" RIFLESSIONI SULL' AUMENTO DEI PREZZI " di Antonio Paludi
I PREZZI: CAVALLI DA CORSA / STIPENDI E PENSIONI: LUMACHE
In questi ultimi tempi siamo distratti dai gravissimi fatti che si vivono nell’Europa orientale per attenzionare, più del dovuto, l’aumento dei prezzi che questi gravi eventi hanno pur, in parte, innescato. Andare in un supermercato, in una piccola bottega o mercatino rionale, per fare solo la spesa, sta diventando un lusso. I discount, l’àncora di salvezza d’un tempo, per chi non voleva impegnare grosse cifre, stanno tirando la volata ai piccoli aumenti di prezzo.
I salari, gli stipendi e le pensioni, al contrario, stanno sempre di più annaspando in un mare magnum d’incertezze o di piccoli aumenti, quando ci sono, tali che bisogna cercarli con un lanternino ben illuminante nel cedolino mensile. Ma spesso avviene che sono fagocitati da qualche tassa o aumento d’aliquota o accise (che paroloni per noi comuni mortali!) che, sollecitate, hanno bussato e chiesto udienza alle tasche del lavoratore o pensionato.
Ho sempre pensato che le tasse sono necessarie perché rappresentano: la nostra sanità, la nostra scuola, la nostra pubblica amministrazione, le tante opere pubbliche, la difesa dello Stato, etc., ed è giusto pagarle, anzi bisognerebbe pagarle con piacere e volontà. Ho anche sostenuto che chi non adempie a questo dovere oltre ad essere un parassita che vive sulle spalle degli onesti è anche un criminale, e come criminale andrebbe perseguito e mandato, come in altri Stati, diritto in prigionia, ma in Italia questo non avviene, tutti sappiamo il perché.
Frequentare, in questi tempi, un supermercato è diventato un’operazione molto stressante, infatti vi si entra in cagnesco guardando con ansia gli scaffali, sempre pieni di merci, ma che hanno un costo che si allarga, ogni giorno che passa, come un elastico. Nessuno fa più caso al pensionato al minimo, ma anche a quello medio, che per arrivare al primo del mese è stato costretto a ritornare alla zuppa di latte per far quadrare i suoi conti. Nessuno più bada al lavoratore che guadagna mille euro, con moglie e figli a carico, nessuno s’interessa degli emarginati, dei milioni di poveri costretti per un pasto ad andare alla Caritas, nessuno pensa ai giovani che non hanno lavoro e che devono andare per il mondo per trovare una degna sistemazione. Sono queste persone che portano sulle proprie spalle il peso dell’aumento dei prezzi, sono queste persone che si richiudono, con dignità, sull’Aventino del risparmio fino all’osso. Sono le rinunzie di questi signori, ma anche l’accettazione bonaria del loro stato, che consentono a tutti gli altri di godere dei frutti, ormai d’oro, che la società mette a disposizione a caro prezzo.
In quest’ultimo anno l’inflazione (un altro parolone) s’è tirato dietro, verso l’alto, ogni cosa, dai carburanti, agli affitti delle case, dai generi di prima necessità, all’ortofrutta, ai trasporti, all’abbigliamento, le difficoltà di chi ha uno stipendio medio / basso o addirittura niente sta nella somma di questi aumenti, sta nel globale che diventa insostenibile. I giornali, alcuni politici hanno parlato di speculatori, di gente senza scrupoli che ha approfittato delle turbolenze che si sono verificate in quest’ultimo anno. Ma se questo è vero alle parole dovevano seguire i fatti: l’arresto degli speculatori, il fermo di chi si arricchisce sul sangue del popolo italiano, ma io non ho mai sentito d’uno speculatore arrestato e mandato in galera. Meglio far soffrire il popolo, addormentato da decenni, “camomillizzato” da mille distrattore di massa, che disturbare uno speculatore che gira il Paese, attraversa la città in lungo e in largo, con la sua corte di super avvocati, pronti a mordere alla gola, col codice alla mano.
Chi si commuove, chi si dà pena dell’anziana che alla cassa d’un supermercato deve grattare il fondo del suo portamonete per poter pagare il pane ed il latte, mentre dietro di lei, un’altra signora, ben vestita, con i capelli fatti di fresco, imbraccia con orgoglio la sua borsa alla moda del valore di migliaia di euro, chi si dà pena?
La povertà non è solo quella evidente che dorme di notte sotto un portico d’una grande città, ce n’è un’altra più nascosta, più discreta, come se si vergognasse, ed è quella che non accende la lampadina la sera per non consumare energia, che tiene spenti i riscaldamenti quando fa freddo, è quella che in un negozio compra il prodotto meno caro, è quella che non va mai in vacanza, è quella che indossa gli stessi abiti tutti i giorni, è quella che non manda i figli all’università perché non se lo può permettere, è una povertà silenziosa e dignitosa, che sfugge tutte le statistiche, che evita le luci della ribalta, una povertà quasi dal sapore antico.
Se la povertà soffre ed è stemperata un po’ dalla solidarietà che proviene da più parti, soffre anche chi un salario riesce, con fatica, a portare a casa. Chi vive di salario o d’una pensione si sente, giorno dopo giorno, attaccato dal nemico subdolo dell’inflazione, dall’aumento dei prezzi (più veloci del corridore giamaicano Usain Bolt), che costringono lavoratori e pensionati in una specie di trincea a difesa del potere d’acquisto di ciò che guadagnano. Sono anni che salari e pensione sono fermi, se aumento c’è stato è talmente impercettibile, rispetto all’impegno finanziario d’una famiglia, pensiamo solo alle tasse e alle bollette, da essere talmente ridicolo che meriterebbe essere rimandato al mittente, accompagnato con una bella imprecazione volgare.
Antonio Paludi
In questi ultimi tempi siamo distratti dai gravissimi fatti che si vivono nell’Europa orientale per attenzionare, più del dovuto, l’aumento dei prezzi che questi gravi eventi hanno pur, in parte, innescato. Andare in un supermercato, in una piccola bottega o mercatino rionale, per fare solo la spesa, sta diventando un lusso. I discount, l’àncora di salvezza d’un tempo, per chi non voleva impegnare grosse cifre, stanno tirando la volata ai piccoli aumenti di prezzo.
I salari, gli stipendi e le pensioni, al contrario, stanno sempre di più annaspando in un mare magnum d’incertezze o di piccoli aumenti, quando ci sono, tali che bisogna cercarli con un lanternino ben illuminante nel cedolino mensile. Ma spesso avviene che sono fagocitati da qualche tassa o aumento d’aliquota o accise (che paroloni per noi comuni mortali!) che, sollecitate, hanno bussato e chiesto udienza alle tasche del lavoratore o pensionato.
Ho sempre pensato che le tasse sono necessarie perché rappresentano: la nostra sanità, la nostra scuola, la nostra pubblica amministrazione, le tante opere pubbliche, la difesa dello Stato, etc., ed è giusto pagarle, anzi bisognerebbe pagarle con piacere e volontà. Ho anche sostenuto che chi non adempie a questo dovere oltre ad essere un parassita che vive sulle spalle degli onesti è anche un criminale, e come criminale andrebbe perseguito e mandato, come in altri Stati, diritto in prigionia, ma in Italia questo non avviene, tutti sappiamo il perché.
Frequentare, in questi tempi, un supermercato è diventato un’operazione molto stressante, infatti vi si entra in cagnesco guardando con ansia gli scaffali, sempre pieni di merci, ma che hanno un costo che si allarga, ogni giorno che passa, come un elastico. Nessuno fa più caso al pensionato al minimo, ma anche a quello medio, che per arrivare al primo del mese è stato costretto a ritornare alla zuppa di latte per far quadrare i suoi conti. Nessuno più bada al lavoratore che guadagna mille euro, con moglie e figli a carico, nessuno s’interessa degli emarginati, dei milioni di poveri costretti per un pasto ad andare alla Caritas, nessuno pensa ai giovani che non hanno lavoro e che devono andare per il mondo per trovare una degna sistemazione. Sono queste persone che portano sulle proprie spalle il peso dell’aumento dei prezzi, sono queste persone che si richiudono, con dignità, sull’Aventino del risparmio fino all’osso. Sono le rinunzie di questi signori, ma anche l’accettazione bonaria del loro stato, che consentono a tutti gli altri di godere dei frutti, ormai d’oro, che la società mette a disposizione a caro prezzo.
In quest’ultimo anno l’inflazione (un altro parolone) s’è tirato dietro, verso l’alto, ogni cosa, dai carburanti, agli affitti delle case, dai generi di prima necessità, all’ortofrutta, ai trasporti, all’abbigliamento, le difficoltà di chi ha uno stipendio medio / basso o addirittura niente sta nella somma di questi aumenti, sta nel globale che diventa insostenibile. I giornali, alcuni politici hanno parlato di speculatori, di gente senza scrupoli che ha approfittato delle turbolenze che si sono verificate in quest’ultimo anno. Ma se questo è vero alle parole dovevano seguire i fatti: l’arresto degli speculatori, il fermo di chi si arricchisce sul sangue del popolo italiano, ma io non ho mai sentito d’uno speculatore arrestato e mandato in galera. Meglio far soffrire il popolo, addormentato da decenni, “camomillizzato” da mille distrattore di massa, che disturbare uno speculatore che gira il Paese, attraversa la città in lungo e in largo, con la sua corte di super avvocati, pronti a mordere alla gola, col codice alla mano.
Chi si commuove, chi si dà pena dell’anziana che alla cassa d’un supermercato deve grattare il fondo del suo portamonete per poter pagare il pane ed il latte, mentre dietro di lei, un’altra signora, ben vestita, con i capelli fatti di fresco, imbraccia con orgoglio la sua borsa alla moda del valore di migliaia di euro, chi si dà pena?
La povertà non è solo quella evidente che dorme di notte sotto un portico d’una grande città, ce n’è un’altra più nascosta, più discreta, come se si vergognasse, ed è quella che non accende la lampadina la sera per non consumare energia, che tiene spenti i riscaldamenti quando fa freddo, è quella che in un negozio compra il prodotto meno caro, è quella che non va mai in vacanza, è quella che indossa gli stessi abiti tutti i giorni, è quella che non manda i figli all’università perché non se lo può permettere, è una povertà silenziosa e dignitosa, che sfugge tutte le statistiche, che evita le luci della ribalta, una povertà quasi dal sapore antico.
Se la povertà soffre ed è stemperata un po’ dalla solidarietà che proviene da più parti, soffre anche chi un salario riesce, con fatica, a portare a casa. Chi vive di salario o d’una pensione si sente, giorno dopo giorno, attaccato dal nemico subdolo dell’inflazione, dall’aumento dei prezzi (più veloci del corridore giamaicano Usain Bolt), che costringono lavoratori e pensionati in una specie di trincea a difesa del potere d’acquisto di ciò che guadagnano. Sono anni che salari e pensione sono fermi, se aumento c’è stato è talmente impercettibile, rispetto all’impegno finanziario d’una famiglia, pensiamo solo alle tasse e alle bollette, da essere talmente ridicolo che meriterebbe essere rimandato al mittente, accompagnato con una bella imprecazione volgare.
Antonio Paludi