PER NON DIMENTICARE: LA LETTERA DI TOGLIATTI SUGLI ALPINI PRIGIONIERI IN RUSSIA (1943)
Nel 1992 Franco Andreucci, docente di Storia contemporanea presso l' Università di Pisa dal 1975 al 2013, grande conoscitore del marxismo italiano e delle vicende del PCI, scoprì presso gli archivi del Comintern a Mosca ( archivi da poco aperti agli sutdiosi ) una lettera, che il 15 febbraio 1943 Palmiro Togliatti ( detto " il Migliore ", anche se non potè fare parte del governo Draghi, il " governo dei migliori ", per evidenti motivi anagrafici ) inviò a Vincenzo Bianco, funzionario del Comintern.
Bianco chiedeva a Togliatti notizie e giudizi sulla IV Divisione Alpina Cuneense, impegnata nella campagna di Russia, e sulla sorte dei prigionieri italiani in Russia. Il " Migliore " ( o il " Peggiore "?) rispondeva in modo agghiacciante ( come avverrà a proposito dei " partigiani " titini che occuperanno l'Istria e la Dalmazia e a cui i comunisti italiani non avrebbero dovuto opporsi): " Non trovo nulla da dire se molti moriranno !".
Il prof. Andreucci, che pure è stato un attivista del PCI, nella pubblicazione della lettera ha commesso qualche errore di lettura, cosa che ha scatenato una polemica infinita, a cui parteciparono anche storici del calibro di Giuseppe Vacca e di Giovanni Sabbatucci: non mancarono gli insulti da parte dell'amante di Togliatti, Nilde Iotti. Gli errori di lettura e di trascrizione erano assolutamente ininfluenti ai fini della sostanza del tutto.
Ecco il testo della lettera, in particolare le pagine 7,8 e 9 del terzo capitolo, con le parole di Togliatti a Bianco:
"…L’altra questione sulla quale sono in disaccordo con te, è quella del trattamento dei prigionieri. Non sono per niente feroce, come tu sai. Sono umanitario quanto te, o quanto può esserlo una dama della Croce Rossa. La nostra posizione di principio rispetto agli eserciti, che hanno invaso la Unione Sovietica, è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero dei prigionieri morirà, in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente niente da dire, anzi e ti spiego il perché. Non c’è dubbio che il popolo italiano è stato avvelenato dalla ideologia imperialista e brigantista del fascismo. Non nella stessa misura che il popolo tedesco, ma in misura considerevole. Il veleno è penetrato tra i contadini, tra gli operai, non parliamo della piccola borghesia e degli intellettuali, è penetrato nel popolo, insomma. Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini, e soprattutto la spedizione contro la Russia, si concludano con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore, è il più efficace degli antidoti. Quanto più largamente penetrerà nel popolo la convinzione che aggressione contro altri paesi significa rovina e morte per il proprio, significa rovina e morte per ogni cittadino individualmente preso, tanto meglio sarà per l’avvenire d’Italia…".