CURIOSITA´ - " RUBRICA ETYMOLOGICA VERBORUM SICULORUM " DI GIANLUCA VINDIGNI ( ottava parte )
Quest´oggi mi occuperò solamente di verbi, nello specifico di una particolare categoria di verbi latini che si è mantenuta perfettamente nella lingua siciliana attraverso i secoli: i cosiddetti verbi iterativi o frequentativi, indicanti il ripetersi costantemente di quella determinata azione espressa dal significato verbale. Questi verbi in latino si formano dal tema del supino dei loro verbi primitivi, dai quali traggono il loro significato, ma in maniera incrementata. Ad esempio, dal supino «dictum» del verbo «dico, is, dixi, dictum, dicere», che significa "dire", deriva la forma intensiva «dict-are», che letteralmente significa "dire continuamente" e dunque "dettare" (dictum > dictare > dettare). Attraverso questo processo linguistico si sono formati anche numerosissimi verbi italiani, come si può evincere da questi esempi:
a c c e t t a r e < acceptum, supino di accipio, is, accepi, acceptum, ere, “ricevere”; la forma latina «acceptare» si è mantenuta nell´italiano, col senso di “ricevere continuamente” e dunque “accettare”;
c a n t a r e < cantum, supino di cano, is, cecini, cantum, ere, “cantare”; la foma latina «cantare» si è mantenuta nell´italiano, ma senza alterarne il senso;
n a t a r e < natum, supnino di no, as, navi, natum, are, “nuotare”; la forma latina «natare» si è mantenuta intatta nel siciliano e con qualche mutamento anche nell´italiano, nella voce “nuotare”, non alterandone il senso.
I VERBI ITERATIVI NELLA LINGUA SICILIANA
La lingua siciliana, come ho già anticipato sopra, possiede numerosi verbi iterativi di derivazione latina, quasi tutti preceduti ad una preposizione «ad» intensiva che è comune a moltissimi verbi siciliani. Questi verbi, tra l´altro, non sono presenti nella lingua italiana. È, ad esempio, il caso di:
a c c a t t a r i (comprare) < capio, is, cepi, captum, ere, “prendere”; dal supino «captum», la voce iterativa captare, mantenutasi nell´italiano col senso di “prendere bene, cogliere”, è rimasta anche nel siciliano: ad + captare > accattari. Questo verbo, diffuso in quasi tutti i dialetti centro-meridionali, dal primitivo significato di "prendere continuamente" finì ad indicare il "comprare" qualcosa. Possiede, inoltre, anche il significato di "partorire", giacché il verbo latino «capio» nei suoi composti può assumere l´idea di generare, come si può evincere da «concipio», "concepire", composto di cum + capio: una frase, ad esempio, quale «chidda accattau n´masculu» vuol dire "quella ha partorito un maschio";
a p p i t t a r i (pitturare, dipingere) < pingo, is, pinxi, pictum, ere, “dipingere”; dal supino «pictum», la voce iterativa *pictare si diffuse nel siciliano nella forma a p p i t t a r i, sebbene in alcune parti dell´isola, come nel catanese e nell´alto siracusano, sia presente la voce senza «ad» intensiva quale p i t t a r i;
a m m u t t a r i (spingere) < moveo, es, movi, motum, ere, “muovere”; dal supino «motum», la voce iterativa *motare si mantenne nel siciliano: ad + motare > ammuttari. Col senso iniziale di "muovere continuamente", e di conseguenza "spingere";
a s s i c u t a r i (seguire, inseguire) < sequor, eris, secutus sum, sequi, “seguire”; dal supino «secutum», la voce iterativa *secutare si mantenne nel siciliano: ad + secutare > assicutari. Col senso iniziale di "seguire spesso", finì ad indicare sia la normale azione di seguire che quella di inseguire. Di fatti l´espressione siciliana «ti rugnu nu ´ssicutuni» equivale a dire "ti faccio scappare, inseguendoti";
a p p a t t a r i (adattare, appaciare) < pango, is, pepigi, pactum, ere, “pattuire”; dal supino «pactum», la voce iterativa *pactare si mantenne nel siciliano: ad + pactare > appattari. Questo verbo possiede sia il significato di adattare qualcosa ad altro che quello di appaciare una situazione;
´n z i r t a r i (indovinare) < inserto, as, avi, atum, are, “introdurre”; dal supino «sertum» del verbo «serere» (intrecciare) ne deriva la voce iterativa latina «sertare», attestata solo nel composto «insertare». Questo verbo nel siciliano non ha preso il significato latino di introdurre, ma ha rielaborato il significato originario di intrecciare del suo verbo d´origine (serere), traslandone poi il senso in “azzeccare, indovinare qualcosa”;
a r r i z z i t t a r i (sistemare) < rego, is, rexi, rectum, ere, “correggere”; dal supino «rectum», la voce iterativa tarda *rectitare si mantenne nel siciliano: ad + rectitare > arrizzittari. Col senso iniziale di "correggere spesso" finì poi per voler dire "aggiustare, sistemare";
a b b i r s a r i (aggiustare) < adverso, as, avi, atum, are, “rivolgere l´attenzione”; dal supino «versum» del verbo «vertere» (volgere), il verbo iterativo «adversare» si è mantenuto con simil senso nel siciliano: adversare > abbirsari (o avvirsari). Col senso inziale di "rivolgere cura, attenzione a qualcosa", finì poi per indicare "aggiustare qualcosa". Attestato pressappoco in tutta l´isola, questo verbo è presente per intero nel palermitano, e nel catanese e nell´alto siracusano, come ad Augusta, nella voce a b b i s s a r i. Nel ragusano, invece, è attestato nella parte occidentale della provincia e, in città come Vittoria o Acate, solo al participio passato nella voce a b b i r s a t u/ a v v i r s a t u, per indicare "composto, sistemato", specie riferito a persone (ex. gr. «na picciotta abbirsata» vuol dire una ragazza ben vestita, composta, ordinata, sistemata). Per volere della sorte, inoltre, nella provincia di Ragusa è attestata una voce omografa ed omofona di tal verbo, ma con significato totalmente opposto: a b b i s s a r i, nel senso di "sfasciare, rompere", in quanto composto probabilmente da un α (alfa) privativo che nega completamente il senso originario del verbo. Infatti la tipica espressione comisana «s´abbissau ´u rogghiu» vuol dire "si è sfasciato l´orologio".
Quest´oggi mi sono voluto concentrare su una singola categoria di verbi, la cui struttura ed origine è assolutamente di matrice classica. Spero come sempre di aver suscitato il vostro interesse verso il lessico siciliano, possessore di innumerevoli residui del latino classico. Alla prossima!
Gianluca Vindigni
a c c e t t a r e < acceptum, supino di accipio, is, accepi, acceptum, ere, “ricevere”; la forma latina «acceptare» si è mantenuta nell´italiano, col senso di “ricevere continuamente” e dunque “accettare”;
c a n t a r e < cantum, supino di cano, is, cecini, cantum, ere, “cantare”; la foma latina «cantare» si è mantenuta nell´italiano, ma senza alterarne il senso;
n a t a r e < natum, supnino di no, as, navi, natum, are, “nuotare”; la forma latina «natare» si è mantenuta intatta nel siciliano e con qualche mutamento anche nell´italiano, nella voce “nuotare”, non alterandone il senso.
I VERBI ITERATIVI NELLA LINGUA SICILIANA
La lingua siciliana, come ho già anticipato sopra, possiede numerosi verbi iterativi di derivazione latina, quasi tutti preceduti ad una preposizione «ad» intensiva che è comune a moltissimi verbi siciliani. Questi verbi, tra l´altro, non sono presenti nella lingua italiana. È, ad esempio, il caso di:
a c c a t t a r i (comprare) < capio, is, cepi, captum, ere, “prendere”; dal supino «captum», la voce iterativa captare, mantenutasi nell´italiano col senso di “prendere bene, cogliere”, è rimasta anche nel siciliano: ad + captare > accattari. Questo verbo, diffuso in quasi tutti i dialetti centro-meridionali, dal primitivo significato di "prendere continuamente" finì ad indicare il "comprare" qualcosa. Possiede, inoltre, anche il significato di "partorire", giacché il verbo latino «capio» nei suoi composti può assumere l´idea di generare, come si può evincere da «concipio», "concepire", composto di cum + capio: una frase, ad esempio, quale «chidda accattau n´masculu» vuol dire "quella ha partorito un maschio";
a p p i t t a r i (pitturare, dipingere) < pingo, is, pinxi, pictum, ere, “dipingere”; dal supino «pictum», la voce iterativa *pictare si diffuse nel siciliano nella forma a p p i t t a r i, sebbene in alcune parti dell´isola, come nel catanese e nell´alto siracusano, sia presente la voce senza «ad» intensiva quale p i t t a r i;
a m m u t t a r i (spingere) < moveo, es, movi, motum, ere, “muovere”; dal supino «motum», la voce iterativa *motare si mantenne nel siciliano: ad + motare > ammuttari. Col senso iniziale di "muovere continuamente", e di conseguenza "spingere";
a s s i c u t a r i (seguire, inseguire) < sequor, eris, secutus sum, sequi, “seguire”; dal supino «secutum», la voce iterativa *secutare si mantenne nel siciliano: ad + secutare > assicutari. Col senso iniziale di "seguire spesso", finì ad indicare sia la normale azione di seguire che quella di inseguire. Di fatti l´espressione siciliana «ti rugnu nu ´ssicutuni» equivale a dire "ti faccio scappare, inseguendoti";
a p p a t t a r i (adattare, appaciare) < pango, is, pepigi, pactum, ere, “pattuire”; dal supino «pactum», la voce iterativa *pactare si mantenne nel siciliano: ad + pactare > appattari. Questo verbo possiede sia il significato di adattare qualcosa ad altro che quello di appaciare una situazione;
´n z i r t a r i (indovinare) < inserto, as, avi, atum, are, “introdurre”; dal supino «sertum» del verbo «serere» (intrecciare) ne deriva la voce iterativa latina «sertare», attestata solo nel composto «insertare». Questo verbo nel siciliano non ha preso il significato latino di introdurre, ma ha rielaborato il significato originario di intrecciare del suo verbo d´origine (serere), traslandone poi il senso in “azzeccare, indovinare qualcosa”;
a r r i z z i t t a r i (sistemare) < rego, is, rexi, rectum, ere, “correggere”; dal supino «rectum», la voce iterativa tarda *rectitare si mantenne nel siciliano: ad + rectitare > arrizzittari. Col senso iniziale di "correggere spesso" finì poi per voler dire "aggiustare, sistemare";
a b b i r s a r i (aggiustare) < adverso, as, avi, atum, are, “rivolgere l´attenzione”; dal supino «versum» del verbo «vertere» (volgere), il verbo iterativo «adversare» si è mantenuto con simil senso nel siciliano: adversare > abbirsari (o avvirsari). Col senso inziale di "rivolgere cura, attenzione a qualcosa", finì poi per indicare "aggiustare qualcosa". Attestato pressappoco in tutta l´isola, questo verbo è presente per intero nel palermitano, e nel catanese e nell´alto siracusano, come ad Augusta, nella voce a b b i s s a r i. Nel ragusano, invece, è attestato nella parte occidentale della provincia e, in città come Vittoria o Acate, solo al participio passato nella voce a b b i r s a t u/ a v v i r s a t u, per indicare "composto, sistemato", specie riferito a persone (ex. gr. «na picciotta abbirsata» vuol dire una ragazza ben vestita, composta, ordinata, sistemata). Per volere della sorte, inoltre, nella provincia di Ragusa è attestata una voce omografa ed omofona di tal verbo, ma con significato totalmente opposto: a b b i s s a r i, nel senso di "sfasciare, rompere", in quanto composto probabilmente da un α (alfa) privativo che nega completamente il senso originario del verbo. Infatti la tipica espressione comisana «s´abbissau ´u rogghiu» vuol dire "si è sfasciato l´orologio".
Quest´oggi mi sono voluto concentrare su una singola categoria di verbi, la cui struttura ed origine è assolutamente di matrice classica. Spero come sempre di aver suscitato il vostro interesse verso il lessico siciliano, possessore di innumerevoli residui del latino classico. Alla prossima!
Gianluca Vindigni