DIALETTOLOGIA - " L´ASSENZA DEL CONDIZIONALE NEL SICILIANO " DI GIANLUCA VINDIGNI
Come avevo già spiegato in qualche articolo precedente, il Latino non ha rilasciato nella lingua siciliana solamente residui linguistici - quali radici di nomi, aggettivi, verbi, avverbi etc. - ma anche morfologici e sintattici. Va qui inserito il completo e costante utilizzo del congiuntivo, anche in luogo del condizionale che risulta assente nel siciliano. Già la lingua latina non possedeva il modo condizionale, il quale si formò relativamente tardi nel passaggio dal latino all´italiano, ma soleva ricorrere al solo congiuntivo. Così una banale frase col periodo ipotetico dell´irrealtà quale «se avessi potuto, te lo avrei detto» veniva espressa nella forma «si potuissem, id tibi dixissem», col congiuntivo espresso sia nella pròtasi che nell´apòdosi, che alla lettera suonerebbe «se avessi potuto, te lo avessi detto» (traduzione inconcepibile nell´italiano, che preferisce mutare il congiuntivo trapassato dell´apòdosi "te lo avessi detto" nel condizionale passato "te lo avrei detto"). Il siciliano, privo di condizionale, ha conservato questo nobile utilizzo del congiuntivo, così che quella stessa frase «se avessi potuto, te lo avrei detto» suona tutt´oggi «si avissi pututu, ti l´avissi rittu», mantenendo entrambi i congiuntivi. Il condizionale, infatti, è una formazione verbale tarda, influenzata dalla lingua toscana, che deriva dall´accostamento dell´infinto di un verbo (es.: cantare) alla prima persona singolare del passato remoto del verbo avere (*ei; forma popolare di "habui"), cosicché: cantare + *ei > cantarei > canterei. L´influenza toscana è palese, e si evince dal passaggio del nesso «ar» ad «er» in posizione intertonica, tipico del fiorentino, ovvero tra accento principale e secondario. Va però precisato che il siciliano possiede solo due tempi del congiuntivo, l´imperfetto ed il trapassato (es.: "iu parrassi" e "iu avissi parratu"), a differenza dell´italiano che ha mantenuto tutti i quattro tempi latini: presente, imperfetto, passato e trapassato.
Ovviamente si può parlare di congiuntivo in luogo del condizionale non nel solo periodo ipotetico, che risulta essere il caso più immediato, bensì anche in altri isolati tipi di condizionale. È, ad esempio, il caso dei cosiddetti congiuntivi indipendenti latini che sono stati tutti conservati nel siciliano, e che furono invece mutati in condizionale nell´italiano:
a) congiuntivo desiderativo
b) congiuntivo potenziale
c) congiuntivo dubitativo
d) congiuntivo irreale
a) Il congiuntivo desiderativo (o ottativo) esprime l´auspicarsi, da parte del parlante, della realizzazione di un qualcosa. In italiano viene reso con entrambi i condizionali, presente o passato, in relazione al fatto di un desiderio recente o previo, ed è rintracciabile in una frase come:
«Quanto vorrei averti qui!». Questa frase, che presenta il congiuntivo desiderativo, in Latino sarebbe stata espressa col congiuntivo presente nella forma «quam velim te hic habere!», dove l´utilizzo del congiuntivo "velim" è stato mantenuto dalla lingua siciliana, che renderebbe lo stesso concetto con la frase «quantu vulissi ca tu fussitu cà!».
b) Il congiuntivo potenziale latino, invece, corrisponde ad un condizionale presente italiano (qualora la possibilità sia espressa nel presente) o ad uno passato (qualora la possibilità sia nel passato), ed indica la potenzialità da parte del parlante di compiere quella determinata azione:
«Te lo direi anche ora». Questa frase, col congiuntivo potenziale, in Latino suonerebbe «etiamnunc id tibi dicam», dove l´uso del congiuntivo "dicam" è prevalso nel siciliano, che renderebbe la suddetta frase con «t´u ricissi puru ora».
c) Il congiuntivo dubitativo (o deliberativo), invece, è presente solo nelle interrogative dirette ed esprime l´incertezza del parlante di prendere o meno una decisione, il dubbio se affermare o no una determinata cosa. Corrisponde in italiano ad un condizionale presente o passato, qualora l´incertezza sia sentita in un´azione presente o in una anteriore, ed è rinvenibile in una frase quale:
«E ora che cosa dovrei fare?». Questa frase, che presenta un congiuntivo dubitativo, in Latino suonerebbe «quid nunc faciam?», dove il congiuntivo "faciam" è tuttora ravvisabile nel siciliano che esprimerebbe il tutto con «e ora ch´avissi a fari?».
d) Il medesimo ragionamento vale per il congiuntivo irreale, che indica l´impossibilità di realizzazione di quella determinata azione all´interno della frase. Potrebbe corrispondere ad una frase italiana quale:
«Sarei venuto, ma molte cose me lo impedirono». Questa frase, col congiuntivo irreale, in Latino sarebbe stata espressa nella forma «venissem, sed multa me impediverunt», dove l´uso del congiuntivo "venissem" è prevalso nel siciliano, che renderebbe la suddetta frase con «avissi vinutu, ma magnu cosi m´u ´mpirierru».
Quest´oggi ho voluto dedicare un po´ d´attenzione alla permanenza del congiuntivo nel siciliano - fenomeno di cui i parlanti difficilmente hanno coscienza e cognizione - per evidenziare quanto questa lingua sia stata e sia tuttora conservatrice di molti aspetti sintattici della lingua latina, che sono invece stati mutati nel corso dei secoli dalla lingua italiana. Ritengo, tuttavia, incredibile come alcuni siciliani parlando possano errare nell´utilizzo del congiuntivo e pronunciare periodi ipotetici del tipo «se potrei, te lo direi». È un paradosso, se si considera che dovremmo essere avvantaggiati dal fatto che il condizionale è assente nella nostra lingua. Perciò, "pi currivu e p´apparizzari", muoio dal desiderio di sentire qualche fiorentino dire «se potessi, te lo dicessi». Spero di averi incuriositi, alla prossima!
Gianluca Vindigni
Ovviamente si può parlare di congiuntivo in luogo del condizionale non nel solo periodo ipotetico, che risulta essere il caso più immediato, bensì anche in altri isolati tipi di condizionale. È, ad esempio, il caso dei cosiddetti congiuntivi indipendenti latini che sono stati tutti conservati nel siciliano, e che furono invece mutati in condizionale nell´italiano:
a) congiuntivo desiderativo
b) congiuntivo potenziale
c) congiuntivo dubitativo
d) congiuntivo irreale
a) Il congiuntivo desiderativo (o ottativo) esprime l´auspicarsi, da parte del parlante, della realizzazione di un qualcosa. In italiano viene reso con entrambi i condizionali, presente o passato, in relazione al fatto di un desiderio recente o previo, ed è rintracciabile in una frase come:
«Quanto vorrei averti qui!». Questa frase, che presenta il congiuntivo desiderativo, in Latino sarebbe stata espressa col congiuntivo presente nella forma «quam velim te hic habere!», dove l´utilizzo del congiuntivo "velim" è stato mantenuto dalla lingua siciliana, che renderebbe lo stesso concetto con la frase «quantu vulissi ca tu fussitu cà!».
b) Il congiuntivo potenziale latino, invece, corrisponde ad un condizionale presente italiano (qualora la possibilità sia espressa nel presente) o ad uno passato (qualora la possibilità sia nel passato), ed indica la potenzialità da parte del parlante di compiere quella determinata azione:
«Te lo direi anche ora». Questa frase, col congiuntivo potenziale, in Latino suonerebbe «etiamnunc id tibi dicam», dove l´uso del congiuntivo "dicam" è prevalso nel siciliano, che renderebbe la suddetta frase con «t´u ricissi puru ora».
c) Il congiuntivo dubitativo (o deliberativo), invece, è presente solo nelle interrogative dirette ed esprime l´incertezza del parlante di prendere o meno una decisione, il dubbio se affermare o no una determinata cosa. Corrisponde in italiano ad un condizionale presente o passato, qualora l´incertezza sia sentita in un´azione presente o in una anteriore, ed è rinvenibile in una frase quale:
«E ora che cosa dovrei fare?». Questa frase, che presenta un congiuntivo dubitativo, in Latino suonerebbe «quid nunc faciam?», dove il congiuntivo "faciam" è tuttora ravvisabile nel siciliano che esprimerebbe il tutto con «e ora ch´avissi a fari?».
d) Il medesimo ragionamento vale per il congiuntivo irreale, che indica l´impossibilità di realizzazione di quella determinata azione all´interno della frase. Potrebbe corrispondere ad una frase italiana quale:
«Sarei venuto, ma molte cose me lo impedirono». Questa frase, col congiuntivo irreale, in Latino sarebbe stata espressa nella forma «venissem, sed multa me impediverunt», dove l´uso del congiuntivo "venissem" è prevalso nel siciliano, che renderebbe la suddetta frase con «avissi vinutu, ma magnu cosi m´u ´mpirierru».
Quest´oggi ho voluto dedicare un po´ d´attenzione alla permanenza del congiuntivo nel siciliano - fenomeno di cui i parlanti difficilmente hanno coscienza e cognizione - per evidenziare quanto questa lingua sia stata e sia tuttora conservatrice di molti aspetti sintattici della lingua latina, che sono invece stati mutati nel corso dei secoli dalla lingua italiana. Ritengo, tuttavia, incredibile come alcuni siciliani parlando possano errare nell´utilizzo del congiuntivo e pronunciare periodi ipotetici del tipo «se potrei, te lo direi». È un paradosso, se si considera che dovremmo essere avvantaggiati dal fatto che il condizionale è assente nella nostra lingua. Perciò, "pi currivu e p´apparizzari", muoio dal desiderio di sentire qualche fiorentino dire «se potessi, te lo dicessi». Spero di averi incuriositi, alla prossima!
Gianluca Vindigni