L A RUBRICA DI KAIROS - " IPERATTIVITA´ : LA SINDROME DEI COSIDDETTI MONELLI " a cura della dott/ssa Sara Solarino
IPERATTIVITÁ – LA SINDROME DEI COSIDDETTI “MONELLI”
Quante volte, sentiamo dire da genitori e insegnanti “questo bambino è troppo vivace, non sta mai fermo, si alza di continuo, è sempre disattento”, per l’appunto i cosiddetti“monelli”; bambini che non rispettano le regole, che non obbediscono ad alcuna autorità e che non dedicano attenzione a niente e nessuno. Sia a casa che a scuola diventano con molta facilità il “capro espiatorio”: quando succede qualcosa di negativo si pensa subito al bambino con DDAI come al responsabile di ogni fattaccio. Le insegnanti, dal canto loro, mostrano notevoli difficoltà nella loro gestione, perché con il loro continuo movimento creano confusione in tutta la classe, disturbano gli altri alunni durante le spiegazioni correndo in aula, giocando con l’acqua in bagno, mancando loro di rispetto o ancora, non ascoltando i loro richiami. È quando si arriva al culmine della situazione, che le insegnanti –per tutelare il bambino stesso e gli altri alunni - spesso decidono di parlare con i genitori per consigliare loro di rivolgersi a un esperto. L’incontro con l’esperto chiarisce quello che sta succedendo, il bambino soffre di una sindrome chiamata Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Ddai) conosciuto anche con l’acronimo inglese ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder).
Ma cos’è il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività? Il DDAI è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo di origine neurobiologica, che interferisce con il normale sviluppo psicologico del bambino e ostacola lo svolgimento delle comuni attività quotidiane. Esso riguarda l’autocontrollo, infatti, il bambino spesso non riesce a rispondere in modo adeguato alle domande poste dall’ambiente esterno.
Tra i sintomi più comuni troviamo la difficoltà di attenzione e concentrazione, l’incapacità di controllare l’impulsività e la difficoltà nel regolare il livello di attività motoria.
Il DDAI non consiste semplicemente in una manifestazione più o meno accentuata, di scarsa concentrazione e di eccesiva attività motoria, che in realtà possiamo osservare in quasi tutti i bambini, soprattutto quando sono piccoli. Non è nemmeno una normale fase dello sviluppo, che il bambino deve evolutivamente superare per passare oltre; così come Non dipende né dalla disciplina educativa imposta dai genitori, nè è la conseguenza della “cattiveria” del bambino.
Il DDAI è un problema a livello neurobiologico che ha delle vere e proprie ricadute negative sul bambino, sulla famiglia e sulla scuola, rappresentando spesso un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi personali.
Per stabilire se questi bambini non sono semplicemente “monelli” ma soffrono del Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività, bisogna capire quante volte nell’arco della giornata alcuni comportamenti tipici - come ad esempio “spesso sembra non ascoltare quando si parla direttamente”, “spesso si muove come se fosse guidato da un motorino”, “spesso parla eccessivamente”, “spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti” - si ripetono. Non è il singolo comportamento a rendere un bambino iperattivo, ma è la frequenza con cui certi comportamenti e atteggiamenti compaiono nel quotidiano.
Queste manifestazioni le iniziamo a notare maggiormente a partire dai 3-4 anni d’età, anche se ogni bambino è un caso a sè ed è anche per questo che, stabilire le cause, non è cosa semplice. Le principali cause sono fattori genetici, infatti, numerosi studi hanno dimostrato che i bambini con Ddai presentano significative alterazioni funzionali dei circuiti del cervello che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo e che spesso questi fattori sono presenti in uno dei genitori. Esistono anche fattori non genetici quali la nascita prematura, l’uso di alcol, droghe e tabacco da parte della madre durante la gravidanza, l’esposizione a elevate quantità di piombo nella prima infanzia, la sofferenza perinatale. L’ambiente e l’educazione della famiglia non sembrano avere un ruolo decisivo nell’insorgere del disturbo ma può averlo soprattutto nel momento delle terapie, infatti, una famiglia equilibrata e ben strutturata è in grado di fornire ai figli una crescita serena. La regolarità nello stile di vita e la coerenza nell’educazione costituiscono due elementi essenziali per la crescita del bambino. Infatti, anche se una diagnosi è ben formulata, non basta da sola, bisogna seguire le giuste terapie e strategie, stabilite insieme con un terapista, che coinvolgono famiglia e scuola, che non faranno scomparire completamente i sintomi, ma renderanno la vita del bambino più serena e con lui anche quella della sua famiglia e di tutti quelli che gli stanno intorno.
dott/ssa Sara Solarino
Quante volte, sentiamo dire da genitori e insegnanti “questo bambino è troppo vivace, non sta mai fermo, si alza di continuo, è sempre disattento”, per l’appunto i cosiddetti“monelli”; bambini che non rispettano le regole, che non obbediscono ad alcuna autorità e che non dedicano attenzione a niente e nessuno. Sia a casa che a scuola diventano con molta facilità il “capro espiatorio”: quando succede qualcosa di negativo si pensa subito al bambino con DDAI come al responsabile di ogni fattaccio. Le insegnanti, dal canto loro, mostrano notevoli difficoltà nella loro gestione, perché con il loro continuo movimento creano confusione in tutta la classe, disturbano gli altri alunni durante le spiegazioni correndo in aula, giocando con l’acqua in bagno, mancando loro di rispetto o ancora, non ascoltando i loro richiami. È quando si arriva al culmine della situazione, che le insegnanti –per tutelare il bambino stesso e gli altri alunni - spesso decidono di parlare con i genitori per consigliare loro di rivolgersi a un esperto. L’incontro con l’esperto chiarisce quello che sta succedendo, il bambino soffre di una sindrome chiamata Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Ddai) conosciuto anche con l’acronimo inglese ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder).
Ma cos’è il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività? Il DDAI è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo di origine neurobiologica, che interferisce con il normale sviluppo psicologico del bambino e ostacola lo svolgimento delle comuni attività quotidiane. Esso riguarda l’autocontrollo, infatti, il bambino spesso non riesce a rispondere in modo adeguato alle domande poste dall’ambiente esterno.
Tra i sintomi più comuni troviamo la difficoltà di attenzione e concentrazione, l’incapacità di controllare l’impulsività e la difficoltà nel regolare il livello di attività motoria.
Il DDAI non consiste semplicemente in una manifestazione più o meno accentuata, di scarsa concentrazione e di eccesiva attività motoria, che in realtà possiamo osservare in quasi tutti i bambini, soprattutto quando sono piccoli. Non è nemmeno una normale fase dello sviluppo, che il bambino deve evolutivamente superare per passare oltre; così come Non dipende né dalla disciplina educativa imposta dai genitori, nè è la conseguenza della “cattiveria” del bambino.
Il DDAI è un problema a livello neurobiologico che ha delle vere e proprie ricadute negative sul bambino, sulla famiglia e sulla scuola, rappresentando spesso un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi personali.
Per stabilire se questi bambini non sono semplicemente “monelli” ma soffrono del Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività, bisogna capire quante volte nell’arco della giornata alcuni comportamenti tipici - come ad esempio “spesso sembra non ascoltare quando si parla direttamente”, “spesso si muove come se fosse guidato da un motorino”, “spesso parla eccessivamente”, “spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti” - si ripetono. Non è il singolo comportamento a rendere un bambino iperattivo, ma è la frequenza con cui certi comportamenti e atteggiamenti compaiono nel quotidiano.
Queste manifestazioni le iniziamo a notare maggiormente a partire dai 3-4 anni d’età, anche se ogni bambino è un caso a sè ed è anche per questo che, stabilire le cause, non è cosa semplice. Le principali cause sono fattori genetici, infatti, numerosi studi hanno dimostrato che i bambini con Ddai presentano significative alterazioni funzionali dei circuiti del cervello che stanno alla base dell’inibizione e dell’autocontrollo e che spesso questi fattori sono presenti in uno dei genitori. Esistono anche fattori non genetici quali la nascita prematura, l’uso di alcol, droghe e tabacco da parte della madre durante la gravidanza, l’esposizione a elevate quantità di piombo nella prima infanzia, la sofferenza perinatale. L’ambiente e l’educazione della famiglia non sembrano avere un ruolo decisivo nell’insorgere del disturbo ma può averlo soprattutto nel momento delle terapie, infatti, una famiglia equilibrata e ben strutturata è in grado di fornire ai figli una crescita serena. La regolarità nello stile di vita e la coerenza nell’educazione costituiscono due elementi essenziali per la crescita del bambino. Infatti, anche se una diagnosi è ben formulata, non basta da sola, bisogna seguire le giuste terapie e strategie, stabilite insieme con un terapista, che coinvolgono famiglia e scuola, che non faranno scomparire completamente i sintomi, ma renderanno la vita del bambino più serena e con lui anche quella della sua famiglia e di tutti quelli che gli stanno intorno.
dott/ssa Sara Solarino