzò la prima registrazione della canzone, con un
piccolo registratore a cavo che aveva con sé.
La canzone entra di diritto nella colonna sonora del
film così da essere conosciuta in breve tempo in tutta
Italia. Verrà conosciuta la canzone, non l´autore della
musica, non citato né sulla locandina del film, né nei
titoli di testa o di coda: autore delle musiche, di tutte
le musiche, risulta Carlo Rustichelli, famoso autore di
colonne sonore. Fu per rispetto nei suoi confronti che
regista e produzione evitarono di citare il Li Causi
come autore? O c´era in atto un tentativo di appropriarsi
di un probabile successo discografico? Oggi
non possiamo rispondere a questa domanda; è certo
che il successo ci fu e varcò i confini della Sicilia e
dell´Italia. Non solo per merito del film, ma anche
perché nel 1951 il Maestro Li Causi fa incidere ´Vitti
´na crozza´ al tenore Michelangelo Verso in un disco
della CETRA e l´etichetta, dopo il titolo, recita ´ trascr.
F.Li Causi ´. Il disco avrà un grande successo e farà
conoscere in America questo pezzetto sonoro di
Sicilia. Il motivo per cui l´autore risulta semplicemente
´trascrittore´ è presto detto: all´epoca la SIAE
non prevedeva la possibilità che un testo antico di
anonimo potesse essere musicato successivamente e
avere così un autore della melodia.
Ma è uno dei pochi casi in cui il nome di Li Causi
figura; in tanti, successivamente, incideranno la
canzone, senza mai citare l´autore della musica. La
canzone, anzi, passa per ´tradizionale´ e va acquistando
un passato, una storia che in verità non ha mai
avuto e non poteva avere. A titolo d´esempio
vogliamo citare una pubblicazione dei primi anni ´60:
" Un secolo di canzoni" a cura di F.Rocchi, Roma,
Parenti 1961. È una raccolta di ´fogli volanti´, di quei
fogli a stampa, cioè, venduti dai cantastorie quando
ancora non c´erano o non avevano larga diffusione i
dischi: ne riporta ben 377, copie perfette degli originali,
recuperati in tutte le regioni d´ Italia; e a pagina
378, a chiusura del volume si può leggere:1914.
Scoppia la " grande guerra ".
Altre canzoni, altri fogli volanti.
Qui termina la nostra raccolta perché riteniamo non
solo che abbia inizio un nuovo ciclo della storia, ma
anche un nuovo gusto per la poesia popolare e per la
sua musica.
5
" Vittì " (sic!) è un vecchio canto di guerra siciliano:
lo cantarono gli insorti di Garibaldi nella spedizione
dei Mille, lo cantarono i fanti siciliani, sul Carso, sul
Pasubio, sul Piave; è bello nel suo tragico linguaggio
come nel ritmo della musica e può chiudere
degnamente la lunga catena qui presentata.
E a pagina 379 viene pubblicata ´Vitti ´na crozza´ –
ovviamente non il suo foglio volante, che non può
esistere – un po´ storpiata nel testo e nel dialetto, ma
indiscutibilmente lei. Nel disco allegato un famoso
cantante – Domenico Modugno – canta per la prima
volta ´Vitti ´na crozza´, canto tradizionale siciliano! E´
ovvio che pubblicazioni di questo genere o meglio
invenzioni di questo genere non fanno altro che
alimentare gli equivoci: basta pensare che anche il
nostro Andrea Camilleri è stato tratto in inganno
dalla presunta ´anzianità´ della composizione, e la fa
figurare nel repertorio dei due suonatori che nel
romanzo "Il casellante" (ambientato nei primissimi
anni ´40) allietano i clienti del barbiere del loro paese.
Ma in verità prima del film e del disco CETRA nessuno
aveva mai sentito questa canzone; e purtroppo le
raccolte di canti popolari siciliani – dove sono riportati
circa 20.000 canti – sono appunto raccolte di
canti, non di poesie. L´unica vaga rassomiglianza con
la nostra canzone la troviamo nel ´ Corpus di musiche
popolari siciliane´ di Alberto Favara: dal numero 175
al 178 sono trascritte quattro varianti di un canto
dove il protagonista sogna una crozza e con essa si
mette a parlare; ma la somiglianza finisce qui. Tra
l´altro la raccolta del Favara – compilata a cavallo tra
´800 e ´900 – viene pubblicata solamente nel 1957.
Ma altre questioni ha fatto sorgere la nostra canzone:
cosa vuol dire esattamente? Di cosa parla? A chi
vanno attribuite correttamente le varie parti del
dialogo? Sempre che di dialogo si tratti! Ogni
versione in prosa proposta finora ha sempre lasciato
gli stessi interrogativi iniziali. È corretto allora
avanzare qualche ipotesi: e tra le più fondate c´è
quella che possiamo chiamare ´dei pezzi mancanti´. In
ogni trasmissione orale, affidata cioè alla memoria di
chi trasmette l´informazione, occorre fare i conti con
la possibilità che l´informatore non ricordi esattamente
quello che, a sua volta, ha ascoltato e di cui
vuole riferire; abbiamo allora delle lacune, ma anche
delle aggiunte del tutto originali o estrapolate da
altra fonte. Se pensiamo poi che la canzuni siciliana –
e per canzuni si deve intendere un componimento
non necessariamente con musica – è formata da otto
endecasillabi a rima alternata, Vitti ´na crozza
potrebbe essere una ballata formata da tre o più
canzuni di cui si sono perse varie componenti.
Ma forse si deve proprio a questa possibilità di
interpretazioni varie, a questo mistero, a questa serie
di allusioni proprie di ´Vitti ´na crozza´ se il canto ha
subito affascinato. Riporto qui qualche possibilità di
interpretazione, che chi naviga in internet già
conosce: il cannuni non è un cannone, ma una torre a
cui venivano appese le gabbie coi condannati, fino
alla loro riduzione in ossa consunte dalle intemperie
e dal sole, perchè servissero da monito ed esempio.
Ma in nessun dialetto della nostra Isola cannuni ha il
significato di torre, torrione o simili; certo, possiamo
trovare - per esempio a Mazzarino – l´uso di chiamare
la torre del castello ´u cannuni (il cannone); ma è
quella torre a essere ´u cannuni , non tutte le torri e,
in ogni caso, la ´crozza´ sarebbe ´mpisa e non supra.
Il cannuni non è cannuni, bensì cantuni, che, nelle
pirrere del trapanese – cioè nelle miniere, nelle cave
– è un concio di tufo, di arenaria, ed anche il luogo di
lavoro dei minatori; ricordiamo qui che il Cibardo
Bisaccia era proprio minatore, ma dell´agrigentino. È
possibile che, imparata la poesia nella provincia di
Trapani o da qualcuno proveniente dal trapanese,
abbia poi sostituito, in maniera del tutto automatica,
il termine per lui senza significato con un termine più
familiare. Ipotesi affascinante – sposta l´attenzione
dalla guerra a un disastro in miniera, frequente fino a
qualche decennio fa in Sicilia – ma, proprio per
l´assenza di raccolte di componimenti poetici, ormai
difficilmente verificabile.
In ogni caso, sia che la poesia alluda a fatti di guerra o
a disastri minerari o a condannati a morte, stona
parecchio quell´assurdo ritornello, il famigerato
tirollalleru che nei primi anni ´60 qualcuno infilò tra
una strofa e l´altra, consegnando il canto al filone più
´turistico´ del folklore siciliano Ritornello che male si
accorda con l´impianto generale del canto, e che
induce ad un accompagnamento che si discosta
nettamente dalle prime esecuzioni, quelle per
intenderci presenti nel film o registrate dal tenore
Michelangelo Verso, più vicine agli intendimenti del
Maestro Li Causi. Il quale – e qui chiudiamo – dovette
fare causa alla SIAE per avere riconosciuta la
paternità della musica; paternità che infine, grazie a
decine di testimonianze (tra cui quella di Cibardo
Bisaccia) e a quel deposito alla SIAE del 1950, gli
venne riconosciuta ´a norma di legge´ nel luglio del
1979. Ma, dopo neanche un anno, il Maestro Franco
Li Causi moriva.
Senza nulla togliere nulla al merito del maestro
Licausi, siamo certi che trattasi di canto tradizionale
siciliano che parla dell´avversione dei siciliani verso la
guerra e del loro amore per la terra , il sole , i fiori e
l´amore per la vita.
Del resto quando mai i siciliani sono scesi in guerra e
si sono ribellati? L´ultima volta erano i Vespri , ma
sempre per le proprie donne e l´onore.
Possiamo provare a dare un significato coerente a
questa poesia che è da considerare la SINTESI DELLA
VITA.
Notizie raccolte qua e là su youtube
da Adolfo Valguarnera
Nella foto la cantante Rosa Balistreri