MODICA - " 1584: UN FATTO DI SANGUE NELLA NASCENTE ARISTOCRAZIA LOCALE " di Carmelo Cataldi
Tribunale della Santa Inquisizione nel Regno di Sicilia (1592).
La grazia a Michele de Grimaldo, cavaliere di Nostra Signora della Montesa, per l'uccisione di don Michele Mirabella da Modica.
Da parecchi anni, unitamente a Uomo Libero, al secolo Francesco Pellegrino, si è alla ricerca degli atti processuali relativi ad un grave fatto di sangue avvenuto a Modica fra due giovani della nascente aristocrazia locale, intorno al 1584; questi erano Giuseppe de Grimaldo, che poi nel tempo in cui sconta la pena in Spagna viene anche accettato come Cavaliere nell'Ordine di Nostra Signora della Montesa, figlio dell'astro nascente nell'amministrazione della Contea di Modica Agostino de Grimaldo, e don Michele Mirabella, fratello (in alcuni atti indicato come il figlio) della potentissima “matrona” modicana donna Eleonora Mirabella, cugina del più noto don Vincenzo Mirabella, l'architetto che fece di Santa Maria delle Grazie il suo ultimo monumento e quindi nel 1624, anche il mausoleo.
A causa dell'assenza e della frammentarietà degli atti, ad oggi non è stato possibile ricostruire pienamente e originariamente questo duello tra picciotti “malandrini” e rampolli di agiate famiglie modicane, finito molto male e cioè con il decesso di uno dei contendenti ed a cui la giustizia già di allora non seppe dare una risposta equa, soprattutto alla sorella della vittima che già il 12 gennaio del 1585 si appellò allo stesso Vicerè di Sicilia, Diego Enríquez de Guzmán y de Toledo, V conte di Alba de Liste, per averla.
Da questi documenti primari, perchè presenti in archivi storici spagnoli, alla fine si era saputo che il Giuseppe de Grimaldo se l'era cavata con una condanna del Santo Uffizio del Regno di Sicilia con sei anni di esilio, “tres preciso set tres voluntarios”, ma più correttamente “tres precisos deste reyno de Sicilia y tres voluntarios de modica y su territorio”, in Spagna a partire dal febbraio del 1586; è molto probabile che lo stesso, per vari motivi, abbia iniziato a scontare i sei anni di esilio l'anno successivo, perchè, come si capirà dopo, lo stesso avrebbe finito di scontare la pena nel 1593.
Questo risultava ad oggi, e a grandi linee circa, la truce vicenda che vide protagonisti questi due giovani modicani.
Terminata la pena (nella parte finale condonata) dell'esilio nel 1592 Giuseppe de Grimaldo, paradossalmente e durante l'esecuzione della pena, già salito di un buon gradino nella scala sociale sia spagnola che siciliana, attraverso l'ingresso nell'Ordine di Nostra Signora della Montesa con il titolo di cavaliere, ritorna a Modica, e, sembra un copione che ancora oggi si è visto e si potrebbe vedere nell'ambito della società moderna italiana, scala tutti i gradi amministrativi della Contea diventando, come il padre, maestro razionale e poi capitano di giustizia (il padre Agostino lo era stato sul finire degli anni 50 del secolo della città di Siracusa) ottenendo altri incarichi per conto della Contea e dell'Università di Modica.
Ma la storia, essendo sempre in work progress, ci riserva sempre delle sorprese ed ecco affiorare, dove meno ce lo si aspetta, in quanto come è risaputo segmenti interi dell'Archivio della Cancelleria di Giustizia della Contea di Modica, dagli anni ottanta del Cinquecento agli anni venti del Seicento sono mancanti, proprio nel fondo Grimaldi un documento importantissimo, forse uno dei pochi in giro presente, del Tribunale dell'Inquisizione del Regno di Sicilia con sede a Palermo e riguardante proprio la vicenda, ossia la coda terminale della vicenda giudiziaria, di Giuseppe de Grimaldo.
L'importanza di questo documento, almeno per gli storici, non è dovuta particolarmente al suo contenuto, bensì alla forma del testo e alla lingue usate nella stesura.
Siamo cioè davanti ad una sui generis stele di rosetta moderna, in quanto il documento è redatto in tre lingue: latino, castigliano e siciliano del Cinquecento.
Secondariamente il documento risulta ancora importante perchè certifica una prassi in voga in quel periodo in Sicilia e ciò quello di sottrarsi, ad opera del ceto alto borghese e dell'aristocrazia, anche quella emergente, al giudice naturale mediante il cambio del Foro. Moltissimi membri di queste classi sociali siciliane, molto abbienti, in questo secolo (il Cinquecento), per sottrarsi alla naturale giurisdizione regia e quindi risultare immuni alla temuta procedura ex abrupto, si facevano accreditare in qualità di familiari del Tribunale dell'Inquisizione.
Questi “famigliari” del Tribunale, per lo più uomini e donne, laici ed ecclesiastici, erano intesi come affiliati, confidenti e informatori (delatori per lo più), ma anche usati, come collaboratori esterni all'Ufficio, con compiti di informazione, di vigilanza ma anche di controllo politico del territorio, ottenendone a loro volta una protezione giuridica e una serie di benefici e privilegi attraverso la specialità del Foro; per dare un numero, nel 1577, i familiari ammontavano in Sicilia a 1.572 unità distribuiti su 173 centri urbani su un totale di 180.
Il documento in esame consiste in una richiesta di grazia, poi ottenuta, presentata da Giuseppe de Grimaldo, sul finire del mese di ottobre del 1592, da Madrid, dove si trova a scontare l'esilio forzato a seguito della condanna per l'omicidio di don Michele Mirabella.
In questa richiesta l'istante chiede, essendo ormai prossima la scadenza dei sei anni di pena, ed avendo a Modica il padre anziano (Agostino de Grimaldo) e la moglie al seguito in Spagna (y deseando retirarse con su muger y casa que trahe de españa a la de su padre que reside en el dicho lugar y verle despues de tantos años de ausencia), di poter rientrare presso la propria abitazione di Modica.
Nell'immediatezza della ricezione della supplica il Tribunale della Santa Inquisizione in Palermo, nelle persone di don Lodovico de Paramos e Martin de Olloqui, gli concedono la grazia di poter fare immediatamente rientro presso la Città di Modica, senza che alcuno possa disturbarlo oltremodo, pena la sanzione di mille fiorini: “...non vi vogliano ne debiano molestare per la sudetta causa ne permettere che siati molestato ne inquietato da nixona persona et questo sotto la pena di florini milli fisco...”.
Insomma giustizia fu fatta per cui la stessa poteva essere anche clemente con Giuseppe de Grimaldo, nel frattempo diventato cavaliere e quindi per il sentire locale anche “don”; effettivamente lo diventerà in seguito con l'acquisto del feudo baronale di San Giovanni e Randello.
Insomma passa il tempo, trascorrono i secoli, cambiano anche i contesti sociali e territoriali, ma alla fine l'uomo rimane sempre “homo homini lupus” e la giustizia arranca dietro a dinamiche personali e sociali che sembrano, a ragion veduta, immutate e immutabili, in quanto è l'uomo stesso, l'essere “umano”, la sua natura, al centro dei propri interessi primari, personali e individuali, a forgiare le proprie leggi e renderle laddove possibile anche duttili e utili.
Trascrizione del documento.
Nos Jnquisitores adversus Heretica pravitatem et apostasiam jn hoc Siciliae regno eiusque Jnsulis coadjacentibus auctorizatibus apostolica et regia deputatis
A Vos don Joseppi de Grimaldo salutem jn deum sempitern/
Perche siamo stati supplicati da parte V/ra don Gioseppe de Grimaldo et per noi fu provisto del tenor sequenti viz:
Ill/mos et Rev/mos señores, don Jusepe de grimaldo de la orden de Montesa dice a V/ SS/rias Ill/mas que ha cerca de nuebe años que siendo familiar desta s/ta Jnquisición fue, delante deste tribunal, acusado de d/ña Leonor la mirabela sobre sospecha de la muerte de don Miguel la mirabela su hermano y haviendose presentado sponte para aclarar su jnocencia y estado cerca de tres agnos y medio preso y echo sus defensiones fue por los SS/res Inquisidores que entonces eran puesto a question de tormento y no obstante haver sido negativo y ayudadole a ello el hallarse jnocente fueron servidos condenarle como le condenaron a seis años de destierro, tres precisos deste reyno de Sicilia y tres voluntarios de modica y su territorio como paresce por el traslado de la sentencia que aqui presenta autentica, salio a cumplir el dicho destierro la buelta de españa adonde non solo ha cumplido los tres primeros años de destierro preciso del reyno pero tambien casi todos los otros tres voluntarios de modica y su territorio, y le falta muy poco para poder entrar en la dicha tierra, y deseando retirarse con su muger y casa que trahe de españa a la de su padre que reside en el dicho lugar y verle despues de tantos años de ausencia supplica a VV. SS. Ill/mas sean servidos hacerle la gracia de los pocos dias que quedan pues está reservado a alvedrio de VV. SS. Ill/mas que rescibirá en ello muj señalada.
Madrid Castella (Castilla), passado die xxviiij octobris vj ind/ 1592
Ex parte Ill/orum Rev/orum d/norum Jnquisitorum Paramo et Olloqui, habeat gratiam.
Vincencium Castella, Mag/r not/ et pro secretarijs pro observatione della quale n/ra preinserta provista et per tenor de li presenti vi damo et concedimo licencia et faculta di possere jntrare jn la cita di modica et suo territorio non obstante che non sia complito il tempo della V/ra condepna per la causa contenta jn lo v/ro preinserto memoriale di lo quali tempo seu residuo che resta a complire detta qondenna vi ni havemo fatto et facemo gracia et volemo che si jntenda come si fosse stata complita poi che cossi procede di n/ra volunta comandamento per li presenti a tutti et singuli officiali et persuni del regno et di detta cita di modica che vogliano et debiano exegere et observare ad unguem la n/ra preinserta provista et conforme a li presenti littri non vi vogliano ne debiano molestare per la sudetta causa ne permettere che siati molestato ne inquietato da nixona persona et questo sotto la pena di florini milli fisco S/ti Officij applicanda.
Dat/ Palermo die xxx octobr/ vj ind/ 1592
El Dr. Paramo
Doc/or don Martin de Olloqui
Por mandado de los Rev/mos Jnquisidores
Joan de Rifos, secret/ del S/to Officio
V.S. vidit
Fonte: Archivio di Stato di Ragusa- Sezione di Modica, Fondo Grimaldi.
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La grazia a Michele de Grimaldo, cavaliere di Nostra Signora della Montesa, per l'uccisione di don Michele Mirabella da Modica.
Da parecchi anni, unitamente a Uomo Libero, al secolo Francesco Pellegrino, si è alla ricerca degli atti processuali relativi ad un grave fatto di sangue avvenuto a Modica fra due giovani della nascente aristocrazia locale, intorno al 1584; questi erano Giuseppe de Grimaldo, che poi nel tempo in cui sconta la pena in Spagna viene anche accettato come Cavaliere nell'Ordine di Nostra Signora della Montesa, figlio dell'astro nascente nell'amministrazione della Contea di Modica Agostino de Grimaldo, e don Michele Mirabella, fratello (in alcuni atti indicato come il figlio) della potentissima “matrona” modicana donna Eleonora Mirabella, cugina del più noto don Vincenzo Mirabella, l'architetto che fece di Santa Maria delle Grazie il suo ultimo monumento e quindi nel 1624, anche il mausoleo.
A causa dell'assenza e della frammentarietà degli atti, ad oggi non è stato possibile ricostruire pienamente e originariamente questo duello tra picciotti “malandrini” e rampolli di agiate famiglie modicane, finito molto male e cioè con il decesso di uno dei contendenti ed a cui la giustizia già di allora non seppe dare una risposta equa, soprattutto alla sorella della vittima che già il 12 gennaio del 1585 si appellò allo stesso Vicerè di Sicilia, Diego Enríquez de Guzmán y de Toledo, V conte di Alba de Liste, per averla.
Da questi documenti primari, perchè presenti in archivi storici spagnoli, alla fine si era saputo che il Giuseppe de Grimaldo se l'era cavata con una condanna del Santo Uffizio del Regno di Sicilia con sei anni di esilio, “tres preciso set tres voluntarios”, ma più correttamente “tres precisos deste reyno de Sicilia y tres voluntarios de modica y su territorio”, in Spagna a partire dal febbraio del 1586; è molto probabile che lo stesso, per vari motivi, abbia iniziato a scontare i sei anni di esilio l'anno successivo, perchè, come si capirà dopo, lo stesso avrebbe finito di scontare la pena nel 1593.
Questo risultava ad oggi, e a grandi linee circa, la truce vicenda che vide protagonisti questi due giovani modicani.
Terminata la pena (nella parte finale condonata) dell'esilio nel 1592 Giuseppe de Grimaldo, paradossalmente e durante l'esecuzione della pena, già salito di un buon gradino nella scala sociale sia spagnola che siciliana, attraverso l'ingresso nell'Ordine di Nostra Signora della Montesa con il titolo di cavaliere, ritorna a Modica, e, sembra un copione che ancora oggi si è visto e si potrebbe vedere nell'ambito della società moderna italiana, scala tutti i gradi amministrativi della Contea diventando, come il padre, maestro razionale e poi capitano di giustizia (il padre Agostino lo era stato sul finire degli anni 50 del secolo della città di Siracusa) ottenendo altri incarichi per conto della Contea e dell'Università di Modica.
Ma la storia, essendo sempre in work progress, ci riserva sempre delle sorprese ed ecco affiorare, dove meno ce lo si aspetta, in quanto come è risaputo segmenti interi dell'Archivio della Cancelleria di Giustizia della Contea di Modica, dagli anni ottanta del Cinquecento agli anni venti del Seicento sono mancanti, proprio nel fondo Grimaldi un documento importantissimo, forse uno dei pochi in giro presente, del Tribunale dell'Inquisizione del Regno di Sicilia con sede a Palermo e riguardante proprio la vicenda, ossia la coda terminale della vicenda giudiziaria, di Giuseppe de Grimaldo.
L'importanza di questo documento, almeno per gli storici, non è dovuta particolarmente al suo contenuto, bensì alla forma del testo e alla lingue usate nella stesura.
Siamo cioè davanti ad una sui generis stele di rosetta moderna, in quanto il documento è redatto in tre lingue: latino, castigliano e siciliano del Cinquecento.
Secondariamente il documento risulta ancora importante perchè certifica una prassi in voga in quel periodo in Sicilia e ciò quello di sottrarsi, ad opera del ceto alto borghese e dell'aristocrazia, anche quella emergente, al giudice naturale mediante il cambio del Foro. Moltissimi membri di queste classi sociali siciliane, molto abbienti, in questo secolo (il Cinquecento), per sottrarsi alla naturale giurisdizione regia e quindi risultare immuni alla temuta procedura ex abrupto, si facevano accreditare in qualità di familiari del Tribunale dell'Inquisizione.
Questi “famigliari” del Tribunale, per lo più uomini e donne, laici ed ecclesiastici, erano intesi come affiliati, confidenti e informatori (delatori per lo più), ma anche usati, come collaboratori esterni all'Ufficio, con compiti di informazione, di vigilanza ma anche di controllo politico del territorio, ottenendone a loro volta una protezione giuridica e una serie di benefici e privilegi attraverso la specialità del Foro; per dare un numero, nel 1577, i familiari ammontavano in Sicilia a 1.572 unità distribuiti su 173 centri urbani su un totale di 180.
Il documento in esame consiste in una richiesta di grazia, poi ottenuta, presentata da Giuseppe de Grimaldo, sul finire del mese di ottobre del 1592, da Madrid, dove si trova a scontare l'esilio forzato a seguito della condanna per l'omicidio di don Michele Mirabella.
In questa richiesta l'istante chiede, essendo ormai prossima la scadenza dei sei anni di pena, ed avendo a Modica il padre anziano (Agostino de Grimaldo) e la moglie al seguito in Spagna (y deseando retirarse con su muger y casa que trahe de españa a la de su padre que reside en el dicho lugar y verle despues de tantos años de ausencia), di poter rientrare presso la propria abitazione di Modica.
Nell'immediatezza della ricezione della supplica il Tribunale della Santa Inquisizione in Palermo, nelle persone di don Lodovico de Paramos e Martin de Olloqui, gli concedono la grazia di poter fare immediatamente rientro presso la Città di Modica, senza che alcuno possa disturbarlo oltremodo, pena la sanzione di mille fiorini: “...non vi vogliano ne debiano molestare per la sudetta causa ne permettere che siati molestato ne inquietato da nixona persona et questo sotto la pena di florini milli fisco...”.
Insomma giustizia fu fatta per cui la stessa poteva essere anche clemente con Giuseppe de Grimaldo, nel frattempo diventato cavaliere e quindi per il sentire locale anche “don”; effettivamente lo diventerà in seguito con l'acquisto del feudo baronale di San Giovanni e Randello.
Insomma passa il tempo, trascorrono i secoli, cambiano anche i contesti sociali e territoriali, ma alla fine l'uomo rimane sempre “homo homini lupus” e la giustizia arranca dietro a dinamiche personali e sociali che sembrano, a ragion veduta, immutate e immutabili, in quanto è l'uomo stesso, l'essere “umano”, la sua natura, al centro dei propri interessi primari, personali e individuali, a forgiare le proprie leggi e renderle laddove possibile anche duttili e utili.
Trascrizione del documento.
Nos Jnquisitores adversus Heretica pravitatem et apostasiam jn hoc Siciliae regno eiusque Jnsulis coadjacentibus auctorizatibus apostolica et regia deputatis
A Vos don Joseppi de Grimaldo salutem jn deum sempitern/
Perche siamo stati supplicati da parte V/ra don Gioseppe de Grimaldo et per noi fu provisto del tenor sequenti viz:
Ill/mos et Rev/mos señores, don Jusepe de grimaldo de la orden de Montesa dice a V/ SS/rias Ill/mas que ha cerca de nuebe años que siendo familiar desta s/ta Jnquisición fue, delante deste tribunal, acusado de d/ña Leonor la mirabela sobre sospecha de la muerte de don Miguel la mirabela su hermano y haviendose presentado sponte para aclarar su jnocencia y estado cerca de tres agnos y medio preso y echo sus defensiones fue por los SS/res Inquisidores que entonces eran puesto a question de tormento y no obstante haver sido negativo y ayudadole a ello el hallarse jnocente fueron servidos condenarle como le condenaron a seis años de destierro, tres precisos deste reyno de Sicilia y tres voluntarios de modica y su territorio como paresce por el traslado de la sentencia que aqui presenta autentica, salio a cumplir el dicho destierro la buelta de españa adonde non solo ha cumplido los tres primeros años de destierro preciso del reyno pero tambien casi todos los otros tres voluntarios de modica y su territorio, y le falta muy poco para poder entrar en la dicha tierra, y deseando retirarse con su muger y casa que trahe de españa a la de su padre que reside en el dicho lugar y verle despues de tantos años de ausencia supplica a VV. SS. Ill/mas sean servidos hacerle la gracia de los pocos dias que quedan pues está reservado a alvedrio de VV. SS. Ill/mas que rescibirá en ello muj señalada.
Madrid Castella (Castilla), passado die xxviiij octobris vj ind/ 1592
Ex parte Ill/orum Rev/orum d/norum Jnquisitorum Paramo et Olloqui, habeat gratiam.
Vincencium Castella, Mag/r not/ et pro secretarijs pro observatione della quale n/ra preinserta provista et per tenor de li presenti vi damo et concedimo licencia et faculta di possere jntrare jn la cita di modica et suo territorio non obstante che non sia complito il tempo della V/ra condepna per la causa contenta jn lo v/ro preinserto memoriale di lo quali tempo seu residuo che resta a complire detta qondenna vi ni havemo fatto et facemo gracia et volemo che si jntenda come si fosse stata complita poi che cossi procede di n/ra volunta comandamento per li presenti a tutti et singuli officiali et persuni del regno et di detta cita di modica che vogliano et debiano exegere et observare ad unguem la n/ra preinserta provista et conforme a li presenti littri non vi vogliano ne debiano molestare per la sudetta causa ne permettere che siati molestato ne inquietato da nixona persona et questo sotto la pena di florini milli fisco S/ti Officij applicanda.
Dat/ Palermo die xxx octobr/ vj ind/ 1592
El Dr. Paramo
Doc/or don Martin de Olloqui
Por mandado de los Rev/mos Jnquisidores
Joan de Rifos, secret/ del S/to Officio
V.S. vidit
Fonte: Archivio di Stato di Ragusa- Sezione di Modica, Fondo Grimaldi.
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