" 1838: NASCE LA ´ ROTABILE ´ VITTORIA- SCOGLITTI " DI FRANCESCO EREDDIA.

10-04-2016 09:54 -


DELLE COSE DI SICILIA
Uomini e fatti senza tempo





1838:
NASCE LA ‘ROTABILE’ VITTORIA-SCOGLITTI




«Qualunque dimanda o progetto dee essere presentato dal Sindaco al Sottintendente, da questi all’Intendente, e dal medesimo al Luogotenente Generale del Regno colle rispettive osservazioni. Ciò premesso conoscerà Ella colla sua sagezza la necessità di rimettere la pianta analoga alla relazione data dall’Ingegniere Marino pella strada rotabile che vuole aprirsi da codesto Comune allo Scaro degli Scoglitti, e quindi la prego di non ritardarne l’invio pel vantaggio del Comune istesso».

Con nota del 5 marzo 1819 il Sottintendente di Modica, Marchesino Delli Bagni, - dopo una premessa volta a rinfrescare la memoria sulla complessità della burocrazia borbonica dopo la recente riforma amministrativa del 1817 - sollecitava al sindaco di Vittoria l’invio della Pianta dettagliata della «strada rotabile che vuole aprirsi da codesto Comune allo Scaro degli Scoglitti».
Il 14 marzo successivo lo stesso Sottintendente accusava ricevuta del «tubo di latta, in cui mi dice essere riposti i profili fatti dall’Architetto Marino» per la strada rotabile da Vittoria a Scoglitti. E con nota del 22 marzo informava il sindaco di aver inviato la «pianta in sette carte delineate ben condizionate nel tubo di latta» al Regio Intendente, che lo ha incaricato «di farle sapere che resti Ella in aspettazione».
Tale “aspettazione” né il sindaco né il Decurionato (cioè il Consiglio Civico), per quanto messi in guardia sulla articolata e complessa macchina amministrativa borbonica, potevano immaginare che si sarebbe protratta per più di dieci anni. Fra breve cercheremo di spiegarci i motivi di questo ritardo, ma il fatto è che ancora nel 1832 il Decurionato di Vittoria, con deliberazione del 2 dicembre, considera «che la strada, la quale da questa Comune porta alla spiaggia degli Scoglitti, merita tutta la sua attenzione per renderla rotabile». Si precisava altresì che «la cura, industria e spesa del negoziante inglese Signor Ingham», che aveva «un Lambico situato poco discosto da questa Comune», cioè una distilleria, assicuravano - attraverso la lunga esperienza di quell’imprenditore nel «trasporto degli spiriti» verso il porto di Scoglitti - «che la via detta di Brigaleci, la quale porta da Vittoria agli Scoglitti, fosse più aggevole alla rotazione», cioè a renderla rotabile.
Si noti come già nei primi anni dell’Ottocento si trovava impiantata a Vittoria una distilleria per la produzione di alcol destinato all’esportazione. La più antica era proprio quella della ditta Ingham e Withaker di Palermo, ma già qualche decennio dopo sorse l’impianto della palermitana ditta Florio.



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«L’ingegnere provinciale del Valle Caltanissetta» Gaetano Lo Piano - nella relazione del 1833 che accompagnava il suo progetto relativo alla strada rotabile per il quale aveva ricevuto l’incarico dall’Intendente di Caltanissetta - premetteva che «il Decurionato della Comune di Vittoria» intendeva con quell’importante opera pubblica «vantaggiare, e migliorare, l’industria, il commercio e l’agricoltura della propria patria». E aggiungeva che c’erano due opzioni per l’uscita della strada dal caseggiato di Vittoria: l’una «dalla via nominata Dascone» (denominata dopo l’Unità, come ancora oggi, via Garibaldi), «una delle più lunghe, e larghe strade, che attraversa tutta estensione dell’abitato della Comune, e passa per la pubblica piazza», e l’altra «per la via Scoglitti [poi via Dei Mille] passando d’innanzi la pubblica fonte al di sotto del convento de’ PP. Cappuccini».
Ma la seconda veniva scartata dall’ingegnere, in quanto doveva attraversare parecchi dislivelli del terreno: non c’era ancora, infatti, la scalinata che porta oggi al Calvario né il Calvario stesso né tutto il resto, essendo aperta campagna che costituiva (compresa la zona successivamente destinata ai giardini pubblici o Villa Comunale) il cosiddetto Orto dei Cappuccini.
Ma ancora nel 1834 il Decurionato di Vittoria, con deliberazione del 2 febbraio, lamentava che l’Intendente del Val di Noto, «ha postergato l’esecuzione della Strada progettata, con danno alla Comune che non ha potuto godere dell’utile, che arrecano le strade carrozzabili al commercio».

Si ha l’impressione – e così ci spieghiamo il lungo lasso di tempo intercorso dalla autorizzazione rilasciata nell’ormai lontano 1819 - che le autorità borboniche intendessero in questo modo punire Vittoria, colpendo a morte la sua attività economica e commerciale, per la sua adesione ai moti del 1820/21 e per il radicamento nel tessuto urbano delle idee liberali e antiborboniche della massoneria e della carboneria. Tutti gli anni Venti, infatti, sono contrassegnati da lettere riservate, inviate dall’Intendente del Val di Noto all’arciprete Giombattista Ventura della Chiesa Madre cittadina. In una di queste si chiedeva addirittura di «conoscersi le qualità Civili e Morali del sac. Gio. Battista Di Pasquale, figlio del Notaro don Giuseppe del Comune di Vittoria, se prese parte nelle passate vicende del 1820, e se appartenne ad alcuna delle società segrete».
Senza dire che nei primi anni Trenta infuriò una polemica interna, uno scontro politico vero e proprio sulla priorità da dare a Vittoria alle opere pubbliche. C’erano, da una parte, gli interessi dei borgesi (i proprietari terrieri, i commercianti e tutti gli imprenditori agricoli) e dall’altra quelli dei civili, i tanti professionisti animati piuttosto da ideali umanitari e sociali (socialisti ante litteram) e protesi a risanare certe piaghe sociali.
Questi ultimi ritenevano più urgente la bonifica di «un lago che impaluda alle mura dell’abitato», cioè quello detto della Bordoneria (ubicato nella depressione ancor oggi esistente nella parte terminale dello stradale di Forcone, là dove incrocia la circonvallazione della SS 115 e prosegue per Pedalino). In una lettera firmata dal marchese Alfonso Ricca e da un’ottantina di civili e inviata nell’agosto 1833 «al Signor Sindaco e ai signori componenti il Decurionato della Comune di Vittoria» si lamenta, infatti, «che le strade interne esalano un’aria pregna di umide, e venefiche particelle, che attaccano principj di vita e sono letali a quei infelici» e che «famiglie intiere sono inchiodate in un letto e lottano colla convalescenza e la fame; vedove inconsolate, orfani figli e padri inconsolabili». Si tenga presente che già nel 1824 il Decurionato aveva deliberato «per lo disseccamento del lago della Bordonaria», ma evidentemente alle buone intenzioni non erano seguiti i fatti.

Dopo circa un anno di estenuanti battaglie politiche - che culminarono nella decisione di avviare contemporaneamente i lavori relativi alla bonifica dello Stagno della Bordoneria, che diffondeva la malaria, e quelli per la strada rotabile - si arrivò finalmente al bando relativo alla gara d’appalto e al successivo (15 giugno 1834) «Atto di aggiudicazione per lo appalto della costruzione della nuova strada rotabile, che deve cominciare in continuazione di una strada di Città nominata Dascone, e terminare allo Scaro degli Scoglitti appartenente a questa Comune, della lunghezza di otto miglia e canne trecentosessantanove». L’appalto veniva affidato al «mastro murifabbro Francesco Bucchieri domiciliato in questa Comune di Vittoria, e coll’abonazione [cioè, la fideiussione] di Don Ferdinando Ricca del fu Marchese Don Salvatore qui pure domiciliato».
Nel 1838 la tanto sospirata strada venne completata.


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«Il Consiglio Civico, interprete dell’intero Municipio, ha unanimemente deliberato che non può, né dee esordire i suoi atti che pronunziando il voto solenne dell’annessione sotto Vittorio Emanuele primo Re d’Italia».

La sera del 7 luglio 1860 si riuniva a Vittoria il primo consiglio civico in una Sicilia ormai uscita dalla dominazione borbonica e che si avviava alle votazioni plebiscitarie del 21 ottobre, che avrebbero sancito la definitiva annessione all’Italia dell’ex regno delle Due Sicilie.
Nella seduta del 13 settembre 1860 si decideva non solo in merito ai festeggiamenti da celebrarsi a Vittoria per l’entrata di Garibaldi a Napoli, ma anche sulla strada rotabile per Scoglitti. Il fatto è che la passata amministrazione borbonica poco o nulla aveva erogato per la manutenzione di quella importantissima arteria.
Col passare del tempo «i carri aprivano delle profonde rotaje distruggendo il selciato, così che la strada fu in tutti i sensi logorata». Questo obbligava i commercianti «a non caricare sui loro carri che la metà del peso ordinario, e gli animali da soma un terzo di meno», con gravi danni per i produttori agricoli e per il commercio, dal momento che i tempi del trasporto dei prodotti si allungavano enormemente.
Si propone, dunque, e si approva all’unanimità l’istituzione di una «barriera doganale» con relativo «dazio di pedaggio», dai cui proventi provvedere scrupolosamente alla manutenzione della carrozzabile. Si delibera altresì che «la Barriera sarà sita nel punto in cui la strada rotabile si introduce nel Comunello di Scoglitti, e contigua alle case dello stesso».



Francesco Ereddia