" PASQUA … E COMISO S’E’ VESTITA A FESTA " di Antonio Paludi
PASQUA … E COMISO S’E’ VESTITA A FESTA
La pandemia Covid – 19 ha tolto a noi comisani, nei mesi appena trascorsi, molta socialità. Solo due anni fa stare insieme nelle strade, nelle piazze, magari al mare era testimonianza d’intenso amore, di profonda amicizia, un segno di appartenenza ad una comunità di cui si condividevano tutti i valori, da quelli laici a quelli religiosi. Quando si vive nello stesso paese e si dividono i sorrisi, le strette di mano, gli sguardi e in senso più lato le vicinanze, i cittadini, anche se non si conoscono, anche se abitano agli antipodi, l’uno dall’altro, si sentono dentro una comunanza che stringe in una invisibile parentela che non è veicolata solo dal sangue, ma da quell’anima universale che comprende tutti, che fa sentire tutti comisani, tutti siciliani, tutti italiani, tutti cittadini del mondo. I comisani sono un popolo laborioso e pieno di vita, basta mettersi su una qualsiasi strada la mattina presto per vedere decine di auto muoversi lungo le più disparate arterie per recarsi dove il lavoro chiama.
Due anni di pandemia, adesso siamo al terzo, hanno modificato tanti comportamenti e messi in crisi, per indicazioni delle Autorità competenti, proprio quello che un tempo si cercava, la comunanza, chiamata oggi, quasi per dispregio, assembramento. L’uomo è un essere sociale, ha bisogno dell’altro per legarsi alla catena umana, è una nota che ha bisogno di tutte le altre per sentirsi in armonia, altrimenti si trasforma in un suono brutto, senza forma, un’eco d’una sola sillaba che si perde nella lunga valle d’una umanità grigia. Molte cose sono cambiate in questi ultimi due / tre anni, i rapporti fra le persone si sono allargati, ci s’incontra ormai solo fra amici stretti o fra persone consanguinee, scomparse, almeno in questa fase storica, quelle belle chiacchierate chi si facevano al bar, mentre si sorseggiava un caffè, con una persona appena conosciuta.
Le cose stanno lentamente cambiando, i visi, in alcuni momenti, finalmente liberi dalle mascherine. Alcune restrizioni si sono allentate e la gente comincia di nuovo a incontrarsi, non ci si guarda più in cagnesco quando ci s’incontra lungo marciapiedi stretti, adesso vedo che tornano i sorrisi e la fiducia della gente si sta di nuovo fortificando. Quest’anno aprile è il mese che ospita i festeggiamenti per la Pasqua, una festa molto sentita nella cittadina di Comiso, tutta la città, in questa ricorrenza, si stringe attorno alla cattedrale dell’Annunziata. Negli ultimi due anni i provvedimenti, governativi e regionali, legati alla pandemia covid-19 hanno fatto saltare le celebrazioni della settimana Santa così come eravamo abituati a festeggiarli. L’isolamento, il divieto d’uscire, se non a certe condizioni, hanno rimandato a tempi migliori tante tradizioni ch’erano momenti di aggregazione, di comunione fra parenti, fra amici o entrambi le cose, sembrerebbe che la pandemia stia scemando e che la normalità stia di nuovo ritornando nella nostra città.
Girare, in questa primavera, per Comiso vuol dire girare fra tanta rinnovate energia, la città mi sembra abbia preso il colore di prima, anche se la pandemia ha lasciato tante ferite che velocemente sembrano si stiano rimarginando, anche se leggo negli occhi di tanta gente la parola “prudenza”. La domenica delle Palme, che ha dato inizio alla settimana Santa dei cristiani, è stata una giornata particolare, dopo la Santa messa i fedeli, ma anche molti laici, hanno partecipato alla tradizionale ricorrenza della “Cena”, proprio sul sagrato della cattedrale. Sono stati molti i doni dei comisani portati via con una piccola offerta, ma al di là dell’offerta è stata la comunanza, il ritrovarsi: anziani, adulti, giovani, bambini con le mamme, per dire ci siamo, per dire che i valori umani continuano a germogliare, nel nome di Cristo, anche dopo più di duemila anni. Quanti sorrisi davanti all’Annunziata, piccoli / grandi gesti del cuore, fatti con spontaneità e con l’animo che si appresta, con commozione a vivere la passione di Cristo, ma ancor di più la sua resurrezione, ch’è rinascita, emancipazione dal peccato. La domenica delle Palme come se fosse sceso dal cielo una mano santa, venuta a portare una rinnovata serenità, una rinnovata speranza a tutti gli uomini.
È stata quella del 17 aprile, nella nostra cittadina, una Pasqua un po’ diversa dal solito, tanta partecipazione commossa alla messa, tanta partecipazione gioiosa alla processione, per le vie del Paese, dei simulacri. Immergersi nella processione, camminare fra la gente vuol dire avere il polso della grande fede che si annida nella profondità del cuore dei nostri compaesani. Camminare, spalla a spalla, con tanti uomini e donne di fede ha dato l’impressione d’essere in un Eden di pace. Penso che quando ognuno dei partecipanti sia tornato alla propria abitazione abbia avuto la sensazione, facendo opera di metacognizione, d’un rinnovato arricchimento spirituale; abbia avuto la certezza d’avere salito un ulteriore gradino nel lungo commino della propria fede. Il maltempo, che ha fermato la processione alla “Pace” di Sant’Antonio, ha dato modo a noi comisani di vivere lo spirito pasquale, per un altro giorno, con la stessa intensità del giorno prima. I bambini con i loro versi cantati hanno aperto i cuori, la sera del lunedì, quando la processione è stata di nuovo ripresa, sembravano due angeli veri ai piedi della Madonna e del cristo trionfante sulla morte. I “Portatori” sembravano, con il loro fare di gioia, con la loro sudata generosità, con i loro sorrisi, con la loro fatica, spiriti eletti d’un ritrovato Paradiso.
Antonio Paludi
La pandemia Covid – 19 ha tolto a noi comisani, nei mesi appena trascorsi, molta socialità. Solo due anni fa stare insieme nelle strade, nelle piazze, magari al mare era testimonianza d’intenso amore, di profonda amicizia, un segno di appartenenza ad una comunità di cui si condividevano tutti i valori, da quelli laici a quelli religiosi. Quando si vive nello stesso paese e si dividono i sorrisi, le strette di mano, gli sguardi e in senso più lato le vicinanze, i cittadini, anche se non si conoscono, anche se abitano agli antipodi, l’uno dall’altro, si sentono dentro una comunanza che stringe in una invisibile parentela che non è veicolata solo dal sangue, ma da quell’anima universale che comprende tutti, che fa sentire tutti comisani, tutti siciliani, tutti italiani, tutti cittadini del mondo. I comisani sono un popolo laborioso e pieno di vita, basta mettersi su una qualsiasi strada la mattina presto per vedere decine di auto muoversi lungo le più disparate arterie per recarsi dove il lavoro chiama.
Due anni di pandemia, adesso siamo al terzo, hanno modificato tanti comportamenti e messi in crisi, per indicazioni delle Autorità competenti, proprio quello che un tempo si cercava, la comunanza, chiamata oggi, quasi per dispregio, assembramento. L’uomo è un essere sociale, ha bisogno dell’altro per legarsi alla catena umana, è una nota che ha bisogno di tutte le altre per sentirsi in armonia, altrimenti si trasforma in un suono brutto, senza forma, un’eco d’una sola sillaba che si perde nella lunga valle d’una umanità grigia. Molte cose sono cambiate in questi ultimi due / tre anni, i rapporti fra le persone si sono allargati, ci s’incontra ormai solo fra amici stretti o fra persone consanguinee, scomparse, almeno in questa fase storica, quelle belle chiacchierate chi si facevano al bar, mentre si sorseggiava un caffè, con una persona appena conosciuta.
Le cose stanno lentamente cambiando, i visi, in alcuni momenti, finalmente liberi dalle mascherine. Alcune restrizioni si sono allentate e la gente comincia di nuovo a incontrarsi, non ci si guarda più in cagnesco quando ci s’incontra lungo marciapiedi stretti, adesso vedo che tornano i sorrisi e la fiducia della gente si sta di nuovo fortificando. Quest’anno aprile è il mese che ospita i festeggiamenti per la Pasqua, una festa molto sentita nella cittadina di Comiso, tutta la città, in questa ricorrenza, si stringe attorno alla cattedrale dell’Annunziata. Negli ultimi due anni i provvedimenti, governativi e regionali, legati alla pandemia covid-19 hanno fatto saltare le celebrazioni della settimana Santa così come eravamo abituati a festeggiarli. L’isolamento, il divieto d’uscire, se non a certe condizioni, hanno rimandato a tempi migliori tante tradizioni ch’erano momenti di aggregazione, di comunione fra parenti, fra amici o entrambi le cose, sembrerebbe che la pandemia stia scemando e che la normalità stia di nuovo ritornando nella nostra città.
Girare, in questa primavera, per Comiso vuol dire girare fra tanta rinnovate energia, la città mi sembra abbia preso il colore di prima, anche se la pandemia ha lasciato tante ferite che velocemente sembrano si stiano rimarginando, anche se leggo negli occhi di tanta gente la parola “prudenza”. La domenica delle Palme, che ha dato inizio alla settimana Santa dei cristiani, è stata una giornata particolare, dopo la Santa messa i fedeli, ma anche molti laici, hanno partecipato alla tradizionale ricorrenza della “Cena”, proprio sul sagrato della cattedrale. Sono stati molti i doni dei comisani portati via con una piccola offerta, ma al di là dell’offerta è stata la comunanza, il ritrovarsi: anziani, adulti, giovani, bambini con le mamme, per dire ci siamo, per dire che i valori umani continuano a germogliare, nel nome di Cristo, anche dopo più di duemila anni. Quanti sorrisi davanti all’Annunziata, piccoli / grandi gesti del cuore, fatti con spontaneità e con l’animo che si appresta, con commozione a vivere la passione di Cristo, ma ancor di più la sua resurrezione, ch’è rinascita, emancipazione dal peccato. La domenica delle Palme come se fosse sceso dal cielo una mano santa, venuta a portare una rinnovata serenità, una rinnovata speranza a tutti gli uomini.
È stata quella del 17 aprile, nella nostra cittadina, una Pasqua un po’ diversa dal solito, tanta partecipazione commossa alla messa, tanta partecipazione gioiosa alla processione, per le vie del Paese, dei simulacri. Immergersi nella processione, camminare fra la gente vuol dire avere il polso della grande fede che si annida nella profondità del cuore dei nostri compaesani. Camminare, spalla a spalla, con tanti uomini e donne di fede ha dato l’impressione d’essere in un Eden di pace. Penso che quando ognuno dei partecipanti sia tornato alla propria abitazione abbia avuto la sensazione, facendo opera di metacognizione, d’un rinnovato arricchimento spirituale; abbia avuto la certezza d’avere salito un ulteriore gradino nel lungo commino della propria fede. Il maltempo, che ha fermato la processione alla “Pace” di Sant’Antonio, ha dato modo a noi comisani di vivere lo spirito pasquale, per un altro giorno, con la stessa intensità del giorno prima. I bambini con i loro versi cantati hanno aperto i cuori, la sera del lunedì, quando la processione è stata di nuovo ripresa, sembravano due angeli veri ai piedi della Madonna e del cristo trionfante sulla morte. I “Portatori” sembravano, con il loro fare di gioia, con la loro sudata generosità, con i loro sorrisi, con la loro fatica, spiriti eletti d’un ritrovato Paradiso.
Antonio Paludi