" LA SCUOLA DI MEDICINA MODICANA: I CANNATA " di Carmelo Cataldi
La scuola di medicina modicana. Prima parte: i Cannata
Chi si approccia allo studio o solo alla conoscenza superficiale di questo aspetto culturale e storico della Città, ma anche di quella che fu la Contea di Modica, viene fuorviato dalla onnipresenza di quello che può essere definito simpaticamente “l'Archimede Pitagorico” modicano, ossia Tommaso Campailla, che fu tutto e niente, non essendosi mai laureato, ma che fece dello studio empirico la sua piattaforma per eccellere almeno nella filosofia, la poesia e perchè no, anche nella medicina.
Di lui in campo medico si conosce solo la realizzazione di due botti per la cure della lue (sifilide o il male castigo di Dio), secondo appunto un metodo empirico che alla fine parzialmente sembra abbia avuto un grosso successo.
Non era dunque un medico nel vero senso del termine per formazione e attività, seppur qualcuno recentemente ha pure erroneamente indotto alcuni dei propri lettori a ritenere che l'ipocondriaco poeta-filosofo e scienziato tenesse delle dissertazioni di ordine patologico e anatomico all'interno di quello che oggi, ad arte, è stato costituito come il polo di storia della medicina modicana ossia “il Campailla”.
Possiamo dire che alla fine il Campailla può essere apprezzato perchè ha applicato la metafisica alla medicina (era una metodologia comune e lo fu in parte fino alla fine del Settecento), con inaspettati e discreti risultati, ma non certamente per le sue doti di medico.
Diversamente esisteva a Modica, anche durante l'esistenza stessa del Campailla, una vera e propria “scuola di medicina”, di livello accademico, con delle eccellenti ricadute pratiche, che sfornava dei veri e propri talenti, che seguendo la prassi formativa universitaria e specialistica, risultavano dunque il prodotto pratico dell'eccellenza stessa della cultura e della medicina siciliana del tempo.
Bisogna ricordare che già nel Cinquecento si avviavano giovani promettenti, di Modica e della Contea in generale, alla carriera medica attraverso un percorso formativo di tutto rispetto nelle migliori università italiane, una ad esempio quella di Salerno proprio per la Medicina. Non è un caso che nel 1552 Matteo Cerruto di Chiaramonte ottiene la laurea in medicina a Salerno (A.S.R. Sez. Modica, Archivio De Leva).
Da questa “scuola medica modicana” già nel Seicento era uscito uno tra i primi più importanti medici del secolo ossia Diego Matarazzo (1642-1702), che nella seconda metà del XVII secolo conseguì la laurea in Filosofia e Medicina a Catania e venne nominato Protomedico Generale della Contea di Modica per i suoi meriti professionali. A dir del Carrafa-Renda sembra che fu egli il progenitore proprio di quella “Scuola modicana di medicina”, a cui attinsero anche il rispettivo figlio Francesco Matarazzo, ma anche lo stesso Campailla ed i Cannata: Gaspare e Baldassare.
Entrambi, il primo padre e mentore del secondo, facevano parte di quella famiglia antica e dell'alta borghesia cittadina che si insediò ai piedi del castello e fu con la sua prosapia tra le prime artefici dello sviluppo sociale, religioso e amministrativo dell'area attorno a San Giorgio e in tutta la città poi. Ad oggi è ancora presente su corso Crispi, quasi di fronte all'ingresso del castello, la “magione” di famiglia di origine settecentesca.
Ignazio Gaspare Gaetano Cannata nasce dunque da Baldassarre e da Rosa d'Amore alle ore 17 del 7 aprile 1718; fu battezzato dal canonico don Antonio Ragusa mentre padrino fu don Ignazio Cannizzaro. Dopo gli studi collegiali a Modica, dai genitori fu inviato a studiare filosofia e medicina a Roma ed a soli 23 anni ottenne la laurea in Filosofia e Medicina e successivamente l'iscrizione e l'abilitazione ad esercitare la professione a Roma e nel resto della penisola italiana.
Questa generale abilitazione medica venne sfruttata dal medico Gaspare Cannata in tutta la Contea di Modica, divenendo così attraverso la sperimentazione e la pratica esso stesso un centro di sapere medico e di “letteratura scientifica” che poi riversò nelle generazioni successive sotto il profilo dottrinale e maggiormente al figlio Baldassarre che ne prese successivamente le orme.
A Modica oltre alla professione di medico adempieva anche ad obblighi di carattere famigliare tra cui anche quello di sposarsi con Girolama Ruffino, da cui ebbe due figli Baldassare e Melchiorre, nonché sei figlie femmine: Giuseppa, e altre cinque monacate rispettivamente con il nome di Raffaella, Antonia, Aurora, Eelonora e Gertrude, rispettivamente le prime due nel Convento di San Francesco Saverio (alla Vignazza) e le restanti tre presso il Convento dei Santi Nicolò ed Erasmo (a Santa Teresa).
Nel 1763 avviene la svolta nella sua vita professionale; chiamato a Palermo per l'avanzare dell'epidemia di probabili febbre malariche, dovute quasi sicuramente alla lavorazione della canapa e del lino, lasciò la sua attività presso l'Ospedale cittadino, allora detto “Ospedale della Pietà” e nel circondario della Contea e si portò nella capitale del Regno, dove, unitamente ad una folta schiera di medici siciliani e non, riuscì a porre fine all'epidemia. Sembra che lo stesso avesse individuato il focolaio nella città e soprattutto avesse trovato una cura efficace che veniva chiamata “subacido”, sconfiggendo così l'epidemia dilagante. A seguito di tali ottimi risultati e impegno dimostrato fu nominato cattedratico di Medicina Clinica all'Università di Palermo, insegnando in quello che veniva chiamato “l'Archiliceo di Medicina” in cui insegnarono anche Michele Gallo e Giorgio Castagna, entrambi arcinoti medici appartenenti alla “Scuola di medicina modicana”, ma anche il proprio figlio Baldassarre dal 1797 al 1804.
Nell'Università di Palermo, oggi si trova, a memoria della grandezza del personaggio modicano, una lapide che fu voluta dal figlio Baldassarre, anch'egli docente presso l'ateneo, che così recita:
“Gaspar Cannata Mothucensis medicorum aetatis sue facile princeps, qui Hippo craticam sequutus rationem anno p.m. XXXI innocentissime medendo res suas adauxit, praecique qum Panormum a Prorege, atque Senatus adcitus sibi, gentique suae patrieque eternum nomen adeptus est, demum cum Panormi incomparabili peritia se iam dissociari comperisset in patria propere reversus hic in pace quiescit annorum LIII Obiit pridie idus Decembris 1771. Balthassar in Reale Panormitana Accademia medicinea P.P. Patri benemerentissimo 1798 H.M.P.C. .”
Alle ore 10.00 del 13 dicembre 1771 morì e fu sepolto nella Chiesa Madre di San Giorgio.
Come detto dal matrimonio con la Girolama Ruffino ebbe due figli, Melchiorre, che indirizzò alla disciplina forense, e Baldassare, che seguì materialmente le sue orme professionali e accademiche a Palermo.
Baldassarre Giorgio Giuseppe Domenico Cannata nacque il 27 gennaio 1744, a mezzanotte, dal dottor in Medicina don Gaspare Cannata e da donna Geronima Ruffino, fu battezzato da don Antonio Cannata, su licenza del rettore della Basilica della Chiesa Madre di San Giorgio; padrini furono don Filippo Linguanti e sua moglie Giuseppa Pedilligieri.
A soli 23 anni, nel 1767, Baldassarre Cannata consegue la Laurea in Medicina presso l'ateneo di Catania, dopodichè praticò la professione a Modica dove divenne Protomedico nel 1782 e in tutto il val di Noto per circa 30 anni, con fortuna pari quasi a quella del padre, tanto che il 16 ottobre del 1797, a causa della morte del professore di Medicina Pratica don Stefano Pizzoli, venne chiamato dall'ateneo di Palermo ad insegnare presso la stessa facoltà in cui insegnò il proprio genitore, fino al 1804 quando si ritirò a Modica con una pensione di 40 onze l'anno.
Fu sostituito, per polemiche anche forti avute con il consesso studentesco, tanto che si dovette ricorrere alle maniere forti da parte del Rettore dell'Università di allora un Asmundo Paternò, da Mariano Dominici e poi da Filippo Parlatore.
Sembra che tutto fosse dovuto alla vetustità delle vedute accademiche del Cannata che non voleva aprirsi alle nuove dottrine che si presentavano al galoppo nell'ambito accademico e non della Città di Palermo, soprattutto a quella indicata come “la dottrina di John Brown”, un medico scozzese di fine Settecento, teoria ripresa in Italia da Giovanni Rasori. Si trattava di una teoria medica basata sull'eccitabilità del cervello (ecco perchè detta dell'Eccitabilismo o Teoria Brunonina) e delle fibre muscolari da parte dell'ambiente esterno.
Chi si approccia allo studio o solo alla conoscenza superficiale di questo aspetto culturale e storico della Città, ma anche di quella che fu la Contea di Modica, viene fuorviato dalla onnipresenza di quello che può essere definito simpaticamente “l'Archimede Pitagorico” modicano, ossia Tommaso Campailla, che fu tutto e niente, non essendosi mai laureato, ma che fece dello studio empirico la sua piattaforma per eccellere almeno nella filosofia, la poesia e perchè no, anche nella medicina.
Di lui in campo medico si conosce solo la realizzazione di due botti per la cure della lue (sifilide o il male castigo di Dio), secondo appunto un metodo empirico che alla fine parzialmente sembra abbia avuto un grosso successo.
Non era dunque un medico nel vero senso del termine per formazione e attività, seppur qualcuno recentemente ha pure erroneamente indotto alcuni dei propri lettori a ritenere che l'ipocondriaco poeta-filosofo e scienziato tenesse delle dissertazioni di ordine patologico e anatomico all'interno di quello che oggi, ad arte, è stato costituito come il polo di storia della medicina modicana ossia “il Campailla”.
Possiamo dire che alla fine il Campailla può essere apprezzato perchè ha applicato la metafisica alla medicina (era una metodologia comune e lo fu in parte fino alla fine del Settecento), con inaspettati e discreti risultati, ma non certamente per le sue doti di medico.
Diversamente esisteva a Modica, anche durante l'esistenza stessa del Campailla, una vera e propria “scuola di medicina”, di livello accademico, con delle eccellenti ricadute pratiche, che sfornava dei veri e propri talenti, che seguendo la prassi formativa universitaria e specialistica, risultavano dunque il prodotto pratico dell'eccellenza stessa della cultura e della medicina siciliana del tempo.
Bisogna ricordare che già nel Cinquecento si avviavano giovani promettenti, di Modica e della Contea in generale, alla carriera medica attraverso un percorso formativo di tutto rispetto nelle migliori università italiane, una ad esempio quella di Salerno proprio per la Medicina. Non è un caso che nel 1552 Matteo Cerruto di Chiaramonte ottiene la laurea in medicina a Salerno (A.S.R. Sez. Modica, Archivio De Leva).
Da questa “scuola medica modicana” già nel Seicento era uscito uno tra i primi più importanti medici del secolo ossia Diego Matarazzo (1642-1702), che nella seconda metà del XVII secolo conseguì la laurea in Filosofia e Medicina a Catania e venne nominato Protomedico Generale della Contea di Modica per i suoi meriti professionali. A dir del Carrafa-Renda sembra che fu egli il progenitore proprio di quella “Scuola modicana di medicina”, a cui attinsero anche il rispettivo figlio Francesco Matarazzo, ma anche lo stesso Campailla ed i Cannata: Gaspare e Baldassare.
Entrambi, il primo padre e mentore del secondo, facevano parte di quella famiglia antica e dell'alta borghesia cittadina che si insediò ai piedi del castello e fu con la sua prosapia tra le prime artefici dello sviluppo sociale, religioso e amministrativo dell'area attorno a San Giorgio e in tutta la città poi. Ad oggi è ancora presente su corso Crispi, quasi di fronte all'ingresso del castello, la “magione” di famiglia di origine settecentesca.
Ignazio Gaspare Gaetano Cannata nasce dunque da Baldassarre e da Rosa d'Amore alle ore 17 del 7 aprile 1718; fu battezzato dal canonico don Antonio Ragusa mentre padrino fu don Ignazio Cannizzaro. Dopo gli studi collegiali a Modica, dai genitori fu inviato a studiare filosofia e medicina a Roma ed a soli 23 anni ottenne la laurea in Filosofia e Medicina e successivamente l'iscrizione e l'abilitazione ad esercitare la professione a Roma e nel resto della penisola italiana.
Questa generale abilitazione medica venne sfruttata dal medico Gaspare Cannata in tutta la Contea di Modica, divenendo così attraverso la sperimentazione e la pratica esso stesso un centro di sapere medico e di “letteratura scientifica” che poi riversò nelle generazioni successive sotto il profilo dottrinale e maggiormente al figlio Baldassarre che ne prese successivamente le orme.
A Modica oltre alla professione di medico adempieva anche ad obblighi di carattere famigliare tra cui anche quello di sposarsi con Girolama Ruffino, da cui ebbe due figli Baldassare e Melchiorre, nonché sei figlie femmine: Giuseppa, e altre cinque monacate rispettivamente con il nome di Raffaella, Antonia, Aurora, Eelonora e Gertrude, rispettivamente le prime due nel Convento di San Francesco Saverio (alla Vignazza) e le restanti tre presso il Convento dei Santi Nicolò ed Erasmo (a Santa Teresa).
Nel 1763 avviene la svolta nella sua vita professionale; chiamato a Palermo per l'avanzare dell'epidemia di probabili febbre malariche, dovute quasi sicuramente alla lavorazione della canapa e del lino, lasciò la sua attività presso l'Ospedale cittadino, allora detto “Ospedale della Pietà” e nel circondario della Contea e si portò nella capitale del Regno, dove, unitamente ad una folta schiera di medici siciliani e non, riuscì a porre fine all'epidemia. Sembra che lo stesso avesse individuato il focolaio nella città e soprattutto avesse trovato una cura efficace che veniva chiamata “subacido”, sconfiggendo così l'epidemia dilagante. A seguito di tali ottimi risultati e impegno dimostrato fu nominato cattedratico di Medicina Clinica all'Università di Palermo, insegnando in quello che veniva chiamato “l'Archiliceo di Medicina” in cui insegnarono anche Michele Gallo e Giorgio Castagna, entrambi arcinoti medici appartenenti alla “Scuola di medicina modicana”, ma anche il proprio figlio Baldassarre dal 1797 al 1804.
Nell'Università di Palermo, oggi si trova, a memoria della grandezza del personaggio modicano, una lapide che fu voluta dal figlio Baldassarre, anch'egli docente presso l'ateneo, che così recita:
“Gaspar Cannata Mothucensis medicorum aetatis sue facile princeps, qui Hippo craticam sequutus rationem anno p.m. XXXI innocentissime medendo res suas adauxit, praecique qum Panormum a Prorege, atque Senatus adcitus sibi, gentique suae patrieque eternum nomen adeptus est, demum cum Panormi incomparabili peritia se iam dissociari comperisset in patria propere reversus hic in pace quiescit annorum LIII Obiit pridie idus Decembris 1771. Balthassar in Reale Panormitana Accademia medicinea P.P. Patri benemerentissimo 1798 H.M.P.C. .”
Alle ore 10.00 del 13 dicembre 1771 morì e fu sepolto nella Chiesa Madre di San Giorgio.
Come detto dal matrimonio con la Girolama Ruffino ebbe due figli, Melchiorre, che indirizzò alla disciplina forense, e Baldassare, che seguì materialmente le sue orme professionali e accademiche a Palermo.
Baldassarre Giorgio Giuseppe Domenico Cannata nacque il 27 gennaio 1744, a mezzanotte, dal dottor in Medicina don Gaspare Cannata e da donna Geronima Ruffino, fu battezzato da don Antonio Cannata, su licenza del rettore della Basilica della Chiesa Madre di San Giorgio; padrini furono don Filippo Linguanti e sua moglie Giuseppa Pedilligieri.
A soli 23 anni, nel 1767, Baldassarre Cannata consegue la Laurea in Medicina presso l'ateneo di Catania, dopodichè praticò la professione a Modica dove divenne Protomedico nel 1782 e in tutto il val di Noto per circa 30 anni, con fortuna pari quasi a quella del padre, tanto che il 16 ottobre del 1797, a causa della morte del professore di Medicina Pratica don Stefano Pizzoli, venne chiamato dall'ateneo di Palermo ad insegnare presso la stessa facoltà in cui insegnò il proprio genitore, fino al 1804 quando si ritirò a Modica con una pensione di 40 onze l'anno.
Fu sostituito, per polemiche anche forti avute con il consesso studentesco, tanto che si dovette ricorrere alle maniere forti da parte del Rettore dell'Università di allora un Asmundo Paternò, da Mariano Dominici e poi da Filippo Parlatore.
Sembra che tutto fosse dovuto alla vetustità delle vedute accademiche del Cannata che non voleva aprirsi alle nuove dottrine che si presentavano al galoppo nell'ambito accademico e non della Città di Palermo, soprattutto a quella indicata come “la dottrina di John Brown”, un medico scozzese di fine Settecento, teoria ripresa in Italia da Giovanni Rasori. Si trattava di una teoria medica basata sull'eccitabilità del cervello (ecco perchè detta dell'Eccitabilismo o Teoria Brunonina) e delle fibre muscolari da parte dell'ambiente esterno.