LA RUBRICA DI KAIROS - " I PRO E I CONTRO DELLA PAURA, EMOZIONE PRIMARIA " DELLA DOTT/SSA STELLA MORANA
ANDAVO A BRACCETTO CON LA PAURA, FINO A QUANDO HO AVUTO PAURA E SONO FUGGITO.
I PRO E I CONTRO DI QUESTA EMOZIONE PRIMARIA.
Rituali, magie, drammatizzazioni collettive e miti hanno rappresentato fin dagli albori dell’umanità – e sotto diversi aspetti continuano a rappresentare ancora oggi - modi in cui l’uomo ha cercato di padroneggiare le sue paure, controllandole attraverso la solidiarietà e il sostegno della comunità. Nonostante la società fomenti lo stereotipo dell’uomo (e della donna?) coraggioso, temerario, “che non deve chiedere mai”, in realtà – fortunatamente - tutti abbiamo paura di qualcosa.
La paura di ciò che non si conosce, paura delle forze distruttici della natura (terremoti, uragani, esplosioni vulcaniche, etc ), degli interventi dell’uomo sulla natura, della guerra, paura degli altri, paura della solitudine, delle malattie o ancora della morte, sono solo alcune delle paure di cui sentiamo parlare o che proviamo sulla nostra pelle ogni giorno.
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché proviamo paura? Che significato ha questa emozione per l’essere umano?
La paura non è qualcosa da evitare come la “peste” - come ho sentito dire a qualcuno -, anche perché in realtà non si può non avere paura; essa è un’emozione inscritta nel nostro patrimonio genetico fin dalla nascita ed esiste fin dai primordi della storia del mondo. Senza la paura, la specie umana si sarebbe estinta anni fa; l’uomo non avrebbe avuto quella spinta propulsiva a “fare”, ad attivare il proprio ingegno per affrontare e superare i vari pericoli (come ad esempio gli animali feroci che moltissimi anni fa’ popolavano la terra).
Insieme alla gioia, alla rabbia, alla tristezza – come ci “insegna” Inside Out” e non solo - rientra fra le emozioni presenti fin dai primissimi giorni di vita del bambino; il suo compito fondamentale è quello di allertare l’organismo affinchè si prepari alla difesa, all’attacco o alla fuga. Dura quel tanto che è necessario e poi scompare (o dovrebbe…!). Non solo, essa ha anche quelle caratteristiche che potremmo definire “altruistiche”, dal momento che è utile – tra le altre cose - a segnalare ad altri la presenza di un pericolo; tutti sappiamo intuitivamente interpretare i segni inequivocabili della paura (movimenti del corpo, mimica facciale, postura etc).
In molte occasioni la paura viene addirittura ricercata attivamente come componente fondamentale del divertimento. Pensiamo un attimo all’eccitazione che molti provano nel lanciarsi nel vuoto da un ponte, legati alla caviglia con una fune, o ancora nei giochi d’azzardo: se il giocatore non avesse paura di perdere, non proverebbe il piacere del rischio.
Tuttavia può accadere (in realtà nella società odierna sembra una modalità frequente…!) che l’organismo - dopo uno stimolo che provoca timore - anziché tornare allo stato di calma, continui a permanere in uno stato di allerta, continui a registrare la presenza di un pericolo anche quando questo non c’è più. Succede dunque che i confini delle singole paure si dilatano, trasformandosi in ansia o angoscia; la paura perde di vista gli oggetti che l’avevano attivata e si propaga a macchia d’olio per coinvolgere una cornice - di eventi, cose, etnie, ideologie, persone o circostanze - molto più vasta.
La paura sconfina nella patologia quando oltre ad apparire svincolata da precise circostanze immediate e comunemente valutabili come “pericolose”, è di tale persistenza e gravità da inibire scelte e azioni vantaggiose per il soggetto, facendolo sprofondare in uno stato di malessere. Essa dunque perde qualsiasi connotato di positività e diventa un blocco che non consente al singolo di vivere un’esistenza serena, andando a ostacolare la realizzazione di desideri e aspirazioni.
Ed è in questi casi che è necessario rivolgersi ad uno psicologo e intraprendere un percorso di sostegno psicologico, che consenta alla persona di riacquistare fiducia in sé stessa e nelle proprie capacità, che gli permetta di imparare ad entrare in relazione con le proprie emozioni per riconoscerle, padroneggiarle e orientarle in senso costruttivo.
Il tema della paura, così come quello dell’ansia più in generale, implica senz’altro un approccio serio e ragionato; un articolo di qualche pagina non può di certo essere esaustivo. Tuttavia nel corso della rubrica riprenderemo ancora il tema dell’ansia e della paura soprattutto quando questa riguarda i più piccoli trasformandosi in fobie, per capire quando è opportuno parlare di paure che potremmo definire fisiologiche o quando esse sfociano in vere e proprie fobie, limitando la vita di piccoli e grandi.
Dott/ssa Stella Morana
I PRO E I CONTRO DI QUESTA EMOZIONE PRIMARIA.
Rituali, magie, drammatizzazioni collettive e miti hanno rappresentato fin dagli albori dell’umanità – e sotto diversi aspetti continuano a rappresentare ancora oggi - modi in cui l’uomo ha cercato di padroneggiare le sue paure, controllandole attraverso la solidiarietà e il sostegno della comunità. Nonostante la società fomenti lo stereotipo dell’uomo (e della donna?) coraggioso, temerario, “che non deve chiedere mai”, in realtà – fortunatamente - tutti abbiamo paura di qualcosa.
La paura di ciò che non si conosce, paura delle forze distruttici della natura (terremoti, uragani, esplosioni vulcaniche, etc ), degli interventi dell’uomo sulla natura, della guerra, paura degli altri, paura della solitudine, delle malattie o ancora della morte, sono solo alcune delle paure di cui sentiamo parlare o che proviamo sulla nostra pelle ogni giorno.
A questo punto la domanda sorge spontanea: perché proviamo paura? Che significato ha questa emozione per l’essere umano?
La paura non è qualcosa da evitare come la “peste” - come ho sentito dire a qualcuno -, anche perché in realtà non si può non avere paura; essa è un’emozione inscritta nel nostro patrimonio genetico fin dalla nascita ed esiste fin dai primordi della storia del mondo. Senza la paura, la specie umana si sarebbe estinta anni fa; l’uomo non avrebbe avuto quella spinta propulsiva a “fare”, ad attivare il proprio ingegno per affrontare e superare i vari pericoli (come ad esempio gli animali feroci che moltissimi anni fa’ popolavano la terra).
Insieme alla gioia, alla rabbia, alla tristezza – come ci “insegna” Inside Out” e non solo - rientra fra le emozioni presenti fin dai primissimi giorni di vita del bambino; il suo compito fondamentale è quello di allertare l’organismo affinchè si prepari alla difesa, all’attacco o alla fuga. Dura quel tanto che è necessario e poi scompare (o dovrebbe…!). Non solo, essa ha anche quelle caratteristiche che potremmo definire “altruistiche”, dal momento che è utile – tra le altre cose - a segnalare ad altri la presenza di un pericolo; tutti sappiamo intuitivamente interpretare i segni inequivocabili della paura (movimenti del corpo, mimica facciale, postura etc).
In molte occasioni la paura viene addirittura ricercata attivamente come componente fondamentale del divertimento. Pensiamo un attimo all’eccitazione che molti provano nel lanciarsi nel vuoto da un ponte, legati alla caviglia con una fune, o ancora nei giochi d’azzardo: se il giocatore non avesse paura di perdere, non proverebbe il piacere del rischio.
Tuttavia può accadere (in realtà nella società odierna sembra una modalità frequente…!) che l’organismo - dopo uno stimolo che provoca timore - anziché tornare allo stato di calma, continui a permanere in uno stato di allerta, continui a registrare la presenza di un pericolo anche quando questo non c’è più. Succede dunque che i confini delle singole paure si dilatano, trasformandosi in ansia o angoscia; la paura perde di vista gli oggetti che l’avevano attivata e si propaga a macchia d’olio per coinvolgere una cornice - di eventi, cose, etnie, ideologie, persone o circostanze - molto più vasta.
La paura sconfina nella patologia quando oltre ad apparire svincolata da precise circostanze immediate e comunemente valutabili come “pericolose”, è di tale persistenza e gravità da inibire scelte e azioni vantaggiose per il soggetto, facendolo sprofondare in uno stato di malessere. Essa dunque perde qualsiasi connotato di positività e diventa un blocco che non consente al singolo di vivere un’esistenza serena, andando a ostacolare la realizzazione di desideri e aspirazioni.
Ed è in questi casi che è necessario rivolgersi ad uno psicologo e intraprendere un percorso di sostegno psicologico, che consenta alla persona di riacquistare fiducia in sé stessa e nelle proprie capacità, che gli permetta di imparare ad entrare in relazione con le proprie emozioni per riconoscerle, padroneggiarle e orientarle in senso costruttivo.
Il tema della paura, così come quello dell’ansia più in generale, implica senz’altro un approccio serio e ragionato; un articolo di qualche pagina non può di certo essere esaustivo. Tuttavia nel corso della rubrica riprenderemo ancora il tema dell’ansia e della paura soprattutto quando questa riguarda i più piccoli trasformandosi in fobie, per capire quando è opportuno parlare di paure che potremmo definire fisiologiche o quando esse sfociano in vere e proprie fobie, limitando la vita di piccoli e grandi.
Dott/ssa Stella Morana