COMISO - DAL 10 LUGLIO SALVO BARONE IN " ASSOLO PER LA PACE " PRESSO LA GALLERIA DEGLI ARCHI
Barone, Assolo per la pace
Si dispone sulla linea liminare tra volontà di reale e sua mediatica spettacolarizzazione il ciclo pittorico che Salvo Barone destina in assolo alla pregnante rassegna che la Fondazione degli Archi, in collaborazione con la Fondazione Bufalino, di Comiso dedica alla pace.
È tema antico in arte la guerra. Corre i secoli per la celebrazione di uomini e vittorie, ma anche, e a questa traiettoria si lega Barone, per la raffigurazione degli orrori e della tragedia. Riandiamo, solo per entrare in tema attraverso alcuni dei più chiari esempi, alle Conseguenze della Guerra di Rubens, ai suoi Disastri effigiati da Goya, ai capolavori dei più vicini Picasso, Dix, Schiele, Grosz, agli italiani Carlo Levi e Aligi Sassu.
L’Ucraina violata è bruciante verità, che passa, nella cultura attuale, per una sequenza non limitata e non ordinata di immagini, video, foto, fermimmagine dell’orrore, che parlano una emotività veloce, violenta, capace di sedimentare sollecitazioni intense nell’immaginario e nella coscienza dell’artista.
Salvo Barone affida la sua riflessione sulla guerra e su questa guerra, tema di esasperata drammaticità umana, al suo specifico artistico, connotato da un virtuosismo tecnico, alla struttura perfetta disegnativa della composizione, trasponendo il sentimento di ripudio della guerra in un linguaggio formale non emotivo ed esitando opere che hanno azzerato la tavolozza calda – la guerra è orrore e oscurità – e ridotto quasi alla bicromia il quadro, risolto in una gamma scarnificata di grigi, a espressione malinconica e funerea della vita che si spezza, in una luce abbassata, opacizzata, devitalizzata.
Una temperatura letteraria emana dal grande olio Terra bruciata, che dice una natura combusta, che racconta implicita la desertificazione, l’abbandono forzato e inesorabile di cose e case, in un silenzio attonito, drammatico che succede alla deflagrazione, in una luce intossicata, sprigionata dal rogo estinto.
Sono macerie in Ti guardo, disposte in una prospettiva lineare, che ingombrano il primo piano e che assecondano la vista fin dove lo sguardo si perde. Il conflitto è distruzione ma è pure la sua narrazione mediatica, che l’occhio vigile del drone riferisce impietoso.
Amara una terza opera spiega, in un linguaggio crudo, che il dramma in atto Non è un gioco. La biacca nuvolosa, coi suoi bagliori sporchi, interpone un filtro pittorico alla resa esatta del vero, edifici dilaniati inquadrati in una lieve distorsione espressionistica, laddove le mani col joystick del primo piano sono indagate e restituite realisticamente.
Sono opere che rendono conto della attualissima visione dell’artista, opere di aperto impegno, di sollecitazione concettuale ed emozionale, caricate di tensioni velatamente esistenziali, da cui traspare una marcata denuncia civile della guerra, una critica radicale al militarismo. Sono opere espressive di una angoscia implicita ma al contempo efficacemente comunicativa.
Si lega Salvo Barone all’arte che oggi si protende trasversale, ideologicamente o anche concretamente, a sostegno dell’Ucraina in croce, allo stato di guerra con cui il Paese si misura da tempo, in anni che l’hanno vista cambiare ai fini di autodeterminarsi, in seno a uno scacchiere geopolitico articolato, difficile. Pensiamo all’opera di Bansky CND Soldiers, il cui ricavato è stato destinato in donazione all’Okhmatdyt Children’s Hospital di Kiev, o a Marina Abramović, che ha desiderato devolvere i proventi della sua celebre performance The Artist is in Present ad un’iniziativa umanitaria verso i civili ucraini.
Coi suoi paesaggi abbandonati dalla vita Barone si lega ad artisti come Kiefer, più congeniale al nostro, ponendosi, il pittore di Comiso, come testimone della distruzione. I suoi oggetti lasciati orfani sotto la coltre di un cielo cupo tematizzano la guerra, eternandola a ogni era ed universalizzando la catastrofe a ogni luogo, sospendendola in un’apocalisse cinerea, che, mentre inscena lo spettacolo spietatamente credibile della guerra, intona un anelito fermo alla pace, un appello senza condizioni all’amore.
Elisa Mandarà